Antonio Manzini
Antonio Manzini
Crepuscolo letterario di Luciana Fredella

Antonio Manzini per un Ferragosto letterario

Gli "Orfani bianchi" al centro del dialogo

Alla XXII Edizione del FestivalLetteratura di Mantova, in calendario da mercoledì 5 a domenica 9 settembre 2018, è annunciata la presenza tra gli altri di Antonio Manzini, autore dei romanzi che hanno come protagonista il vicequestore Rocco Schiavone, in TV nella fiction omonima. L'autore è noto al grande pubblico per il suo lavoro di attore cinematografico e televisivo. In TV ha interpretato fra gli altri ruoli "l'ispettore Tucci" in Linda, il brigadiere e... e "Serpico" in Tutti per Bruno. L'attività artistica di Manzini non si è limitata solo alla scrittura e all'interpretazione, ha infatti lavorato anche come regista in alcuni film e cortometraggi, e come sceneggiatore dei film Il siero della vanità (di Alex Infascelli del 2004) e Come Dio comanda (di Gabriele Salvatores del 2008). I suoi primi lavori come autore di gialli sono Sangue Marcio e La giostra dei criceti. Con Sellerio editore Palermo, Antonio Manzini pubblica i romanzi aventi come protagonista Rocco Schiavone: Pista nera (2013), La costola di Adamo (2014), Non è stagione (2015), Era di maggio (2015), i racconti Cinque indagini romane per Rocco Schiavone (vincitore del Premio Chiara 2016), 7-7-2007 (2016), Pulvis et umbra (2017), i racconti L'anello mancante. Cinque indagini di Rocco Schiavone (2018). Nel 2015, pubblica Sull'orlo del precipizio in cui compare lo scrittore Giorgio Volpe. Altri racconti sono presenti nelle antologie, sempre edite da Sellerio, Capodanno in giallo, Ferragosto in giallo, Regalo di Natale, Carnevale in giallo , Crisi in giallo, Turisti in giallo (racconto Castore e Polluce) e Calcio in giallo. Nel 2016, per Chiarelettere pubblica il suo nuovo libro Orfani bianchi, con un personaggio femminile, una giovane donna moldava che lavora come badante a donne anziane. Mirta ha dovuto lasciare sua madre, suo figlio Ilie e il suo pese Logofteni, dove viveva in condizioni di miseria, per trovare lavoro e consentire una vita più dignitosa alla sua famiglia. Pur di guadagnare un po' di soldi da inviare in Moldavia, accetta sfruttamento e umiliazioni, perché sa che ogni sacrificio che fa in Italia serviranno per far stare meglio soprattutto Ilie. Quindi comincia ad assistere il signor Nunzio, poi la signora Mazzanti, "che si era spenta una notte di dicembre, sotto Natale, ma la famiglia non aveva rinunciato all'albero ai regali e al panettone", poi Olivia e infine la ricca signora Eleonora. Tutte persone vinte dall'esistenza e dagli anni, spesso abbandonate dai loro stessi familiari. Mirta pur non conoscendole si prende cura di loro, condivide con loro un'intimità fatta di cure e piccole attenzioni quotidiane. Manzini ha creato un personaggio femminile di grande forza e bellezza, in lotta contro il suo destino spietato, che non le dà tregua, e quello delle persone che deve accudire, sole e dipendenti da lei. Un romanzo per riflettere, un romanzo terribilmente attuale. A dialogare sul romanzo "Orfani bianchi" e non solo, è con noi Antonio Manzini che ha risposto alle domande di Canosaweb per la rubrica "Crepuscolo Letterario" tesa a promuovere la lettura e al contempo far conoscere scrittori, generi letterari e le variegate sfaccettature della cultura.

Sono ricorsa ad una lettura di un paio d'anni fa, Orfani bianchi del 2016, perché credo che mai come in questo periodo sia necessario far conoscere realtà diverse dalla nostra. Maria, colei che si è occupata di sua nonna ha ispirato la scrittura di questo romanzo e Mirta, una ragazza moldava ne è la protagonista. È stato facile per lei affrontare una storia come questa? Non all'inizio. Ho impiegato parecchio tempo prima di trovare la voce di Mirta e altro tempo se n'è andato fra mille rivoli narrativi che non portavano a nulla. Per arrivare alla forma più coerente con quello che volevo raccontare ho dovuto sperimentare parecchie strade.

Mirta è una donna, una mamma, ma per coloro che incontra o per cui lavora è solo "una rumena", attribuendo a questo sostantivo un senso dispregiativo mettendo in evidenza un forte pregiudizio, sottolineando quanto esso possa essere distruttivo. È stato importante per lei far risaltare le qualità e la ricchezza interiore di un personaggio come Mirta? È un discorso che vale per qualsiasi personaggio. Credo che ogni narratore concentri la sua attenzione sulla ricchezza del personaggio che narra. Non potrebbe fare altrimenti.

Mirta lascia in Moldavia il figlio Ilie con la mamma che è anziana e malata, per venire in Italia a cercare un lavoro che permetta la sopravvivenza della sua famiglia. Alla scelta coraggiosa di Mirta corrisponde la scelta del figlio di non sentirla e di non comunicare con lei. Questo atteggiamento di Ilie inquadra ulteriormente la condizione emotiva di coloro che sono costrette a questa difficile scelta. Orfani bianchi per me è un romanzo che potrebbe avere una funzione sociale e dovrebbe essere utilizzato come libro di lettura nelle scuole perché formativo. Quando lo ha scritto, ha pensato ad una finalità ben precisa? L'unica finalità era scrivere un bel libro che il lettore potesse amare e che raccontasse la vita di una delle tante badanti che lavorano in Italia, non la badante, una. Volevo raccontare la storia di una madre debole, di un figlio arrabbiato perché non ha gli strumenti per comprendere il mondo e quello che sta accadendo a sua madre, il mio paese, le contraddizioni, il dolore.

Gli orfani bianchi sono bambini o ragazzi che pur avendo i genitori o un genitore, vengono affidati agli orfanotrofi, gli internat nel caso specifico, perché, malgrado le esigue risorse elargite dallo stato, hanno la possibilità di studiare e di avere un pasto caldo. Com'è venuto a conoscenza di queste realtà? Casualmente, mi pare di ricordare, è una cosa ormai avvenuta cinque anni fa, chiacchierando con un amico molto attivo nel sociale.

La storia che Mirta lascia a Logofteni, è fatta di violenza, di miseria ma anche di speranza per un futuro diverso. C'è una parte verso la fine del libro, in cui nei rari dialoghi che intraprende la signora Eleonora con Mirta, dice "Nella disperazione siamo uguali" perché "nella disperazione non c'è una scala di valori, se fai scegliere a chi soffre…. La disperazione la puoi giudicare solo se non ti coinvolge". Crede che la pietà per l'altrui disperazione possa bastare per comprendere o sarebbe sufficiente avere rispetto per "convivere" civilmente? Credo sia sufficiente il rispetto, sempre e soltanto rispetto. Reciproco, è ovvio. Sembra facile, ma pare che proprio non ci si arrivi.

Questo romanzo rompe con la serie di Rocco Schiavone, addirittura a tratti pare che l'autore non sia lei. Credo che sia molto gratificante per un autore riuscire a staccarsi dai suoi personaggi creando qualcosa di totalmente diverso. Ci regalerà altre perle come questa? Me lo auguro, davvero e grazie per questo bel complimento.

Al FestivaLetteratura di Mantova presenterà un racconto inedito, "Racconto Andino". Può anticiparci qualcosa? Uh... fa parte di 5 racconti fra l'ironico, il grottesco e il serio che ho scritto sul mondo editoriale. Mi piacerebbe pubblicarli perché a scriverli mi sono divertito come un pazzo.

Da lettrice e persona curiosa, chiedo spesso agli autori, che sono innanzitutto dei lettori, quali siano stati i libri che hanno influenzato la loro scrittura. Quali sono state le sue letture e cosa sta leggendo in questo momento? Facciamo prima a dire quello che sto leggendo adesso, che le letture che influenzano sono centinaia. La vita finora di Raul Montanari.

Rocco Schiavone è un personaggio molto amato dai lettori e prima che Marco Giallini gli desse un volto, in molti lo identificavano con l'autore. Le ha mai pesato essere identificato con Rocco? Per fortuna mai.

Progetti futuri? Provare a continuare a scrivere. E già mi sembra parecchio.
Luciana Fredella
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