Quando l’arte diventa storia del territorio.
I maggiori pittori pugliesi dal Medioevo al XX secolo
domenica 14 dicembre 2014
8.13
Nella prima settimana di dicembre, come da programmazione culturale dell'UNITRE di Canosa di Puglia (BT) finalizzata alla conoscenza storico – culturale del nostro territorio, nonché ad una sua consapevole e fiera salvaguardia in un ambito sempre più vasto, si è tenuta la conferenza sul tema "I maggiori pittori pugliesi dal Medioevo al XX secolo" a cura del dottor Francesco Specchio, laureato in Conservazione dei Beni Culturali presso l'Università degli Studi "Suor Orsola Benincasa" di Napoli con una tesi in Storia del restauro intitolata a "Canosa la Cattedrale di San Sabino. Conservazione e restauro". Successivamente ha curato la sua formazione professionale conseguendo un master in nuove tecnologie per la valorizzazione del patrimonio culturale museale. Ha realizzato quattro pubblicazioni per i volumi "Canosa Ricerche storiche". Inoltre, scrive articoli per "Tu in Daunios", la rivista della Fondazione Archeologica Canosina di cui è socio. Con la conferenza – afferma il relatore Francesco Specchio – si è voluto dare una visione d'insieme sul panorama pittorico pugliese dal Medioevo al XX sec., analizzando in carrellata vari interpreti e descrivendone la loro vita e i loro lavori. Per secoli, l'ambiente pittorico pugliese è vissuto di luce riflessa, in posizione periferica rispetto ai principali centri artistici e culturali della penisola: Firenze, Venezia, Roma, Napoli e Milano. In confronto a queste capitali artistiche, almeno dal punto di vista pittorico, la Puglia non ha mai vantato correnti, movimenti, fenomeni pittorici, o più propriamente scuole locali che avrebbero potuto generare eventuali ed autentiche personalità. Ecco perché una possibile storia della pittura pugliese si ridurrebbe in molti casi ad essere una storia dei pittori pugliesi, contraddistinta da biografie diverse, epoche diverse, situazioni diverse, tecniche diverse.
Fino agli inizi del XX sec. il percorso di avvicinamento all'arte dei pittori pugliesi era tra di loro simile: il pittore pugliese acquisiva i primi rudimenti tecnici presso le botteghe degli artisti locali, quando ancora viveva in Puglia; successivamente egli si trasferiva a Napoli, perfezionando e completando le proprie conoscenze tecniche, presso personalità affermate o iscrivendosi all'Accademia di Belle Arti. Per molti secoli, Napoli è stata considerata il punto di riferimento artistico e culturale, a livello locale. Molti artisti pugliesi, o meridionali in genere, vedevano nella città partenopea il luogo dove, innanzitutto, si conseguiva una formazione di qualità, ma soprattutto si poteva ambire alla sperata consacrazione, allacciando contatti col pubblico che più contava, ingraziandoselo per eventuali committenze: aristocrazia, clero, corte reale. Napoli fungeva poi da trampolino di lancio; vivendo e lavorandoci, il pittore poteva ottenere quella visibilità necessaria per essere conosciuto presso le altre corti italiane (in epoca preunitaria) ed europee, com'è capitato per Corrado Giaquinto, che dalla natia Molfetta si forma a Napoli, lavorando poi anche a Roma, a Torino, a Madrid e in Portogallo. Tuttavia, non sempre Napoli (come le altre capitali artistiche, italiane ed europee) si dimostrava generosa di soddisfazioni. Nella capitale meridionale, il pittore doveva anche fare i conti con una concorrenza molto accesa e nel peggiore dei casi veniva costretto a fare le valigie e ritornarsene al proprio paese d'origine (come per il castellanese Vincenzo Fato). Nell'Ottocento, la Francia divenne il centro artistico dell'Europa e Parigi ne fu grande capitale, simbolo della grandeur. Per un qualsiasi artista era d'obbligo giungerci, osservando da vicino i grandi sviluppi della pittura, avvenuti con l'affermazione dei pittori della corrente impressionista, con la tecnica dei tocchi rapidi en plein air, a contatto col quotidiano e lontano dal chiuso dei propri studi.
Forte delle sue esperienze presso la Scuola napoletana di Resina e poi a contatto con i Macchiaioli fiorentini, Giuseppe De Nittis fu testimone di quanto stava avvenendo nella Francia di quegli anni, vedendo nascere questa corrente innovativa e di rottura verso la pittura tradizionale e retorica, imposta dai canoni prescritti dal Salon. Grazie ai suoi contatti con Degas e colleghi e al prezioso rapporto sentimentale e professionale con la moglie Leontine – a cui Barletta deve la grande collezione dei dipinti del marito, oggi esposta a Palazzo Della Marra – il pittore barlettano espresse un'arte che, dal punto di vista tecnico, sintetizzava il vedutismo napoletano, con la pittura a macchia Toscana e i tocchi rapidi parigini, consolidando sulle tele uno stile personale e guadagnandosi dalla critica il titolo di impressionista(solitamente riservato alle personalità transalpine). Poche, dunque, sono state le grandi personalità pittoriche pugliesi, ma con un contributo di grande risalto e apprezzate da colleghi e critica. Fu così per i precedenti, ma anche per un artista come il terlizzese Gaetano Paloscia, grande decoratore d'interni (conosciuto a Canosa, avendo lavorato a Palazzo Fracchiolla Minerva, Palazzo Rossi, Palazzo Caporale, Palazzo Casieri), che per il re d'Albania decorò le sale della propria villa a Scutari, o che per il presidente del Brasile Epitacio Pessoa realizzò una pittura, durante una sua visita ufficiale a Roma, nel 1931. Come sappiamo bene, l'arte è una forma di comunicazione e nel '900 anche la pubblicità si avvalse di interpreti in grado di legare la comunicazione all'estetica artistica. Tra i vari esempi, si ricorda il barese Gino Boccasile che durante il Ventennio fascista, produsse manifesti di pubblicità commerciale, ma anche di propaganda di regime.
In questa piccola carrellata di artisti e di opere, non poteva mancare un figlio di Canosa, come Luigi Liberato Buonvino, con le sue vedute cittadine, la campagna locale raffigurata insieme all'arco di Traiano, o al ponte romano, o le nature morte composte dalla nobile ceramica ellenistica locale. Conosciuto ed apprezzato artista, Buonvino decorò le pareti di Palazzo Ungaro (e del Bar Iacobone), di Palazzo Fontana, per giungere agli affreschi che egli stava eseguendo presso la Cappella della Madonna della Fonte nella Cattedrale di S.Sabino. Carriere diverse, quindi, sviluppatesi a seconda delle epoche, da cui ha derivato un contributo notevole per una Storia dell'Arte ancora poco attenta alle realtà di provincia. A parte De Nittis, o Giaquinto, i pittori pugliesi sarebbero ancora da considerare pittori "per addetti ai lavori" e non ancora pronti per essere conosciuti da un pubblico più vasto, o comunque un pubblico che non si riduca alle nostre realtà, ma che si estenda ben oltre i nostri confini regionali. Resta da tenere in considerazione il fatto che lo scenario storico artistico pugliese – pittorico in particolare – è ancora tutto da approfondire, poco sappiamo di molte altre personalità artistiche regionali, che hanno operato dal Medioevo ad oggi e poco sappiamo di botteghe locali e di eventuali seguaci, i quali avrebbero potuto determinare piccoli fenomeni artistici nel nostro territorio. Le uniche risposte le abbiamo nelle ricerche, - conclude il relatore Francesco Specchio - il solo strumento in grado di farci apprendere di più, tramite conferme, o smentite, magari riscrivendo angoli di Storia dell'Arte finora non ben approfonditi.
Fino agli inizi del XX sec. il percorso di avvicinamento all'arte dei pittori pugliesi era tra di loro simile: il pittore pugliese acquisiva i primi rudimenti tecnici presso le botteghe degli artisti locali, quando ancora viveva in Puglia; successivamente egli si trasferiva a Napoli, perfezionando e completando le proprie conoscenze tecniche, presso personalità affermate o iscrivendosi all'Accademia di Belle Arti. Per molti secoli, Napoli è stata considerata il punto di riferimento artistico e culturale, a livello locale. Molti artisti pugliesi, o meridionali in genere, vedevano nella città partenopea il luogo dove, innanzitutto, si conseguiva una formazione di qualità, ma soprattutto si poteva ambire alla sperata consacrazione, allacciando contatti col pubblico che più contava, ingraziandoselo per eventuali committenze: aristocrazia, clero, corte reale. Napoli fungeva poi da trampolino di lancio; vivendo e lavorandoci, il pittore poteva ottenere quella visibilità necessaria per essere conosciuto presso le altre corti italiane (in epoca preunitaria) ed europee, com'è capitato per Corrado Giaquinto, che dalla natia Molfetta si forma a Napoli, lavorando poi anche a Roma, a Torino, a Madrid e in Portogallo. Tuttavia, non sempre Napoli (come le altre capitali artistiche, italiane ed europee) si dimostrava generosa di soddisfazioni. Nella capitale meridionale, il pittore doveva anche fare i conti con una concorrenza molto accesa e nel peggiore dei casi veniva costretto a fare le valigie e ritornarsene al proprio paese d'origine (come per il castellanese Vincenzo Fato). Nell'Ottocento, la Francia divenne il centro artistico dell'Europa e Parigi ne fu grande capitale, simbolo della grandeur. Per un qualsiasi artista era d'obbligo giungerci, osservando da vicino i grandi sviluppi della pittura, avvenuti con l'affermazione dei pittori della corrente impressionista, con la tecnica dei tocchi rapidi en plein air, a contatto col quotidiano e lontano dal chiuso dei propri studi.
Forte delle sue esperienze presso la Scuola napoletana di Resina e poi a contatto con i Macchiaioli fiorentini, Giuseppe De Nittis fu testimone di quanto stava avvenendo nella Francia di quegli anni, vedendo nascere questa corrente innovativa e di rottura verso la pittura tradizionale e retorica, imposta dai canoni prescritti dal Salon. Grazie ai suoi contatti con Degas e colleghi e al prezioso rapporto sentimentale e professionale con la moglie Leontine – a cui Barletta deve la grande collezione dei dipinti del marito, oggi esposta a Palazzo Della Marra – il pittore barlettano espresse un'arte che, dal punto di vista tecnico, sintetizzava il vedutismo napoletano, con la pittura a macchia Toscana e i tocchi rapidi parigini, consolidando sulle tele uno stile personale e guadagnandosi dalla critica il titolo di impressionista(solitamente riservato alle personalità transalpine). Poche, dunque, sono state le grandi personalità pittoriche pugliesi, ma con un contributo di grande risalto e apprezzate da colleghi e critica. Fu così per i precedenti, ma anche per un artista come il terlizzese Gaetano Paloscia, grande decoratore d'interni (conosciuto a Canosa, avendo lavorato a Palazzo Fracchiolla Minerva, Palazzo Rossi, Palazzo Caporale, Palazzo Casieri), che per il re d'Albania decorò le sale della propria villa a Scutari, o che per il presidente del Brasile Epitacio Pessoa realizzò una pittura, durante una sua visita ufficiale a Roma, nel 1931. Come sappiamo bene, l'arte è una forma di comunicazione e nel '900 anche la pubblicità si avvalse di interpreti in grado di legare la comunicazione all'estetica artistica. Tra i vari esempi, si ricorda il barese Gino Boccasile che durante il Ventennio fascista, produsse manifesti di pubblicità commerciale, ma anche di propaganda di regime.
In questa piccola carrellata di artisti e di opere, non poteva mancare un figlio di Canosa, come Luigi Liberato Buonvino, con le sue vedute cittadine, la campagna locale raffigurata insieme all'arco di Traiano, o al ponte romano, o le nature morte composte dalla nobile ceramica ellenistica locale. Conosciuto ed apprezzato artista, Buonvino decorò le pareti di Palazzo Ungaro (e del Bar Iacobone), di Palazzo Fontana, per giungere agli affreschi che egli stava eseguendo presso la Cappella della Madonna della Fonte nella Cattedrale di S.Sabino. Carriere diverse, quindi, sviluppatesi a seconda delle epoche, da cui ha derivato un contributo notevole per una Storia dell'Arte ancora poco attenta alle realtà di provincia. A parte De Nittis, o Giaquinto, i pittori pugliesi sarebbero ancora da considerare pittori "per addetti ai lavori" e non ancora pronti per essere conosciuti da un pubblico più vasto, o comunque un pubblico che non si riduca alle nostre realtà, ma che si estenda ben oltre i nostri confini regionali. Resta da tenere in considerazione il fatto che lo scenario storico artistico pugliese – pittorico in particolare – è ancora tutto da approfondire, poco sappiamo di molte altre personalità artistiche regionali, che hanno operato dal Medioevo ad oggi e poco sappiamo di botteghe locali e di eventuali seguaci, i quali avrebbero potuto determinare piccoli fenomeni artistici nel nostro territorio. Le uniche risposte le abbiamo nelle ricerche, - conclude il relatore Francesco Specchio - il solo strumento in grado di farci apprendere di più, tramite conferme, o smentite, magari riscrivendo angoli di Storia dell'Arte finora non ben approfonditi.