Donna e odontoiatra: un binomio di consonanti rotonde
Esperienza anglo-italiana della dottoressa Milvia Di Gioia
mercoledì 28 maggio 2014
7.19
Sono figlia d'arte, mio padre mi raccontava di odontoiatria come della più entusiasmante delle avventure, così probabilmente mi avrebbe raccontato qualunque altro mestiere avesse fatto. Mio padre infatti era un entusiasta, di slancio aveva abbracciato una professione che non era il suo primo amore (avrebbe voluto essere ingegnere) ed era diventato un grande odontoiatra. Ha sempre cercato di dare dignità ad una professione che all'epoca era considerata medicina di serie B. La sua primitiva vocazione all'ingegneria lo aveva reso attento a tutte le innovazioni tecnologiche e grande estimatore dell'assetto organizzativo nordico ed europeo. Ha battagliato per l'istituzione in sede europea ed italiana del corso di laurea dedicato di odontoiatria e quando gli fu chiesto di scegliere, senza rimpianti scelse l'iscrizione all'albo degli odontoiatri.
Ciononostante tra i miei sogni giovanili l'odontoiatria rappresentava l'ultima possibilità. Con il tempo ho imparato che, come lui, ciò che ci animava era passione ed entusiasmo. Ho frequentato l'Università a Bari e durante i primi anni ci tenevo a dimostrare al mondo che la passione per la vita si manifestava in altre e più variegate forme: cinema, arte, Cultura, interessi che allora mi apparivano incompatibili con una professione manuale. Questa mia convinzione faceva parte di una opinione piuttosto comune negli anni ottanta tanto da essermi meritata, nell'arco degli oltre quindici anni di professione, l'appellativo di dentista atipica.
Nel corso dei miei studi capii di volermi dedicare alla protesi: volevo realizzare cose importanti nella mia vita e la sola idea di poter "restituire il sorriso a chi lo ha perduto" , il Prof. Preti consenta la citazione, mi investiva di un'alea di grandezza. Pian piano scoprii che la protesi non era che il punto di partenza dell'attività odontoiatrica e che, per di più, la facevano in tanti. Ma io ero Protesista ed ero Donna e continuavo a coccolare il mio sogno di grandezza in un mondo di uomini. Più volte all'inizio ho difeso la mia scelta, quando le protesiste erano pochissime e dovevo giustificare l'anomalia di non essermi occupata di ortodonzia o della cura dei bambini. Avevo vissuto, attraverso mio padre, gli anni in cui, lui insieme da altri appassionati, davano vita all'odontoiatria moderna. L'odontoiatria italiana diventava scienza e non era più soggetta al fascino delle scuole estere. Mi perfezionai dunque in Italia, a Bologna, in una tra le migliori scuole di odontoiatria insegnata e vissuta del paese, dove ho potuto continuare ad osservare i miracoli di mani e menti appassionate.
Come tutti gli aspiranti liberi professionisti ho dedicato giornate lunghissime ed interi week end al lavoro, fedele al dogma che nulla potesse essere rimandato al giorno successivo. Da donna ho rallentato la fase di realizzazione professionale per costruire la mia famiglia. Anche dopo la nascita delle mie due figlie però, senza dare troppo a vedere, ho rubato tutto il tempo che potevo per continuare a realizzare ciò che mi sentivo chiamata a fare: aiutare, in orari d'ufficio, chi mi affidava la sua salute, e studiare, pensare e organizzare, nelle ore rimanenti, affinchè tutto andasse per il meglio. Da moglie e madre ho scelto di seguire la mia famiglia in Inghilterra per sostenere la carriera di mio marito e svolgere il mio ruolo di "perno". Non ero sicura di cosa sarebbe stato di me e anzi all'inizio ho avuto la sensazione di essere ormai fuori dal ciclo produttivo. La maternità invece ha arricchito notevolmente la mia sensibilità clinica: le madri imparano un continuo adattamento delle strategie di comunicazione e perfezionano le tecniche di gestione delle risorse umane e ambientali. Da mamma odontoiatra ho migliorato il mio rapporto con i pazienti e la mia capacità di ascoltare, unisco tecnica e sensibilità, sono supporto e guida: gestisco i trattamenti e supporto le aspettative. La Vecchia odontoiatria identificava specializzazioni "maschili" e "femminili".
La nuova odontoiatria al femminile è fatta di sensibilità, slanci e creatività organizzativa. L'esperienza inglese consente al mio sguardo medico di osservare un modo completamente differente di rapportarsi alla salute. Gli Inglesi sono essenziali e diretti, in ciò che offrono e in ciò che richiedono. Il medico e l'istituzione sanitaria sono deputate alla tutela della salute ed i cittadini vi si affidano fiduciosi. Hanno grande rispetto per le scuole che formano i loro sanitari e questo rende possibile svolgere il proprio lavoro in un clima di maggior serenità. Questa esperienza ha dato altresì l'opportunità al mio sguardo medico di confermarmi nel convincimento che l'odontoiatria italiana offre livelli di prestazione altissimi sia in termini qualitativi che organizzativi. Potremmo esportare "alta moda odontoiatrica" se alcune delle nostre qualificatissime Università avviassero accordi bilaterali di scambio e di conseguenza reciproco riconoscimento di qualità. Torno alla mia professione italiana mensilmente grazie ad alchimie organizzative sempre nuove. Grande è la felicità ogni volta che sulla scaletta dell'aereo respiro l'aria di casa. Dunque avevo lasciato il luogo dove amavo trascorrere la maggior parte del mio tempo, e la calda sensazione, a quarant'anni, di essere padrona di una piacevole routine e che la mia vita procedesse felicemente lungo il percorso da me identificato. Non ho comunque mai smesso di cercare occasioni per arricchire la mia formazione odontoiatrica. Ho scoperto che c'è ancora tempo per cambiare tutto, cercare nuovi assetti, nuovi percorsi ed appassionarsi ancora, anzi di più.
Milvia Di Gioia
Ciononostante tra i miei sogni giovanili l'odontoiatria rappresentava l'ultima possibilità. Con il tempo ho imparato che, come lui, ciò che ci animava era passione ed entusiasmo. Ho frequentato l'Università a Bari e durante i primi anni ci tenevo a dimostrare al mondo che la passione per la vita si manifestava in altre e più variegate forme: cinema, arte, Cultura, interessi che allora mi apparivano incompatibili con una professione manuale. Questa mia convinzione faceva parte di una opinione piuttosto comune negli anni ottanta tanto da essermi meritata, nell'arco degli oltre quindici anni di professione, l'appellativo di dentista atipica.
Nel corso dei miei studi capii di volermi dedicare alla protesi: volevo realizzare cose importanti nella mia vita e la sola idea di poter "restituire il sorriso a chi lo ha perduto" , il Prof. Preti consenta la citazione, mi investiva di un'alea di grandezza. Pian piano scoprii che la protesi non era che il punto di partenza dell'attività odontoiatrica e che, per di più, la facevano in tanti. Ma io ero Protesista ed ero Donna e continuavo a coccolare il mio sogno di grandezza in un mondo di uomini. Più volte all'inizio ho difeso la mia scelta, quando le protesiste erano pochissime e dovevo giustificare l'anomalia di non essermi occupata di ortodonzia o della cura dei bambini. Avevo vissuto, attraverso mio padre, gli anni in cui, lui insieme da altri appassionati, davano vita all'odontoiatria moderna. L'odontoiatria italiana diventava scienza e non era più soggetta al fascino delle scuole estere. Mi perfezionai dunque in Italia, a Bologna, in una tra le migliori scuole di odontoiatria insegnata e vissuta del paese, dove ho potuto continuare ad osservare i miracoli di mani e menti appassionate.
Come tutti gli aspiranti liberi professionisti ho dedicato giornate lunghissime ed interi week end al lavoro, fedele al dogma che nulla potesse essere rimandato al giorno successivo. Da donna ho rallentato la fase di realizzazione professionale per costruire la mia famiglia. Anche dopo la nascita delle mie due figlie però, senza dare troppo a vedere, ho rubato tutto il tempo che potevo per continuare a realizzare ciò che mi sentivo chiamata a fare: aiutare, in orari d'ufficio, chi mi affidava la sua salute, e studiare, pensare e organizzare, nelle ore rimanenti, affinchè tutto andasse per il meglio. Da moglie e madre ho scelto di seguire la mia famiglia in Inghilterra per sostenere la carriera di mio marito e svolgere il mio ruolo di "perno". Non ero sicura di cosa sarebbe stato di me e anzi all'inizio ho avuto la sensazione di essere ormai fuori dal ciclo produttivo. La maternità invece ha arricchito notevolmente la mia sensibilità clinica: le madri imparano un continuo adattamento delle strategie di comunicazione e perfezionano le tecniche di gestione delle risorse umane e ambientali. Da mamma odontoiatra ho migliorato il mio rapporto con i pazienti e la mia capacità di ascoltare, unisco tecnica e sensibilità, sono supporto e guida: gestisco i trattamenti e supporto le aspettative. La Vecchia odontoiatria identificava specializzazioni "maschili" e "femminili".
La nuova odontoiatria al femminile è fatta di sensibilità, slanci e creatività organizzativa. L'esperienza inglese consente al mio sguardo medico di osservare un modo completamente differente di rapportarsi alla salute. Gli Inglesi sono essenziali e diretti, in ciò che offrono e in ciò che richiedono. Il medico e l'istituzione sanitaria sono deputate alla tutela della salute ed i cittadini vi si affidano fiduciosi. Hanno grande rispetto per le scuole che formano i loro sanitari e questo rende possibile svolgere il proprio lavoro in un clima di maggior serenità. Questa esperienza ha dato altresì l'opportunità al mio sguardo medico di confermarmi nel convincimento che l'odontoiatria italiana offre livelli di prestazione altissimi sia in termini qualitativi che organizzativi. Potremmo esportare "alta moda odontoiatrica" se alcune delle nostre qualificatissime Università avviassero accordi bilaterali di scambio e di conseguenza reciproco riconoscimento di qualità. Torno alla mia professione italiana mensilmente grazie ad alchimie organizzative sempre nuove. Grande è la felicità ogni volta che sulla scaletta dell'aereo respiro l'aria di casa. Dunque avevo lasciato il luogo dove amavo trascorrere la maggior parte del mio tempo, e la calda sensazione, a quarant'anni, di essere padrona di una piacevole routine e che la mia vita procedesse felicemente lungo il percorso da me identificato. Non ho comunque mai smesso di cercare occasioni per arricchire la mia formazione odontoiatrica. Ho scoperto che c'è ancora tempo per cambiare tutto, cercare nuovi assetti, nuovi percorsi ed appassionarsi ancora, anzi di più.
Milvia Di Gioia