Canosa: 2 arresti per l'omicidio Caracciolo
Stamani sono stati illustrati i dettagli sull’operazione
lunedì 14 settembre 2020
19.23
Stamani presso gli Uffici della Procura della Repubblica di Trani sono stati illustrati i dettagli sull'operazione che hanno portato all'arresto di 2 persone coinvolte nell'omicidio di sabato mattina in pieno centro a Canosa di Puglia(BT): I poliziotti della Squadra Mobile e del Commissariato di PS di Canosa di Puglia, nella giornata di ieri, in esecuzione al Fermo di Indiziato di Delitto emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani, hanno tratto in arresto Matteo Di Nunno, pregiudicato canosino classe '40, ritenuto responsabile di omicidio volontario. Sabato mattina a Canosa di Puglia si registrava l'omicidio di Giuseppe Caracciolo, pregiudicato classe '72, attinto da due colpi d'arma da fuoco al petto. Nell'occasione, mentre questi si trovava in pieno centro alla guida della sua autovettura, veniva raggiunto dall'odierno fermato che, dopo essersi avvicinato, esplodeva alcuni colpi di pistola al petto. Immediati gli accertamenti eseguiti dalla Polizia di Stato che interveniva in loco a causa della segnalazione di un sinistro stradale; infatti il Caracciolo, nel disperato tentativo di sottrarsi al suo aggressore, inseriva la retromarcia andando però ad impattare contro un'altra autovettura in transito, il cui conducente richiedeva l'intervento delle FF.OO. Benché ferita, la vittima riusciva ad allontanarsi dal luogo a bordo di una VW Golf, giungendo in gravi condizioni all'ospedale dove risultavano vani i tentativi di soccorso; il Caracciolo moriva dopo poche ore a causa delle gravi ferite riportate. Contestualmente gli agenti, che avevano riscontrato la presenza di un bossolo calibro 9 corto sul luogo del sinistro, grazie alle dichiarazioni di alcuni presenti - che riferivano di aver visto un uomo armato - ed all'acquisizione dei video dei sistemi di sorveglianza della zona, erano già sulle tracce dell'assassino: un uomo claudicante, di età avanzata, con camicia chiara e marsupio a tracolla, che si era allontanato subito dopo la sparatoria.
Dopo poche ore scattavano le perquisizioni ed il Di Nunno veniva rintracciato nella propria abitazione mentre tentava di far perdere le proprie tracce: bloccato mentre caricava sul proprio autocarro delle buste contenenti indumenti, nel soggiorno era già pronta una valigia. L'abbigliamento usato durante i fatti delittuosi, rinvenuto e sequestrato, veniva sottoposto ad attività tecnico scientifiche volte all'esaltazione dei residui di polvere da sparo. Il fermato, dopo aver ammesso le proprie responsabilità, spiegava di aver voluto vendicare l'aggressione da lui subita il 14 luglio scorso allorquando la vittima, in compagnia di un altro pregiudicato del posto, l'aveva percosso procurandogli svariate lesioni personali; fatti questi non denunciati, probabilmente a causa della voglia di farsi giustizia da se. Sul posto il Pubblico Ministero titolare delle indagini.
Questi, coordinando tutta l'attività investigativa, procedeva all'interrogatorio dell'indiziato che, posto di fronte alle sue responsabilità, nonostante i riconoscimenti effettuati da alcuni testimoni, rifiutava di rispondere. Su tali premesse, stante anche l'evidente tentativo di fuga dapprima posto in essere dall'autore dei fatti, l'Autorità Giudiziaria emetteva un decreto di fermo. L'attività degli investigatori non si arrestava e le perquisizioni si estendevano ai familiari con cui l'indiziato aveva avuto contatti telefonici: l'arma utilizzata per il delitto veniva recuperata con ancora un colpo in canna ed il cane armato, occultata sul lastrico solare dell'abitazione del figlio del Di Nunno. Si trattava di una pistola a salve modificata con calibro 380; nel caricatore altre cinque munizioni. Dopo l'esecuzione dell'omicidio, infatti, Di Nunno Matteo, nel tentativo di far sparire le prove del delitto, aveva consegnato l'arma al figlio; ciò ha fatto emergere responsabilità penali di quest'ultimo che veniva tratto in arresto. Per la coppia, padre e figlio, si aprivano le porte della Casa Circondariale di Trani.
Dopo poche ore scattavano le perquisizioni ed il Di Nunno veniva rintracciato nella propria abitazione mentre tentava di far perdere le proprie tracce: bloccato mentre caricava sul proprio autocarro delle buste contenenti indumenti, nel soggiorno era già pronta una valigia. L'abbigliamento usato durante i fatti delittuosi, rinvenuto e sequestrato, veniva sottoposto ad attività tecnico scientifiche volte all'esaltazione dei residui di polvere da sparo. Il fermato, dopo aver ammesso le proprie responsabilità, spiegava di aver voluto vendicare l'aggressione da lui subita il 14 luglio scorso allorquando la vittima, in compagnia di un altro pregiudicato del posto, l'aveva percosso procurandogli svariate lesioni personali; fatti questi non denunciati, probabilmente a causa della voglia di farsi giustizia da se. Sul posto il Pubblico Ministero titolare delle indagini.
Questi, coordinando tutta l'attività investigativa, procedeva all'interrogatorio dell'indiziato che, posto di fronte alle sue responsabilità, nonostante i riconoscimenti effettuati da alcuni testimoni, rifiutava di rispondere. Su tali premesse, stante anche l'evidente tentativo di fuga dapprima posto in essere dall'autore dei fatti, l'Autorità Giudiziaria emetteva un decreto di fermo. L'attività degli investigatori non si arrestava e le perquisizioni si estendevano ai familiari con cui l'indiziato aveva avuto contatti telefonici: l'arma utilizzata per il delitto veniva recuperata con ancora un colpo in canna ed il cane armato, occultata sul lastrico solare dell'abitazione del figlio del Di Nunno. Si trattava di una pistola a salve modificata con calibro 380; nel caricatore altre cinque munizioni. Dopo l'esecuzione dell'omicidio, infatti, Di Nunno Matteo, nel tentativo di far sparire le prove del delitto, aveva consegnato l'arma al figlio; ciò ha fatto emergere responsabilità penali di quest'ultimo che veniva tratto in arresto. Per la coppia, padre e figlio, si aprivano le porte della Casa Circondariale di Trani.