Canosa di Puglia e Pederobba riscoprono insieme anche i folletti: l matharòl e u munecacìdde
Affinità e l’uguaglianza dei due personaggi immaginari del trevigiano e della Puglia. Restiamo ancora stupiti e curiosi alla corrispondenza della credenza
martedì 9 ottobre 2012
18.43
Dopo i bambini di Scuola al Quirinale, tra Canosa di Puglia e Pederobba (TV) si riscoprono insieme anche i folletti: 'l matharòl e u munecacìdde.
Trascorso il giorno della Festa della scuola italiana del 25 settembre con i bambini di "Tutti a Scuola" delle delegazioni di Canosa di Puglia e di Pederobba del Trevigiano, ricevendo in dono un libro progettato e scritto dalla Scuola Elementare di Pederobba, "Piccole cose" ho letto con interesse tulle pagine e le immagini di Paese soffermandomi sulla cuspide del Campanile di città e leggendo , tra le "storie da filò", la poesia in dialetto dell'identità popolare dedicata al "Matharòl ros e maragrathia / che 'l ghe ingatièa la coda e la brèna ai cavâi / e 'l ghe fèa ciapar paura a omi grandi e grosi / co de not i pasèa….
E' il Matharòl rosso e screanzato / che aggrovigliava la coda e la criniera ai cavalli / e spaventava uomini grandi e grossi / quando di notte passava…
Siamo rimasti stupiti a riscontrare l'affinità e l'uguaglianza dei due personaggi immaginari del trevigiano e della Puglia, diversamente denominati, el Matharòl trevigiano e u Munecacidde pugliese.
Nella tradizione silvestre veneta el Matharòl è il folletto burlone e dispettoso che "colpisce con una mazza" (Matharòl), detto anche Mazzamureddu in Siclia, mentre il Monacello del Sud-Italia, ricoperto pure dal berretto rosso con ciuffo pendente e con vestiti scuri, è lo stesso folletto che di notte opprime il respiro, risulta malizioso, dispettoso, provocando incubi.
Riuscire a strappargli il berretto portava fortuna e ricchezza.
E mentre nel trevigiano el Matharòl girando per i boschi di notte, entra nelle stalle e annoda la coda e i crini dei cavalli, intrecciando nastri da non rimuovere, a Canosa di Puglia era la Fata, accoppiata al Monacello, benigna, che di notte intrecciava la coda e la criniera ai cavalli,… e guai a sciogliere questi inestricabili grovigli!
Questi spiritelli, folletti domestici di molte culture, questi immaginari della civiltà agreste, si ritrovano anche in Francia e in Bretagna, come riporta il dott. Marcello Lagrasta, canosino che ha elaborato una Tesi di Laurea nel novembre del 1996, all'Università delle Scienze Umane di Strasburgo, dal titolo "U Muncecacidde" ossia il Monacello: anatomia di una credenza popoolare pugliese".
Ma ora scopriamo che esso corrisponde in molti aspetti alla credenza popolare veneta del Matharòl.
"Vivevano perché gli uomini credevano in essi", scrive il dott. Marcello Lagrasta, emigrato da ragazzo in Francia con la famiglia, ma io l'ho scoperto e l'ho incontrato nel buio sotterraneo a Canosa di Puglia, esplorando le cavità tufacee nel 1984.
Sì, accompagnando dopo alcuni anni il laureando dott. Lagrasta, in una cavità il folletto è scolpito in tufo accanto alla fata in un pregevole fregio tufaceo, seguendo però la scultura di un Crocifisso dell'800, in una simbiosi tra cristianesimo e paganesimo.
El Matharòl di Pederobba o u Munecacidde di Canosa di Puglia, rappresentano nel culto dei nostri antenati, le radici delle credenze popolari, che corrispondono all'immaginario antropologico del mondo degli elfi, degli spiritelli del bene e del male con "la significazione del cappuccio che ci fa pensare ai geni incappucciati (genii cucullati)", come scrive la tesi di laurea del canosino.
E' l'immaginario junghiano e freudiano dell'uomo, l'inconscio dell'animo che emerge di notte nel sonno, quando nella credenza canosina si sperava di strappare il berretto al folletto, afferrando fortuna e monete.
Oggi afferrano le tasche degli onesti di giorno per arricchirsi, ma gli spiritelli continuano a vagare nell'inconscio, che ha bisogno ancora di sognare, di aver paura e di sperare, di immaginare e di amare.
Certamente restiamo ancora stupiti e curiosi alla corrispondenza della credenza di intrecciare la coda e la criniera ai cavalli, come fanno di giorno a Canosa nella fiera campestre del 20 maggio, ma forse è un transfert psicoanalitico della tendenza a pettinare i nostri capelli e il capo femminile, che evoca grovigli e bellezza della vita quotidiana.
"Vivevano perché ci credevano": crederci è superstizione, cancellarli dall'immaginario è regressione: ci farei oggi un cartone animato!
Se all'epoca della Grande Guerra del 15-18 nelle trincee del Monefenera a Pederobba si sono uniti i dialetti d'Italia, di Pederobba e di Canosa di Puglia, oggi si sono riscoperti e uniti i dialetti locali nella figura del folletto.
Ora dopo i bambini e le città legate da spirito di amicizia, tra Canosa di Puglia e Pederobba nel Veneto, anche i folletti dispettosi e gli spiritelli del Matharòl e del Munecacidd' sono diventati amici e ..Fratelli d'Italia.
"Tutti a Scuola"!... anche i folletti!
maestro Peppino Di Nunno
7 ottobre 2012
Trascorso il giorno della Festa della scuola italiana del 25 settembre con i bambini di "Tutti a Scuola" delle delegazioni di Canosa di Puglia e di Pederobba del Trevigiano, ricevendo in dono un libro progettato e scritto dalla Scuola Elementare di Pederobba, "Piccole cose" ho letto con interesse tulle pagine e le immagini di Paese soffermandomi sulla cuspide del Campanile di città e leggendo , tra le "storie da filò", la poesia in dialetto dell'identità popolare dedicata al "Matharòl ros e maragrathia / che 'l ghe ingatièa la coda e la brèna ai cavâi / e 'l ghe fèa ciapar paura a omi grandi e grosi / co de not i pasèa….
E' il Matharòl rosso e screanzato / che aggrovigliava la coda e la criniera ai cavalli / e spaventava uomini grandi e grossi / quando di notte passava…
Siamo rimasti stupiti a riscontrare l'affinità e l'uguaglianza dei due personaggi immaginari del trevigiano e della Puglia, diversamente denominati, el Matharòl trevigiano e u Munecacidde pugliese.
Nella tradizione silvestre veneta el Matharòl è il folletto burlone e dispettoso che "colpisce con una mazza" (Matharòl), detto anche Mazzamureddu in Siclia, mentre il Monacello del Sud-Italia, ricoperto pure dal berretto rosso con ciuffo pendente e con vestiti scuri, è lo stesso folletto che di notte opprime il respiro, risulta malizioso, dispettoso, provocando incubi.
Riuscire a strappargli il berretto portava fortuna e ricchezza.
E mentre nel trevigiano el Matharòl girando per i boschi di notte, entra nelle stalle e annoda la coda e i crini dei cavalli, intrecciando nastri da non rimuovere, a Canosa di Puglia era la Fata, accoppiata al Monacello, benigna, che di notte intrecciava la coda e la criniera ai cavalli,… e guai a sciogliere questi inestricabili grovigli!
Questi spiritelli, folletti domestici di molte culture, questi immaginari della civiltà agreste, si ritrovano anche in Francia e in Bretagna, come riporta il dott. Marcello Lagrasta, canosino che ha elaborato una Tesi di Laurea nel novembre del 1996, all'Università delle Scienze Umane di Strasburgo, dal titolo "U Muncecacidde" ossia il Monacello: anatomia di una credenza popoolare pugliese".
Ma ora scopriamo che esso corrisponde in molti aspetti alla credenza popolare veneta del Matharòl.
"Vivevano perché gli uomini credevano in essi", scrive il dott. Marcello Lagrasta, emigrato da ragazzo in Francia con la famiglia, ma io l'ho scoperto e l'ho incontrato nel buio sotterraneo a Canosa di Puglia, esplorando le cavità tufacee nel 1984.
Sì, accompagnando dopo alcuni anni il laureando dott. Lagrasta, in una cavità il folletto è scolpito in tufo accanto alla fata in un pregevole fregio tufaceo, seguendo però la scultura di un Crocifisso dell'800, in una simbiosi tra cristianesimo e paganesimo.
El Matharòl di Pederobba o u Munecacidde di Canosa di Puglia, rappresentano nel culto dei nostri antenati, le radici delle credenze popolari, che corrispondono all'immaginario antropologico del mondo degli elfi, degli spiritelli del bene e del male con "la significazione del cappuccio che ci fa pensare ai geni incappucciati (genii cucullati)", come scrive la tesi di laurea del canosino.
E' l'immaginario junghiano e freudiano dell'uomo, l'inconscio dell'animo che emerge di notte nel sonno, quando nella credenza canosina si sperava di strappare il berretto al folletto, afferrando fortuna e monete.
Oggi afferrano le tasche degli onesti di giorno per arricchirsi, ma gli spiritelli continuano a vagare nell'inconscio, che ha bisogno ancora di sognare, di aver paura e di sperare, di immaginare e di amare.
Certamente restiamo ancora stupiti e curiosi alla corrispondenza della credenza di intrecciare la coda e la criniera ai cavalli, come fanno di giorno a Canosa nella fiera campestre del 20 maggio, ma forse è un transfert psicoanalitico della tendenza a pettinare i nostri capelli e il capo femminile, che evoca grovigli e bellezza della vita quotidiana.
"Vivevano perché ci credevano": crederci è superstizione, cancellarli dall'immaginario è regressione: ci farei oggi un cartone animato!
Se all'epoca della Grande Guerra del 15-18 nelle trincee del Monefenera a Pederobba si sono uniti i dialetti d'Italia, di Pederobba e di Canosa di Puglia, oggi si sono riscoperti e uniti i dialetti locali nella figura del folletto.
Ora dopo i bambini e le città legate da spirito di amicizia, tra Canosa di Puglia e Pederobba nel Veneto, anche i folletti dispettosi e gli spiritelli del Matharòl e del Munecacidd' sono diventati amici e ..Fratelli d'Italia.
"Tutti a Scuola"!... anche i folletti!
maestro Peppino Di Nunno
7 ottobre 2012