Perchè votare NO al Referendum
Il parere di Franco Lafaenza
domenica 27 novembre 2016
8.20
In assenza nel mio Comune - e non solo - di sedi ove poter dibattere su temi politici ed esporre liberamente le proprie idee, nella fattispecie sul prossimo Referendum costituzionale, sono costretto a chiedere cortese ospitalità alla Redazione di Canosaweb. Premetto che, dopo una lunga ed attiva militanza sindacale e politica in difesa soprattutto dei valori della democrazia e dei diritti dei lavoratori e delle classi meno abbienti, non mi è possibile tacere sugli attacchi ad essi sferrati da questo Governo. E, prima ancora di analizzare gli aspetti della riforma costituzionale sottoposta a referendum, la mia iniziale riflessione è stata: se i suoi effetti saranno simili a quelli fortemente negativi prodotti da alcune precedenti riforme volute da questo governo e approvate a suon di continui voti di fiducia (es. Job Act e Buona Scuola), essa è sicuramente da bocciare! Inoltre, la mia convinzione si è rafforzata a seguito delle posizioni, ad essa favorevoli, espresse dalla Confindustria, da Marchionne, dall'Ambasciatore degli USA, con dispregio dell'autonomia ed indipendenza dello Stato e del popolo italiano, nonchè dalla Banca J.P. Morgan, dal Financial Times e dal Wall Street Journal, rappresentanti dei grandi poteri economici e finanziari mondiali. Voglio qui ricordare che in un memorandum della Banca J.P. Morgan, pubblicato nel 2013, si afferma: "i Paesi del Sud Europa evidenziano problemi costituzionali: hanno Costituzioni adottate in seguito alla caduta del fascismo (quindi, antifasciste!), che prevedono leadership deboli, la tutela costituzionale dei lavoratori (già compromessa dal Job Act) e addirittura il diritto di protesta in caso di provvedimenti sgraditi". Inoltre, fonti autorevoli del PD hanno dichiarato che la riforma su cui si vota il 4 dicembre "è del tutto simile a quella presentata da Berlusconi nel 2006", omettendo che quella fu respinta dal popolo italiano. Pertanto, solo per tale premessa resta impossibile il giudizio positivo di chi vuole continuare a difendere la democrazia, i veri valori sociali e la non soggezione del popolo italiano ai grandi poteri economici e finanziari. Nel merito:
1. Per la propaganda governativa, amplificata da alcune TV (RAI in testa), e da certa stampa (specie confindustriale), questa riforma taglia i costi della politica. Innanzitutto, precisato che il taglio riguarda i costi della democrazia, cioè della partecipazione popolare alle scelte politiche, e non della politica (magari!), esso è irrilevante atteso che la Ragioneria Generale dello Stato ha calcolato il risparmio in 58 milioni di euro per lo stipendio dei senatori, restando integro il costo della struttura. Risparmio che impallidisce, per esempio, in raffronto ai 170 milioni spesi per l'acquisto del nuovo aereo presidenziale, ultimamente utilizzato per le tourneè di propaganda elettorale; oppure ai 100 milioni di incremento delle spese di Palazzo Chigi per l'anno in corso; oppure, ancora, agli 80 milioni impegnati per un non meglio definito "torneo di golf". I veri tagli, mai eseguiti e finora non annunciati, potevano essere fatti in tante altre direzioni come, ad esempio, gli emolumenti e i vitalizi dei ministri, sottosegretari e parlamentari, le loro scorte e relative potenti autovetture (carabinieri e polizia usano le Fiat Punto), l'eliminazione di tanti Enti inutili, non solo del CNEL, i numerosi rimborsi ai rappresentanti istituzionali anche per le attività non istituzionali, ecc.
2. La riforma accorcerebbe i tempi di approvazione delle leggi. Non vero perché, già in questa legislatura, ma anche nelle precedenti, quando c'è stato l'interesse diretto del governo, ci sono state leggi approvate nel giro di pochi giorni. Invece, con la riforma di cui si discute, i tempi di procedura - per molte leggi - si allungano, perché quelle costituzionali, elettorali e di interesse europeo restano di competenza bicamerale; le leggi fatte dalla sola Camera possono essere richiamate dal Senato entro 10 giorni; le leggi che invadono la competenza regionale devono essere esaminate anche dal Senato; le leggi di bilancio devono sempre passare all'esame del Senato con eventuali proposte di modifiche; e le leggi di conversione dei decreti legge possono essere richiamate e discusse anche dal Senato.
3.Con la riforma il potere esecutivo (il governo) sarà il padrone del calendario dei lavori parlamentari e delle relative decisioni, in quanto con l'Italicum vigente esso potrà contare sulla maggioranza assoluta dei seggi, occupati, tra l'altro, dai deputati di un unico partito, cioè quello del Presidente del Consiglio, in gran parte eletti su sua stessa designazione. Inoltre, avrà anche il controllo del comportamento delle opposizioni per effetto del regolamento attinente le medesime che la stessa legge prescrive che sia approvato dalla nuova Camera, cioè dalla maggioranza governativa.
4. Infine, il rapporto Stato-Regioni sarà quasi insignificante stante il ritorno ad un centralismo statale illimitato, e con i senatori designati dai partiti e non espressione diretta del popolo. A tal proposito, è da sottolineare che, per esempio, in materia ambientale (vedi le estrazioni petrolifere in mare) il Governo potrà decidere tutto a suo piacimento, senza tener più in alcun conto le esigenze e la volontà della Regione, né tantomeno quelle delle popolazioni interessate. In conclusione, è auspicabile che l'elettorato si rechi a votare il 4 dicembre per dire NO a questo pasticcio di riforma, per evitare un totale accentramento dei poteri nelle mani del solo governo che avrebbe, quindi, la possibilità non solo di fare leggi a proprio piacimento, ma anche di controllare la magistratura, i mezzi di comunicazione, la Corte Costituzione e il Presidente della Repubblica, realizzando così un inaccettabile modello di potere assoluto. E' evidente, quindi, che i veri democratici debbano votare NO!
Franco Lafaenza
1. Per la propaganda governativa, amplificata da alcune TV (RAI in testa), e da certa stampa (specie confindustriale), questa riforma taglia i costi della politica. Innanzitutto, precisato che il taglio riguarda i costi della democrazia, cioè della partecipazione popolare alle scelte politiche, e non della politica (magari!), esso è irrilevante atteso che la Ragioneria Generale dello Stato ha calcolato il risparmio in 58 milioni di euro per lo stipendio dei senatori, restando integro il costo della struttura. Risparmio che impallidisce, per esempio, in raffronto ai 170 milioni spesi per l'acquisto del nuovo aereo presidenziale, ultimamente utilizzato per le tourneè di propaganda elettorale; oppure ai 100 milioni di incremento delle spese di Palazzo Chigi per l'anno in corso; oppure, ancora, agli 80 milioni impegnati per un non meglio definito "torneo di golf". I veri tagli, mai eseguiti e finora non annunciati, potevano essere fatti in tante altre direzioni come, ad esempio, gli emolumenti e i vitalizi dei ministri, sottosegretari e parlamentari, le loro scorte e relative potenti autovetture (carabinieri e polizia usano le Fiat Punto), l'eliminazione di tanti Enti inutili, non solo del CNEL, i numerosi rimborsi ai rappresentanti istituzionali anche per le attività non istituzionali, ecc.
2. La riforma accorcerebbe i tempi di approvazione delle leggi. Non vero perché, già in questa legislatura, ma anche nelle precedenti, quando c'è stato l'interesse diretto del governo, ci sono state leggi approvate nel giro di pochi giorni. Invece, con la riforma di cui si discute, i tempi di procedura - per molte leggi - si allungano, perché quelle costituzionali, elettorali e di interesse europeo restano di competenza bicamerale; le leggi fatte dalla sola Camera possono essere richiamate dal Senato entro 10 giorni; le leggi che invadono la competenza regionale devono essere esaminate anche dal Senato; le leggi di bilancio devono sempre passare all'esame del Senato con eventuali proposte di modifiche; e le leggi di conversione dei decreti legge possono essere richiamate e discusse anche dal Senato.
3.Con la riforma il potere esecutivo (il governo) sarà il padrone del calendario dei lavori parlamentari e delle relative decisioni, in quanto con l'Italicum vigente esso potrà contare sulla maggioranza assoluta dei seggi, occupati, tra l'altro, dai deputati di un unico partito, cioè quello del Presidente del Consiglio, in gran parte eletti su sua stessa designazione. Inoltre, avrà anche il controllo del comportamento delle opposizioni per effetto del regolamento attinente le medesime che la stessa legge prescrive che sia approvato dalla nuova Camera, cioè dalla maggioranza governativa.
4. Infine, il rapporto Stato-Regioni sarà quasi insignificante stante il ritorno ad un centralismo statale illimitato, e con i senatori designati dai partiti e non espressione diretta del popolo. A tal proposito, è da sottolineare che, per esempio, in materia ambientale (vedi le estrazioni petrolifere in mare) il Governo potrà decidere tutto a suo piacimento, senza tener più in alcun conto le esigenze e la volontà della Regione, né tantomeno quelle delle popolazioni interessate. In conclusione, è auspicabile che l'elettorato si rechi a votare il 4 dicembre per dire NO a questo pasticcio di riforma, per evitare un totale accentramento dei poteri nelle mani del solo governo che avrebbe, quindi, la possibilità non solo di fare leggi a proprio piacimento, ma anche di controllare la magistratura, i mezzi di comunicazione, la Corte Costituzione e il Presidente della Repubblica, realizzando così un inaccettabile modello di potere assoluto. E' evidente, quindi, che i veri democratici debbano votare NO!
Franco Lafaenza