Discariche Tufarelle: il diritto alla verità
L'appello di Don Felice Bacco
giovedì 14 settembre 2017
15.23
E' ormai da alcune settimane che si è nuovamente innescata una dura polemica ed è montata la protesta dei cittadini sulla decisione di allargare la discarica situata in contrada Tufarelle, nel territorio di Minervino Murge(BT), ma a pochi chilometri da Canosa di Puglia(BT). Si sono costituiti due comitati di lotta contro l'ampliamento della discarica, uno a Canosa e l'altro a Minervino. Si è levata una voce autorevole a difesa del territorio e della vocazione turistica e agro alimentare della zona da parte del Vescovo della Diocesi di Andria,Mons. Luigi Mansi il quale a nome delle comunità coinvolte ha espresso le sue perplessità, chiedendo alle autorità competenti di soprassedere alla realizzazione del progetto. Numerose sono state le manifestazioni a difesa del territorio che si sono susseguite a Canosa e a Minervino, tra le altre la massiccia partecipazione ad un Consiglio della Provincia Barletta Andria Trani, dove si è decisa la sospensione della delibera provinciale e il riesame della documentazione. Questa, in sintesi, la cronaca. Mi permetto di esprimere qualche opinione sull'intera vicenda.
Nessuno intende mettere in discussione il legittimo interesse e diritto di un imprenditore ad ampliare la propria attività nell'esercizio dell'impresa, purchè rispetti le norme di legge e le prescrizioni previste per la tutela e la sicurezza del territorio e dei cittadini che lo abitano. Per cui il vero problema che oggi si pone, prima ancora della realizzazione o dell'ampliamento della discarica esistente, è il luogo ancora una volta scelto. Mi spiego. Non entro neanche nel problema della relazione tra l'inquinamento dell'area e l'aumento di alcune tipologie tumorali verificatesi in questi anni nelle nostre comunità, anch'esso statisticamente provato, se cioè l'aumento dei casi di tumori al fegato e al colon siano dovuti alla contaminazione della catena alimentare verosimilmente per una stretta correlazione tra l'inquinamento dell'area e l'aumento delle patologie tumorali. Io credo sia diritto dei cittadini sapere con certezza se quella zona denominata "Tufarelle" ritenuta dagli stessi organi pubblici istruttori "potenzialmente contaminata" sia in realtà interessata da un inquinamento conclamato, tanto da non permettere per legge, alla luce degli impianti esistenti, che se ne realizzino altri o vengano addirittura ampliati. Per un momento provo a non pormi ancora la domanda su chi avrebbe contaminato, se la presenza di inquinanti sia dovuta alle caratteristiche geo-litologiche, a fattori antropici o ad altre cause. E' possibile sapere con certezza se la zona è ormai compromessa? Sono state fatte indagini appropriate e ci sono risultati certi (sono trascorsi ben venticinque anni)? E' possibile portarli a conoscenza della cittadinanza con chiarezza e completezza? L'iter amministrativo, che sembra si sia concluso con il parere favorevole all'ampliamento, si è avvalso di dati oggettivi che dimostrerebbero senza alcuna possibilità di errore la non compromissione ambientale dell'area? C'è qualcuno che ha verificato e si è assunto la responsabilità di affermare che non c'è inquinamento del terreno e tantomeno delle falde acquifere?
Se è incerta o dubbia la compromissione dell'area, non dovrebbe prevalere il principio della tutela, della cautela, della precauzione, fino a prova certa, o per fermarci dobbiamo prima avere la certezza dell'inquinamento? Ma poi la presunta incertezza non è essa stessa la conseguenza di omesse verifiche ed accertamenti che avrebbero dovuto essere effettuati dagli stessi organi coinvolti nel procedimento autorizzativo? Nei vecchi manuali di morale, la cosiddetta "casistica" poneva questo esempio circa l'agire nel dubbio: "Un cacciatore, se vede delle penne affiorare da un cespuglio e non sa con certezza se è selvaggina o le penne di un alpino, nel dubbio è autorizzato a sparare, o nel dubbio si ferma?". Ritengo che a rigor di logica, se c'è il fondato sospetto, alla luce di dati precedenti (vedi richiesta di approfondire da parte della Regione nel 2012, poi ribadito nel 2016 dopo le analisi fatte da un laboratorio privato, che dimostravano la presenza in discarica di alcuni materiali inquinanti: …) che l'area sia seriamente compromessa, prima di autorizzare altre discariche, non conviene approfondire e avere la certezza dei risultati?
C'è un'ulteriore considerazione che desidero venga riflettuta e condivisa. Se effettivamente la zona Tufarelle è inquinata, il problema riguarda solo le comunità di Canosa e Minervino, o anche i territori comprendenti le altre città limitrofe e non solo, le quali dovrebbero seriamente preoccuparsi? L'uva, la verdura e gli altri prodotti che si coltivano nella zona, sono destinati solo alle tavole dei canosini e dei minervinesi o vengono consumati anche dagli andriesi, dai barlettani, dai cerignolani …? Molti terreni della vicina Loconia e della zona interessata sono coltivati dagli agricoltori delle città vicine: i prodotti chi li mangia? Se fossero inquinate le falde acquifere, chi si servirebbe di quell'acqua? In questo clima esasperato, che torna a diffondersi pericolosamente nelle due città direttamente coinvolte, semplicemente ho voluto dire che è urgente una verifica definitiva e completa dell'inquinamento della zona, prima di autorizzare altri progetti, che è auspicabile e giusta una condivisione più ampia da parte di altre città vicine e lontane. L'unione nel pretendere la verità, fa la forza!
Don Felice Bacco, Parroco della Concattedrale San Sabino di Canosa di Puglia
Nessuno intende mettere in discussione il legittimo interesse e diritto di un imprenditore ad ampliare la propria attività nell'esercizio dell'impresa, purchè rispetti le norme di legge e le prescrizioni previste per la tutela e la sicurezza del territorio e dei cittadini che lo abitano. Per cui il vero problema che oggi si pone, prima ancora della realizzazione o dell'ampliamento della discarica esistente, è il luogo ancora una volta scelto. Mi spiego. Non entro neanche nel problema della relazione tra l'inquinamento dell'area e l'aumento di alcune tipologie tumorali verificatesi in questi anni nelle nostre comunità, anch'esso statisticamente provato, se cioè l'aumento dei casi di tumori al fegato e al colon siano dovuti alla contaminazione della catena alimentare verosimilmente per una stretta correlazione tra l'inquinamento dell'area e l'aumento delle patologie tumorali. Io credo sia diritto dei cittadini sapere con certezza se quella zona denominata "Tufarelle" ritenuta dagli stessi organi pubblici istruttori "potenzialmente contaminata" sia in realtà interessata da un inquinamento conclamato, tanto da non permettere per legge, alla luce degli impianti esistenti, che se ne realizzino altri o vengano addirittura ampliati. Per un momento provo a non pormi ancora la domanda su chi avrebbe contaminato, se la presenza di inquinanti sia dovuta alle caratteristiche geo-litologiche, a fattori antropici o ad altre cause. E' possibile sapere con certezza se la zona è ormai compromessa? Sono state fatte indagini appropriate e ci sono risultati certi (sono trascorsi ben venticinque anni)? E' possibile portarli a conoscenza della cittadinanza con chiarezza e completezza? L'iter amministrativo, che sembra si sia concluso con il parere favorevole all'ampliamento, si è avvalso di dati oggettivi che dimostrerebbero senza alcuna possibilità di errore la non compromissione ambientale dell'area? C'è qualcuno che ha verificato e si è assunto la responsabilità di affermare che non c'è inquinamento del terreno e tantomeno delle falde acquifere?
Se è incerta o dubbia la compromissione dell'area, non dovrebbe prevalere il principio della tutela, della cautela, della precauzione, fino a prova certa, o per fermarci dobbiamo prima avere la certezza dell'inquinamento? Ma poi la presunta incertezza non è essa stessa la conseguenza di omesse verifiche ed accertamenti che avrebbero dovuto essere effettuati dagli stessi organi coinvolti nel procedimento autorizzativo? Nei vecchi manuali di morale, la cosiddetta "casistica" poneva questo esempio circa l'agire nel dubbio: "Un cacciatore, se vede delle penne affiorare da un cespuglio e non sa con certezza se è selvaggina o le penne di un alpino, nel dubbio è autorizzato a sparare, o nel dubbio si ferma?". Ritengo che a rigor di logica, se c'è il fondato sospetto, alla luce di dati precedenti (vedi richiesta di approfondire da parte della Regione nel 2012, poi ribadito nel 2016 dopo le analisi fatte da un laboratorio privato, che dimostravano la presenza in discarica di alcuni materiali inquinanti: …) che l'area sia seriamente compromessa, prima di autorizzare altre discariche, non conviene approfondire e avere la certezza dei risultati?
C'è un'ulteriore considerazione che desidero venga riflettuta e condivisa. Se effettivamente la zona Tufarelle è inquinata, il problema riguarda solo le comunità di Canosa e Minervino, o anche i territori comprendenti le altre città limitrofe e non solo, le quali dovrebbero seriamente preoccuparsi? L'uva, la verdura e gli altri prodotti che si coltivano nella zona, sono destinati solo alle tavole dei canosini e dei minervinesi o vengono consumati anche dagli andriesi, dai barlettani, dai cerignolani …? Molti terreni della vicina Loconia e della zona interessata sono coltivati dagli agricoltori delle città vicine: i prodotti chi li mangia? Se fossero inquinate le falde acquifere, chi si servirebbe di quell'acqua? In questo clima esasperato, che torna a diffondersi pericolosamente nelle due città direttamente coinvolte, semplicemente ho voluto dire che è urgente una verifica definitiva e completa dell'inquinamento della zona, prima di autorizzare altri progetti, che è auspicabile e giusta una condivisione più ampia da parte di altre città vicine e lontane. L'unione nel pretendere la verità, fa la forza!
Don Felice Bacco, Parroco della Concattedrale San Sabino di Canosa di Puglia