Convegno ad Atripalda su San Sabino. Precisazioni

Don Felice Bacco:"Provo a chiarire cosa è successo ad Atripalda e quali ne sono state le conclusioni"

venerdì 19 settembre 2014 15.43
Ho letto con non poche perplessità l'articoletto che riportava l'incontro su San Sabino, tenutosi qualche giorno fa ad Atripalda nella Sala Consiliare alla presenza dei Sindaci delle due città e della cittadinanza. Decido di scrivere perché da anni sostengo che il nostro "povero" Santo Patrono, ancora una volta, ridiventa protagonista di questioni che finiscono per creare nuove e più articolate confusioni. Provo a chiarire cosa è successo ad Atripalda e quali ne sono state le conclusioni.

Il Convegno è stato organizzato dal Comune e dalla parrocchia matrice per risolvere "definitivamente" una questione annosa: il san Sabino che si venera ad Atripalda e che la città festeggia in questi giorni, è il san Sabino Vescovo di Canosa?
Il prof. Gennaro Passaro, docente di Storia della Chiesa locale, invitato a tenere la relazione principale, sostiene che il Sabino venerato ad Atripalda non è il Vescovo di Canosa, ma è un Santo Vescovo di Avellino, vissuto tra il V e il VI secolo (il periodo coincide con il tempo in cui è vissuto il Santo di Canosa!). Quindi, sarebbero due i Santi Sabino! Posta in modo così semplicistico la dualità, il problema sembra risolto. A conforto di tale affermazione e per una ulteriore verifica storica, vengono fornite due prove: il Vescovo di Avellino, oggi patrono di Atripalda, è lo stesso che partecipa al Concilio di Costantinopoli del 525, chiamato dall'Anonimo Valesiano (storico del XVI secolo) "Sabinus campanus". La seconda prova è una iscrizione trovata su un sarcofago, che pare abbia contenuto il corpo di questo Santo avellinese. Secondo la tradizione, l'iscrizione è del VI secolo, anche se non è mai stata fcondotta una indagine scientifica per verificarne l'autenticità. Non esistono fonti biografiche scritte lungo i secoli, se escludiamo qualche racconto piuttosto moderno.

Invitato all'incontro, ho obiettato che:
1 – Ormai sono anni che è stato definito e, anche di recente, ribadito che il "Savinus campanus" non può che essere il Vescovo di Canosa, il quale proprio perché aveva già partecipato al Concilio del 525, al successivo Concilio di Costantinopoli del 535 è a capo di una delegazione che prepara i lavori e che, morto Papa Agapito, il quale ne era la guida, continua e porta a termine con successo la missione. La firma del nostro Sabino, Vescovo di Canosa, precede sempre quella della delegazione. Questa tesi è stata sostenuta dal R. Cessi (Anonymus Valesianus, Raccolta degli storici italiani, t. XXIV, part. IV) e ormai è condivisa dal mondo accademico (sin dal 1938, quando il prof. Anselmo Lentini, intervenendo al IV Congresso Nazionale di studi Romani, "Due Legati Papali a Costantinopoli nel VI secolo: Germano Di Capua e Sabino di Canosa", così spiega il Savinus campanus: "l'Anonimo, dimorando in paese lontano dall'Italia meridionale e non avendo potuto trovare una notizia esatta sulla sede, diede un'indicazione larga ed approssimativa: di questo Vescovo meridionale avrà potuto solo raccogliere la notizia che era di laggiù, dalle parti verso la campania". Anche padre Gerardo Cioffari, in un suo intervento su "San Sabino e l'oriente", scrive: "Secondo alcuni studiosi è probabile che il Savinus campanus che partecipò al viaggio a Costantinopoli con Papa Giovanni I agli inizi del 526, sia proprio il Sabino di Canosa. In verità, alla luce degli avvenimenti successivi c'è da dire che questa ipotesi si presenta come abbastanza plausibile. Egli, infatti, si rivelerà come un buon conoscitore del mondo bizantino ed un abile diplomatico nell'affrontare sia problemi dottrinali che pratici".

2 – La seconda obiezione è questa: perché il Papa san Gregorio Magno, il primo e più grande agiografo dei Santi dei primi secoli (scrive pochi decenni dopo la morte di San Sabino), non parla di questo Santo Vescovo Sabino di Avellino? Di san Sabino di Canosa, al contrario, san Gregorio racconta alcuni episodi della sua vita e soprattutto della sua amicizia con san Benedetto da Norcia; in tal modo si spiega il perchè l'Ordine benedettino annovera tra i propri Santi protettori il nostro Santo canosino. Grazie soprattutto ai Benedettini, si è diffuso il culto al nostro Santo non solo in Italia, ma anche fuori dai confini nazionali, facilitato anche dal fenomeno della transumanza lungo la dorsale appenninica dell'Abruzzo e del Sannio.

3 – Appare piuttosto strano, se non incredibile, che il vescovo Sabino di Avellino, di cui discutiamo, sarebbe morto lo stesso giorno ed anno del nostro vescovo di Canosa, e cioè il 9 febbraio del 566. Ad Atripalda il 9 febbraio si celebra la memoria di san Sabino. Felice coincidenza?
Tutto questo mi ha portato a sostenere, nel mio intervento ad Atripalda, che nutro serie perplessità sul fatto che ci siano due Santi Sabino contemporanei. Potrebbe anche essere accaduto? Sarebbe una ricchezza per la Chiesa! Ho però suggerito agli amici atripaldesi che sarebbe opportuno fare studiare a qualche esperto paleografo le iscrizioni trovate sul sarcofago, per verificare se sono veramente del VI secolo, e di approfondire con l'esame al carbonio l'indagine sulle reliquie del "San Sabino" atripaldese, come fu fatto per il "San Sabino" di Bari, i cui resti furono rinvenuti nella cripta di quella cattedrale dall'abate Elia, che smentì definitivamente la "leggenda barese" della traslazione del corpo del Santo Vescovo canosino.

Ritengo doveroso aggiungere queste precisazioni perché vorrei sgombrare dalla mente dei lettori, il dubbio che quella tra Canosa e Atripalda sia la solita diatriba da fiera di paese piuttosto che una questione con importanti risvolti storici tutti da approfondire. La figura di san Sabino andrebbe riscoperta proprio alla luce dei sui interventi a Costantinopoli nel 525 e nel 535 ed al Sinodo Romano del 531: emerge la grandezza di un vescovo che ha amato la Chiesa e difeso la bellezza dei suoi insegnamenti, vero uomo di dialogo nelle questioni teologiche e dottrinali che si dibattevano nel suo tempo. Il tutto è scolpito nell'architettura della cattedrale di Canosa, da lui edificata per celebrare, a mio avviso, l'unità ritrovata tra la Chiesa d'Oriente e quella d'Occidente.

Don Felice Bacco, Parroco della Cattedrale Basilica San Sabino