Un giorno per la memoria Anna Copertino
Un giorno per la memoria Anna Copertino
Crepuscolo letterario di Luciana Fredella

Un giorno per la memoria

Anna Copertino parla delle vittime di tutte le mafie

Il 19 luglio 2018 ricorre il 26° anniversario della strage di via D'Amelio a Palermo , nella quale persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti Claudio Traina, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Eddie Walter Cosina, componenti della sua scorta, uccisi dalla mafia. La scelta della data non è stata casuale ma fortemente voluta per presentare "Un giorno per la memoria" l'antologia curata da Anna Copertino e pubblicata da Homo Scrivens. Il lavoro letterario racchiude i racconti su alcune delle tantissime vittime delle mafie. Tuttavia è riduttivo, a mio parere, identificare come racconti, dei dardi di parole che così intensamente penetrano nel cuore e nella coscienza emozionale, tanto da produrre un silenzio fastidioso, assordante, quello che fa male per la consapevolezza di essere impotente e di essere vittima a prescindere. La curatrice, Anna Copertino è una giornalista da sempre impegnata nella promozione della cultura e della cultura della legalità, avendo come ragione di vita l'impegno civile. Amministra con successo la testata giornalistica web di informazione Road Tv Italia ed ha vinto il Premio Giornalista tra la gente intitolato ad "Antonio Landieri", tra le vittime dell'antologia "Un giorno per la memoria". Per la rubrica "Crepuscolo Letterario" di Canosaweb, la giornalista Anna Copertino ha risposto alle domande proposte, onorandola e arricchendola con il suo prezioso e significativo contributo teso a promuovere la cultura della legalità per affermare valori antitetici a quelli delle mafie ed al contempo diffondere la lettura e il valore che questa riveste all'interno della società.

Il 18 giugno scorso ha presentato per la prima volta Un Giorno Per la Memoria, reduce dal successo di vendite durante NapoliCittàLibro, il Salone del Libro di Napoli. Quando e come ha deciso di realizzare l'antologia? Da anni pensavo ad un libro che servisse a ricordare in modo diverso le Vittime di criminalità. Nel 2017, dopo anni d'esperienza con l'associazione Libera e dal rapporto d'amicizia, creatosi, con moltissimi familiari delle Vittime, è cresciuta esponenzialmente la volontà di farlo. Grazie all'amicizia con Aldo Putignano, della casa editrice Homo Scrivens, ho potuto concretizzare il progetto antologico. Progetto, che nasce dall'esigenza di fare memoria di chi è stato ingiustamente e barbaramente strappato all'amore della propria famiglia. Chi resta non riesce a darsi una risposta che lenisca il dolore, e spesso allo stesso si aggiunge anche l'infamia, fino a che non viene fatta chiarezza sulla totale estraneità della vittima alla criminalità. La memoria, il raccontarli è il modo più giusto per non farli cadere nell'oblio. Ed non far sentire "Soli" chi sopravvive ad un familiare.

L'antologia, oltre al contributo degli autori, è impreziosito dall'introduzione del magistrato Raffaele Cantone, presidente dell' Autorità Nazionale Anticorruzione- ANAC- e dalla prefazione dello scrittore Maurizio de Giovanni. Questi due contributi, a mio parere, mettono in evidenza una verità spesso sottovalutata, la memoria. Come giornalista di inchiesta, pur essendo piattaforme diverse, ritiene che sia più efficace un libro o che si parli di più dell'argomento anche in tv? Credo molto nell'importanza dell'informazione, soprattutto se giusta, non edulcorata o ingigantita da "titoloni" e zero contenuti. È fondamentale parlare e scrivere sempre. Sicuramente un libro, resta ed è "visione continua", non a caso i libri persistono nelle aule, come nelle librerie, nonostante l'inserimento delle lavagne interattive multimediali e l'utilizzo dell'informatica. Un libro è "qualcosa" che lascia una traccia indelebile. Lo ricordi dalla copertina e nel contenuto. Cosi come deve essere, per non dimenticare e fare "Memoria". Non a caso i camorristi, ma in genere tutti i criminali temono ed odiano magistrati e giornalisti perché non dimenticano.

Ventotto sono gli autori che ha coinvolto per raccontare le storie di altrettante vittime. Come ha effettuato la scelta degli autori? Qualcuno ha rifiutato? La scelta è stata fatta sulla base della conoscenza "da lettrice", di moltissimi di loro, ma anche per un rapporto d'amicizia e stima. Quando si sono resi disponibili ad essere parte di quest'antologia, felice d'esserci e dare il loro contributo, ho affidato ad ognuno una vittima, inviando una scheda descrittiva e dei video, chiedendo che ne facessero memoria, liberi di raccontarla senza alcun vincolo se non di avere grande cura e un limite di battute. C'è stato un autore, che dopo un po' mi disse che trovava "difficile e doloroso" scrivere, altri che si sono emozionati ed hanno pianto. Altri ancora, che era stato come essere presenti al momento dell'omicidio. Mentre altri, mi hanno manifestato il dispiacere a non esser stati invitati a partecipare e dandomi la disponibilità ad un'eventuale secondo volume.

Le vittime delle mafie sono molte, troppe. Qual è stato il criterio o qual è stata la valutazione che ha fatto per sceglierne solo ventotto? In Italia, le vittime innocenti, riconosciute, di tutte le mafie sono circa 1120, assassinate negli ultimi 150 anni. Fra loro 125 donne e 105 minori. Solo la Campania ne conta 233. Per la scelta dei nomi, ci si è affidati a giovani studenti di scuole medie e superiori. Giovani incontrati, precedentemente con Libera, come referente del Presidio di Libera Giugliano "Mena Morlando". Come giornalista, vengo invitata molto spesso nelle scuole, per incontri con i giovani, per raccontare le storie delle Vittime "Innocenti" di camorra e qualsiasi altra matrice criminale.

Il primo racconto è in ricordo di una vittima eccezionale: Giovanni Falcone. È una sua scelta casuale o causale? La scelta ed il merito vanno esclusivamente alla scrittrice Tjuna Notarbartolo, pronipote di Emanuele Notarbartolo, prima Vittima di mafia riconosciuta in Italia nel 1893. Che la voce del Magistrato Giovanni Falcone, racconti di Emanuele, credo che sia "memoria nella memoria". È stato anche il primo racconto che mi è arrivato per l'editing. Quasi un segno del destino, che leggessi la storia di questa Vittima, che è la prima dell'elenco, che ogni 21 marzo viene letto in tutt'Italia.

La testimonianza diretta del figlio di una vittima, ha permesso ai lettori di toccare con mano quello che è il dopo. Ho sempre pensato che l'odio produca odio, invece con grande sorpresa ho notato che coloro che subiscono un lutto così atroce lo rielaborano in modo positivo, combattendo con tutte le "armi" possibili la criminalità. Qual è stata la molla che le ha fatto intraprendere con tanta passione la strada della "memoria"? Certamente Gian Ettore Gassani, ha fatto del suo dolore la forza del suo lavoro e della sua integrità, nel difficile lavoro di avvocato, considerato l'esempio di suo padre Leopoldo Gassani, chiamato affettuosamente Dino, assassinato con il fidato segretario Giuseppe Grimaldi. Tutti i familiari lavorano moltissimo, e con non poche difficoltà, sul loro dolore e sulla loro vita cercando di canalizzarlo in qualcosa di positivo e che riscatti quella morte ingiusta. Spiegarle la passione e il perché è semplice, posso affermare che quest'antologia nasce, dal lavoro della rubrica "Vittime di camorra", partita nel 2010, realizzata intervistando i familiari delle Vittime "innocenti" di criminalità, permettendo loro di raccontare la storia del proprio familiare, figlio, madre o padre, ucciso anche se del tutto estraneo ad ogni connivenza con camorra o altro tipo di malaffare e che troppo spesso viene impropriamente viene definito "uno scambio di persona". Come a voler giustificare l'errore umano, anche se compiuto per mano di delinquenti. La percezione del loro dolore è talmente forte da lasciare una traccia indelebile ad ogni incontro. Così grande e forte é la loro capacità di accoglienza e comprensione cercando di "dare un senso" a ciò che é accaduto, ma soprattutto di fare memoria. La Memoria è fondamentale per continuare a far vivere i loro cari ed i loro desideri, raccontandoli attraverso iniziative nelle scuole ed incontri nelle carceri. L'amicizia che è nata con moltissimi di loro ha determinato esponenzialmente la crescita di questa rubrica video. Ed il dolore, provato sulla mia stessa pelle, e dalla mia famiglia, dal giorno dell'omicidio di mia nipote Giustina Copertino, il 1 febbraio 2015, uccisa dal marito con nove proiettili, e poi suicida nello stesso momento, ancor più mi ha motivato a raccontare incessantemente per non dimenticare mai chi ci viene tolto solo per crudeltà, violenza e disumanità. Da anni volevo realizzare un progetto editoriale, con la sinergia di più scrittori, che potessero dare voce e raccontare le storie delle vittime innocenti di criminalità. Ed il parlarne con i familiari è stato fondamentale. Raccontare chi non c'è più, lasciando la libertà allo scrittore, di farlo in prima persona, terza persona, o come la stessa vittima. Raccontare una vita, l'accadimento e ciò che stravolge un'intera famiglia, che troppo spesso al dolore che vive, deve aggiungere anche l'infamia ed il sospetto. Raccontarle per non gettarle nell'oblio.

Nell'Introduzione, Raffaele Cantone critica il detto comune vittime innocenti poiché non esistono vittime colpevoli. Questa dichiarazione mi induce a fare una riflessione: se una vittima è tale e dunque non può essere definita innocente, quando la vittima è membro di un clan, perché dovrei chiamarla ugualmente vittima, come chi ha perso la vita senza colpa? Lei è d'accordo con Cantone? Condivido ciò che scrive e sostiene il presidente Raffaele Cantone, anche se non sempre mi è facile "giustificare", chi deliberatamente sceglie da quale parte stare. La Vittima di per sé è innocente, ed il diritto alla vita è uguale per tutti, ma si preferisce aggettivare "innocente", per affermare la totale estraneità con la criminalità organizzata.

Oltre che curatrice lei è autrice anche di un racconto dell'antologia Oro e Nero che ricorda Gianluca Cimminiello e mi ha colpito una frase: "Io il puzzo della morte lo sento addosso a quei vivi che ti hanno strappato alla vita". È difficile raccontare un omicidio così vile e ignobile? È difficile e doloroso insieme, perché Gianluca Cimminiello è stato ucciso su preciso ordine. Raccontare di chi è stato strappato alla vita in un modo cosi malvagio ed ignobile, come è accaduto a lui, senza che avesse fatto nulla, se non difendersi in un'aggressione nel suo laboratorio di tatuaggi, avendo la meglio su gli aggressori. La "colpa" di Gianluca è stata quella di aver pubblicato e diffuso sui social una foto modificata dell'allora calciatore del Napoli, Lavezzi. Questa cosa infastidì un altro tatuatore, Vincenzo Donniacuo, conosciuto come "Enzo il Cubano" che via Facebook manifestò critiche a Gianluca per quel fotomontaggio. Dal social si passo alla vita vera. Si presentarono in quattro, tra loro Vincenzo Noviello e Ivan Pagano, rispettivamente cognato e nipote del boss degli scissionisti di Scampia, Cesare Pagano. Gianluca seppe difendersi considerato che era un campione di arti marziali. A quel punto era necessario riscattare "quell'affronto". Sì, perché grazie al suo coraggio ed alla voglia di vivere "normalmente", aveva osato opporsi ad un atto di ritorsione. Un grave affronto, un atto da punire e sfociato poi con l'uccisione di Gianluca. Morire a 31 anni, perché si ha coraggio e si vuole vivere nella normalità. Il suo coraggio rappresentava un problema, contro il nascente gruppo criminale in ascesa e strutturato attorno alla figura del boss Arcangelo Abete e Raffaele Aprea, indicati dalla Procura di Napoli come i promotori e responsabili dell'agguato mortale. Insieme a Vincenzo Russo, esecutore materiale dell'omicidio, il 29 giugno 2018, dopo 8 anni dall'uccisone di Gianluca, sono stati tutti condannati all'ergastolo, oltre ad essergli tolta la patria podestà sui figli. Ed è proprio per questo incommensurabile dolore e per gli anni di processi e l'ascolto dei testi, dei collaboratori, o le più scellerate testimonianze di presunta estraneità ai fatti che bisogna essere vicino ai familiari e sostenerli nel dolore dei processi e facendo memoria con la scrittura come nel caso dell'antologia "Un giorno per la memoria", non è facile, ma diventa un'atto doveroso.

Sappiamo con certezza che il 26 novembre 2018 nell'ambito delle iniziative per la Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne sarà a Canosa di Puglia, ospite del locale Club per l'Unesco, per parlare delle donne vittime di attentati mafiosi. A suo parere è possibile considerare le donne doppiamente vittime? Quest'argomento mi tocca da vicino, considerato che mia nipote Giustina Copertino di 29 anni, e madre di due bambini, è stata uccisa dal marito, che si è poi suicidato. Io credo che tutti coloro i quali subiscono violenza, di qualsiasi tipo di violenza si tratti, e che siano donne, uomini o bambini sono ugualmente vittime. Più semplicemente, credo, siano doppiamente vittime, chi reagisce ad un sopruso non solo per se stessi, ma in difesa di altri.

Dopo il successo della prima presentazione dell'antologia, lei è impegnata per il tour di promozione. Riesce a trovare il tempo per dedicarsi alla sua attività di giornalista e a curare il suo canale web RoadTv Italia? Sono, per mia grande fortuna, supportata dal mio socio ed amico Renato Votta, co-founder con mio fratello Giovanni di Road Tv Italia, oltre ai tanti giovani giornalisti, che fanno parte della redazione. Felice del fatto che riesco a fare quasi tutto ciò che mi piace. Soprattutto leggere, scrivere ed incontrare i giovani, portando in giro la cultura nelle scuole e nelle librerie.

Quali sono i suoi progetti futuri? Sono presa dall'editing e revisione di un romanzo sulla vita di Gianluca Cimminiello. Ed inoltre sto terminando il mio primo romanzo - ispirato e dedicato a mia madre- che racconta di persone, della città, dell'amore e della vita. Che potrebbero sembrare scontate, ed individuali ma che invece sono tutt'altro che scontate e ognuna vive delle altre. Tessere di uno stesso mosaico, dove talvolta è talmente visibile l'incastro da divenire difficile comprenderlo. L'essere umano, preferisce struggersi per le "banalità" e ciò che ha idealizzato "importante", mentre trascura e lascia morire ciò che è essenziale. Gli ultimi mesi dell'anno 2017 ed il 2018 mi hanno dato talmente tanto, in accezione positiva e negativa, che non ho potuto restare immobile alle emozioni ed agli eventi che, la mia stessa vita mi consegnava. Scrivere è stata solo la diretta conseguenza dei sentimenti e delle espressioni dell'anima. Non solo quella degli altri, ma soprattutto la mia.
Grazie anche a nome della Redazione di Canosaweb per aver dedicato del tempo alle nostre domande e buon lavoro.
Luciana Fredella

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