Noi ci accontentavamo anche dell’uovo di cioccolato senza sorpresa

Lo sfogo di Vincenzo Santovito

domenica 16 aprile 2017 10.02
Nulla si chiede alla vostre orecchie, i nostri nomi non li sussurrano. Quando prendesti il commiato rimanemmo in silenzio, come sperduti girovagavamo in un vago fantasticare silente come dei viandanti assetati di giustizia. Quando chiedesti i nostri voti ci prestammo senza vergogna. Cosa avete fatto per noi per non meritarci neanche un ricordo? Abbiamo offerto la nostra fiducia per calmare la vostra sete di politica. Quando i nostri cuori si colmeranno di dolcezza mentre sui nostri capi storniscono le foglie, noi stando seduti pensiamo a pensare mentre il tempo passa invano. Tutti i versi di gioia si sono mescolati ad una tempesta di delusione. La gioia che risiedeva nei nostri cuori si è infranta nella polvere che oggi non trova e non conosce altre parole. Voi amministratori e politici e noi popolo stremato dalle delusioni di mondi sconfinati, non troviamo più dove nascono i sorrisi. Da prima è cresciuto il desiderio del comando, la bramosia del denaro. Bisogna ammettere che gli uomini irruviditi dal sistema, si sono adeguati facendoci vivere in questo momento di assoluta scelleratezza. Ma voi reggete il mondo con l'imperio delle forze politiche. L'essere invitti, giusti in pace, perdonare i più deboli e debellare i superbi. Così sarebbe il mondo tutto bello. A Roma non si pone termine o fine, ne fa dell'Italia un'eterna regina, ma perché l'età nostra ci richiede cura e bellezza. Né c'è più tra noi la rustichezza antica dei nostri Avi. Roma si è spezzettata da guerre politiche e il potere si sta esaurendo in se stessa dalla vecchiaia. Ha perso la libertà, non ha più forze per tenersi in piedi, non sa trovare più possenti colonnati e portenti pilastri dove reggersi o appoggiarsi. L'oratore si sottopone al potere del Parlamento, lavora secondo i suoi ordini e fa i conti con le sue pretese e condiscende importanti conseguenze. Ci sono elementi dotati che comprendessero e soddisfacessero le bisognose richieste di un popolo e non soltanto ad approvare leggi che penalizzano economicamente i cittadini pur sapendo di errare, approva lo stesso. Non ci sono più padri che consigliano ai propri figli di usare l'abito della filosofia a ritornare agli antichi usi che incominciassi a mangiare un po' tutti, distribuendo le vivande in modo più equo. Più volte si è sentiti una gran voglia di romperla con la vita, ma ci tratteniamo finché arrivi la tarda età. A volte i buoni, onesti conforti sono rimedi e ciò che ha sollevato lo spirito può giovare anche il corpo. Non sempre si può dar credito a ciò che dice un ubriaco, la frenesia di accusare può diventare quasi un comune abituè che può rovinare chiunque. Come quando si impone di pagare alcune tasse ingiuste ed eccessive, milioni di Italiani corrono freneticamente sin dallo spuntar del giorno recandosi nei posti di lavoro o in cerca di esso. Al ritorno dopo ore dure e di onesto e faticoso lavoro anziché essere accolti dai propri congiunti amorevolmente, si ha la sgradita sorpresa di trovare nella cassetta postale i bollettini per il pagamento eccessivo della tassa rifiuti con l'aumento previsto dall' ultimo consiglio comunale. In questo caso ci troviamo di fronte ad una situazione in cui ci si sceglie un giudice che ci condannerà per cose che ha fatto lui stesso. Noi abitiamo in una parte del mondo dove si convive con la propria malattia, quella delle tasse. E' una malattia spaventosa dove ci fa capire i mali dell' anarchia, la guerra, la fame, la distruzione dei boschi, la devastazione, la conquista di terre e la perdita di proprietà, i rapimenti. La paura della schiavitù fiscale e della morte che ne può conseguire sono mali che nessun medico ci può liberare e trovare una terapia adeguata alla malattia. A qualcuno piace farci credere di essere affetti da malattie incurabili, lasciandoci liberi e di aver poco tempo da vivere. Questa è una crudeltà che va rimossa. Non vogliamo essere costretti ad unirci tutti assieme per sfogare le proprie ire.
Buona sorpresa di Pasqua a tutti.
Vincenzo Santovito
Osservatore Civico Andriese