Il Monacello alla Festa dell’Emigrante
Grande affluenza di pubblico
giovedì 9 agosto 2018
17.04
Entusiasmo e partecipazione di pubblico alla XV Edizione della Festa dell'Emigrante che ieri sera ha avuto luogo a Canosa di Puglia(BT) presso le absidi della Cattedrale di San Sabino. Ad organizzarla la Compagnia "Idea-Teatro '89", in collaborazione con il bimestrale d'informazione e cultura "Il Campanile", l'IDAC, la Pro Loco di Canosa, la FIDAPA e La Terra del Sole. A presentare la serata, come da tradizione consolidata, Fernando Forino accompagnato per l'occasione dalla giornalista Claudia Vitrani e da Cosimo Bonavita. I rappresentanti dell'Associazione "Il Ponte" di Torino, del Comitato "S.Sabino" di Milano , l'Associazione "CanoSIamo" di Roma, nelle persone di Lucrezia Valentino, Angelo Carucci e Nicola Detto hanno portato i saluti delle rispettive comunità e dei presidenti dei sodalizi, complimentandosi con gli organizzatori della Festa dell'Emigrante, con Don Felice Bacco e con il presentatore dello spettacolo Fernando Forino che ha dichiarato tra l'altro: "Anche quest'anno, l'appuntamento si è rinnovato, grazie all'impegno e alla volontà di "Idea-Teatro '89" di proseguire con l'incontro annuale in estate, di Don Felice Bacco che ha condiviso l'iniziativa ospitando l'evento presso le absidi della Cattedrale di San Sabino in collaborazione con le associazioni culturali, le testate giornalistiche e il sostegno di alcune ditte sponsorizzatrici del territorio. Siamo stati i pionieri di questo risveglio e gli unici a mantenere, attraverso il teatro, le tradizioni, gli usi e costumi della cultura popolare di una Canosa antica ed autentica, che con le sue bellezze ed eccellenze, ci dà sempre spunti per momenti di ilarità, alternati ad attimi di riflessione collettiva». E' stato osservato un minuto di silenzio e raccoglimento per ricordare le vittime degli incidenti stradali degli ultimi giorni in Puglia , tutti migranti di rientro dalle campagne, cui ha fatto seguito un lungo applauso dei presenti. "La convivialità tra le differenze" di don Tonino Bello è stato l'incipit ispiratore della Festa dell'Emigrante perchè la Puglia e in generale il Sud d'Italia, è una terra vocata all'incontro tra diversità, tra mondi diversi e Canosa di Puglia in questi ultimi anni ha ospitato e continua ad accogliere immigrati che si sono ben inseriti nel tessuto sociale ed economico del territorio e ieri sera resi partecipi invitandoli sul palco..
Dalla chitarra di Nunzio Acquaviva alla voce suadente di Annabella Destino, dal mapping di Nicola D'Agnelli alla danza degli allievi dell' A.S.D. Dance Studio Damiano, fino alle conversazioni dialettali con l'ex assessore Nunzio Pinnelli e all'intervento del maestro Peppino Di Nunno, cultore di storia patria e di Dialettologia. Salendo sul palco il Cavaliere di storia, Di Nunno porge il saluto in rima «a Fernando Forino, il bel teatro canosino, a Forino Fernando che in Italia va teatrando». Poi fa ricordo nell'atrio delle absidi della Cattedrale e la sua parola evoca la nascita del fossato esterno che circonda la Cattedrale sul confine della Villa Comunale. «La mia mente va al furto del busto di San Sabino, quando il terrapieno colmava il fossato perimetrale e bastò di notte una scala di quattro metri per rimuovere la griglia di ferro del finestrone dell'abside per calarsi nella Cappella di San Giuseppe e rubare i preziosi reperti del patrimonio sabiniano. Ero presente in Consiglio Comunale quando fu posto il problema del ripristino del fossato perimetrale, che oltre a dare decoro, disimpegno e sicurezza, oggi è diventato luogo attivo per ragazzi, per l'Oratorio estivo e questa sera luogo di festa dell'emigrante». Poi il maestro Peppino Di Nunno rivolge il saluto agli emigranti «ai Canosini che in dialetto -òne spatriète- sono andati via dalla patria come terra nativa (ex patria), compresi i miei tre bravi figli. Ma un emigrante illustre è approdato all'Università di Strasburgo dalla grotta tufacea sotterranea del rione Rosale, Abbàsce a la grotte nan stève scekitte u léupe j'nde a la vòtte, ma in una grotta da me scoperta nel 1984, ammirammo anche il Crocifisso scolpito in tufo a dimensioni umane e anche Il Monacello e la Fata».
Poi entra nei dettagli della credenza popolare del Munecacìdde:«Già u Munecacìdde ca se métte 'n bìtte, e ti porta gli incubi, dispettoso spiritello della credenza popolare da secoli, girovagando in tutte le Regioni d'Italia sotto diverso nome, come scrivo nel libro di Dialettologia, 'Sulle vie dei ciottoli'. Infatti dalla Sicilia al Veneto in una ricerca culturale inedita in diretta al telefono, incontriamo in Sicilia u Scazzamurìdde, u Mazzamurìdde fino al Veneto dove El Matharòl, vaga per i boschi ma sempre con le stesse connotazioni culturali e fisiognomiche. Da San Donà di Pave riceviamo la scultura del folletto notturno all'ingresso di una grotta nel boschi, del Matharòl che aggroviglia la criniera al cavallo, come dice una poesia i dialetto veneto: :"el Matharòl, ros e maragrathia / che 'l ghe ingatiéa la coda e la bréna ai cavài" (Il Matharòl rosso e screanzato / che aggroviglia la coda e la criniera ai cavalli). Insomma "tùtte u mùnne jà cùme càste", tutto il mondo è come casa tua, dalla Puglia al Veneto. Lasciamo sognare i bambini come in un cartone animato e gli adulti in un immaginario collettivo dell'inconscio freudiano, che assume le sembianze umane e proietta in personaggi le categorie psicologiche e le tensioni esistenziali.. Quel genius cucullatus dell'Antica Roma fu nel 1996 il soggetto in copertina della Tesi di Dottorato di Marcello Lagrasta, già emigrato da bambino con la famiglia a Strasburgo. Questa sera vogliamo rendere omaggio e dare il nostro plauso a questo emigrante canosino, che ha portato queste foto e questa credenza popolare alla Facoltà delle Civilizzazioni Italiane a Strasburgo, Mi venne a trovare a casa dove conservo con cura e studio una copia della tesi di laurea e poi scendemmo insieme nella grotta a studiare U Munecacìdde e la Fata, che avevamo visitato con il Vescovo di Andria, Mons. Lanave. Dopo il 2000 la grotta è stata salvata dopo tante mie petizioni, ripulita, bonificata e illuminata e parla di queste radici cristiane e pagane, che vediamo nelle foto proiettate sulla parete dell'abside».
La presenza si fa teatro e il maestro Peppino Di Nunno si veste da Monacello con il panciotto contadino, u cameselòne e il cappello conico rosso del folletto. «È qui il mistero del folletto, perché se si riesce nel sogno a levargli il cappello si trovano ... i soldi. Ma oltre la scoperta della grotta da quei due anelli di ferro sul marciapiede di Via Abate Fornari, li cambanìdde per il trasporto delle botti di legno, riscoperti in un fregio di pietra all'ingresso di due cavità, ho riscoperto le radici filologiche del segreto del berretto rosso, sfogliando il dizionario di Latino alla voce "Incubo", nome del folletto dell'Antica Roma. È lo scrittore romano del I secolo d. C. Petronio Arbitro che nell'opera Satyricon descrive a Taranto un personaggio di nome Trimalcione, rappresentato nel film omonimo di Fellini Satyricon del 1969. Così scrive Petronio Arbitro al Cap XXXVIII: Modo solebat collo suo ligna portare. Sed quomodo dicunt — ego nihil scio, sed audivi — quom Incuboni pilleum rapuisset, et thesaurum invenit. Pensa che fino a ieri portava la legna sulle spalle. Ma come dicono in giro, io non lo so per certo, ma l'ho solo sentito, pare che abbia rubato il berretto a Incubo e ci abbia trovato dentro un tesoro.Nelle note all'opera di Petronio Arbitro gli spiriti incubi, giusta l'antica credenza, custodivano i tesori nascosti sotto terra, e portavano un cappellino, che bisognava toglier loro dal capo, onde poter trovare il tesoro nascosto. Insomma cari paesani mùnne jève e mùnne jà, il mondo era così e il mondo è ancora oggi. Vi saluto; se sognate u Munecaìdde e riuscite a levargli il berretto rosso, facciamo metà per ognuno con i soldi che trovate.Per ora vi ho raccontato la storia che non esisteva ma era vera del Munecacìdde abbàsce a la grotte.Ciao Monacello! E... buona notte! »
La Festa dell'Emigrante, appuntamento di forte richiamo e appeal dell'estate canosina, ha regalato ancora una volta momenti di incontro e di aggregazione, di convivialità e di solidarietà, in un'atmosfera spensierata e gioiosa, contribuendo fattivamente alla diffusione di una sempre maggiore sensibilità e partecipazione alla vita collettiva dei canosini, residenti e non, tese a favorire il consolidamento dei rapporti sociali, etnici e culturali.
Dalla chitarra di Nunzio Acquaviva alla voce suadente di Annabella Destino, dal mapping di Nicola D'Agnelli alla danza degli allievi dell' A.S.D. Dance Studio Damiano, fino alle conversazioni dialettali con l'ex assessore Nunzio Pinnelli e all'intervento del maestro Peppino Di Nunno, cultore di storia patria e di Dialettologia. Salendo sul palco il Cavaliere di storia, Di Nunno porge il saluto in rima «a Fernando Forino, il bel teatro canosino, a Forino Fernando che in Italia va teatrando». Poi fa ricordo nell'atrio delle absidi della Cattedrale e la sua parola evoca la nascita del fossato esterno che circonda la Cattedrale sul confine della Villa Comunale. «La mia mente va al furto del busto di San Sabino, quando il terrapieno colmava il fossato perimetrale e bastò di notte una scala di quattro metri per rimuovere la griglia di ferro del finestrone dell'abside per calarsi nella Cappella di San Giuseppe e rubare i preziosi reperti del patrimonio sabiniano. Ero presente in Consiglio Comunale quando fu posto il problema del ripristino del fossato perimetrale, che oltre a dare decoro, disimpegno e sicurezza, oggi è diventato luogo attivo per ragazzi, per l'Oratorio estivo e questa sera luogo di festa dell'emigrante». Poi il maestro Peppino Di Nunno rivolge il saluto agli emigranti «ai Canosini che in dialetto -òne spatriète- sono andati via dalla patria come terra nativa (ex patria), compresi i miei tre bravi figli. Ma un emigrante illustre è approdato all'Università di Strasburgo dalla grotta tufacea sotterranea del rione Rosale, Abbàsce a la grotte nan stève scekitte u léupe j'nde a la vòtte, ma in una grotta da me scoperta nel 1984, ammirammo anche il Crocifisso scolpito in tufo a dimensioni umane e anche Il Monacello e la Fata».
Poi entra nei dettagli della credenza popolare del Munecacìdde:«Già u Munecacìdde ca se métte 'n bìtte, e ti porta gli incubi, dispettoso spiritello della credenza popolare da secoli, girovagando in tutte le Regioni d'Italia sotto diverso nome, come scrivo nel libro di Dialettologia, 'Sulle vie dei ciottoli'. Infatti dalla Sicilia al Veneto in una ricerca culturale inedita in diretta al telefono, incontriamo in Sicilia u Scazzamurìdde, u Mazzamurìdde fino al Veneto dove El Matharòl, vaga per i boschi ma sempre con le stesse connotazioni culturali e fisiognomiche. Da San Donà di Pave riceviamo la scultura del folletto notturno all'ingresso di una grotta nel boschi, del Matharòl che aggroviglia la criniera al cavallo, come dice una poesia i dialetto veneto: :"el Matharòl, ros e maragrathia / che 'l ghe ingatiéa la coda e la bréna ai cavài" (Il Matharòl rosso e screanzato / che aggroviglia la coda e la criniera ai cavalli). Insomma "tùtte u mùnne jà cùme càste", tutto il mondo è come casa tua, dalla Puglia al Veneto. Lasciamo sognare i bambini come in un cartone animato e gli adulti in un immaginario collettivo dell'inconscio freudiano, che assume le sembianze umane e proietta in personaggi le categorie psicologiche e le tensioni esistenziali.. Quel genius cucullatus dell'Antica Roma fu nel 1996 il soggetto in copertina della Tesi di Dottorato di Marcello Lagrasta, già emigrato da bambino con la famiglia a Strasburgo. Questa sera vogliamo rendere omaggio e dare il nostro plauso a questo emigrante canosino, che ha portato queste foto e questa credenza popolare alla Facoltà delle Civilizzazioni Italiane a Strasburgo, Mi venne a trovare a casa dove conservo con cura e studio una copia della tesi di laurea e poi scendemmo insieme nella grotta a studiare U Munecacìdde e la Fata, che avevamo visitato con il Vescovo di Andria, Mons. Lanave. Dopo il 2000 la grotta è stata salvata dopo tante mie petizioni, ripulita, bonificata e illuminata e parla di queste radici cristiane e pagane, che vediamo nelle foto proiettate sulla parete dell'abside».
La presenza si fa teatro e il maestro Peppino Di Nunno si veste da Monacello con il panciotto contadino, u cameselòne e il cappello conico rosso del folletto. «È qui il mistero del folletto, perché se si riesce nel sogno a levargli il cappello si trovano ... i soldi. Ma oltre la scoperta della grotta da quei due anelli di ferro sul marciapiede di Via Abate Fornari, li cambanìdde per il trasporto delle botti di legno, riscoperti in un fregio di pietra all'ingresso di due cavità, ho riscoperto le radici filologiche del segreto del berretto rosso, sfogliando il dizionario di Latino alla voce "Incubo", nome del folletto dell'Antica Roma. È lo scrittore romano del I secolo d. C. Petronio Arbitro che nell'opera Satyricon descrive a Taranto un personaggio di nome Trimalcione, rappresentato nel film omonimo di Fellini Satyricon del 1969. Così scrive Petronio Arbitro al Cap XXXVIII: Modo solebat collo suo ligna portare. Sed quomodo dicunt — ego nihil scio, sed audivi — quom Incuboni pilleum rapuisset, et thesaurum invenit. Pensa che fino a ieri portava la legna sulle spalle. Ma come dicono in giro, io non lo so per certo, ma l'ho solo sentito, pare che abbia rubato il berretto a Incubo e ci abbia trovato dentro un tesoro.Nelle note all'opera di Petronio Arbitro gli spiriti incubi, giusta l'antica credenza, custodivano i tesori nascosti sotto terra, e portavano un cappellino, che bisognava toglier loro dal capo, onde poter trovare il tesoro nascosto. Insomma cari paesani mùnne jève e mùnne jà, il mondo era così e il mondo è ancora oggi. Vi saluto; se sognate u Munecaìdde e riuscite a levargli il berretto rosso, facciamo metà per ognuno con i soldi che trovate.Per ora vi ho raccontato la storia che non esisteva ma era vera del Munecacìdde abbàsce a la grotte.Ciao Monacello! E... buona notte! »
La Festa dell'Emigrante, appuntamento di forte richiamo e appeal dell'estate canosina, ha regalato ancora una volta momenti di incontro e di aggregazione, di convivialità e di solidarietà, in un'atmosfera spensierata e gioiosa, contribuendo fattivamente alla diffusione di una sempre maggiore sensibilità e partecipazione alla vita collettiva dei canosini, residenti e non, tese a favorire il consolidamento dei rapporti sociali, etnici e culturali.