Alla Puglia dimenticata

Cronache di un disastro annunciato

venerdì 15 luglio 2016 18.17
Erano le 12 circa di martedì 12 luglio quando venni a sapere di quanto stesse accadendo nella e alla mia terra, mentre me ne stavo seduto sulla scrivania a preparare l'ennesimo esame della sempre impegnativa sessione estiva universitaria. Un occhio ai giornali online: scontro tra treni nel tratto Andria-Corato. Ho pensato immediatamente a tutti i miei amici di Bari, di Barletta, della mia Canosa, della nostra Puglia. Ci sono momenti in cui contemporaneamente pensi ma non sai a cosa stai pensando. Vi è mai successo? Tutto ti passa davanti: l'imprevedibilità degli accadimenti, i nodi alla gola, le lacrime che stenti a trattenere, la solidarietà. Solidarietà. Già. Quella parolina magica della quale le Istituzioni adorano abusare nelle grandi tragedie. Grandi perché colpiscono realmente l'opinione pubblica: persino l'italiano medio. Una tragedia grande e una piccola la decidiamo noi. Stupidamente ed inconsapevolmente. Cerco di continuare a studiare senza comunicare alla mia ragazza l'accaduto. Era in camera e leggeva "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Milan Kundera. Era proprio quel sentimento di leggerezza che osservavo in lei ad impormi di tacere e continuare a fare il mio dovere, di studente prima, e di collaboratore giornalistico poi, nella consapevolezza che il mio mestiere m'avrebbe chiesto di raccontare quanto stava accadendo.

Trascorso un po' di tempo lo sgomento m'assale e si impadronisce di ogni cosa: ed è tutto un lamento mentale, come se ormai fossi lì e non riuscissi a smettere di ricaricare le pagine dei giornali nell'attesa che aggiornassero il corso degli eventi. Vivo a non più di 30 km da Andria e da Barletta. Potrebbe essere coinvolto chiunque, anche gli amici cui ho detto arrivederci prima di tornare per le (brevi) vacanze. Dopo circa un'ora mi sono definitivamente fermato. Ho perso la bussola e mi sono chiesto: che senso avrà domani parlare di Kelsen o Hart o Dworkin o delle sfide globali che il diritto è chiamato ad affrontare? Ho così riferito alla mia ragazza dei fatti, e naturalmente abbiamo passato ore e ore a seguire la Tv. Lei ha cominciato a piangere e io non ho detto niente. Non ce l'ho fatta: l'ho solo abbracciata senza riuscire a darle conforto con le parole. Ho preferito il silenzio, mentre "la gente comune" passava del tempo ad esprimere solidarietà in pubblico, chissà quanto reale quanto fittizia e qualche idiota si divertiva ad esultare per una tragedia umana, come se loro umani non fossero, trasformandosi in esseri privi di sentimenti. Non mi sorprende più niente, tanto meno da quando collaborare con testate giornalistiche mi ha indirizzato verso una sempre più acuta conoscenza della realtà e necessità di informarmi. Tutto mi è sembrato prevedibile: dalla grande solidarietà del popolo pugliese (quella degli ospedali, del sangue e delle donazioni ma anche di chi era sul posto a compiere un lavoro di squadra straordinario) a quella delle Istituzioni. Mi chiedo solo semplicemente quando arriveranno quei giorni nei quali i governanti cominceranno a rendersi conto del fatto che ai propri cittadini non serve solidarietà (già insita negli esseri umani, ad eccezione di ecc.) ma servono soluzioni e investimenti. Il divario infrastrutturale è tra le principali centennali cause del divario Nord-Sud e della Questione Meridionale. Dunque, la solidarietà non ci interessa. Servono dolci e commossi sorrisi, che si facciano strada e vita contro il beffardo destino della morte. Questo ci devono le Istituzioni. A noi in quanto cittadini e a coloro che sono morti senza alcuna ragione logica. Il tempo degli annunci è finito. A questo ci penseranno le pubblicità e le televendite. E non sono nemmeno sicuro di volerle guardare.
Cosimo Cataleta