Replica dell’assessore alla Cultura, Sabino Facciolongo
Alle lettere di monsignor Felice Bacco, Gianni Quinto, Giovanni Patruno
mercoledì 30 ottobre 2013
8.49
In seguito ad alcune lettere di monsignor Felice Bacco, parroco della cattedrale "San Sabino" di Canosa, dell'assessore comunale al Turismo, Gianni Quinto, dell'assessore provinciale alle Politiche scolastiche, Giovanni Patruno, relative al patrimonio storico e archeologico di Canosa (talvolta poco conosciuto) e di alcuni cittadini di Canosa, pubblicate in questi giorni sul quotidiano "La Gazzetta del Mezzogiorno", interviene l'assessore comunale alla Cultura, Sabino Facciolongo.
"Non di rado capita nella nostra Città che da una semplice segnalazione possa nascere un valido motivo di dibattito, soprattutto riguardo la tutela e la valorizzazione dei beni culturali: segno che questo è argomento sensibile per i canosini, e pertanto è un buon segno! Questa volta il via alla discussione è stato dato dall'appassionato intervento, apparso giorni fa sulle pagine della Gazzetta, a firma di monsignor Felice Bacco, parroco della Cattedrale "San Sabino" di Canosa, in cui si lamentava la scarsa conoscenza del patrimonio storico archeologico canosino da parte di curatori di mostre e tour operator della nostra regione. Alla segnalazione, nata da una sua visita al santuario di Monte Sant'Angelo, oltre che dalla lettura di una pubblicazione dell'Opera Romana Pellegrinaggi, è seguito un dibattito in cui interveniva anche l'assessore comunale al Turismo, Gianni Quinto, che, partendo dalle defaillance che monsignor Bacco lamentava, ragionava in maniera puntuale della scarsa visibilità turistica del patrimonio artistico canosino. Entrava poi nella discussione anche l'assessore provinciale Giovanni Patruno, non senza una nota polemica nei confronti della Regione Puglia. A questo punto la discussione prendeva una piega interessante, spingendomi ad esprimere anche la mia opinione in merito, dato che essa si può prestare, a mio parere, a non rimanere confinata nelle mura canosine.
Ritengo innanzitutto che i quesiti posti da monsignor Bacco andrebbero affrontati separatamente, affinché la discussione possa avere una certa utilità. Sulla questione "ori di Canosa", infatti, non si può non condividere quanto rilevato: troppo poco nota mediaticamente la provenienza canosina di molti dei reperti aurei conservati al MARTA (museo archeologico nazionale di Taranto). La lacuna è forse spiegabile con la storia travagliata del contesto archeologico di provenienza (la "Tomba degli Ori") e le circostanze del trasferimento dei suoi reperti a Taranto. Fatto sta che pur essendo registrata nelle didascalie dell'esposizione tarantina la provenienza da Canosa, forse non abbastanza vi si dice del contesto e di Canosa stessa. La stessa cosa accade ad un altro reperto canosino lì conservato: il Giove marmoreo proveniente dall'omonimo tempio canosino. Questione di scelte espositive o di utilizzazione degli spazi? Molto probabile. Resta l'impressione di un'occasione persa da parte di Taranto di offrire un servizio più completo al visitatore indirizzandolo al contesto di provenienza e la considerazione che, con queste premesse, fare politica turistica diventa più difficile per qualsiasi ente locale o organizzazione turistica che sia.
Le altre questioni poste riguardano la mancata menzione dell'ambone canosino nell'esposizione di Monte Sant'Angelo e il mancato inserimento di Canosa paleocristiana nell'itinerario turistico proposto dall'Opera Romana Pellegrinaggi. A tal proposito è appena il caso di precisare che, se in una mostra, o in una sezione della stessa, dedicata ad Acceptus non vi è menzione dell'opera canosina, unica scultura integra conosciuta del celebre scultore medievale; e se in una pubblicazione turistica che ripercorre le vie del Paleocristiano in Puglia Canosa non viene citata, per quanto mi sforzi non riesco a cogliervi una responsabilità afferente alla politica turistica. Né mi aiuta a farlo la candida giustificazione dell'Opera, secondo cui la responsabilità dell'esclusione di Canosa sia addebitabile ad una mancata segnalazione regionale. Responsabile di una pubblicazione o di una mostra è esclusivamente il redattore o il curatore, che in quanto tale ha l'onere di verificare la giustezza e completezza delle informazioni diffuse. Margini di autonomia possono esercitati nel taglio particolare da dare all'iniziativa (e nei casi di specie mi sfugge quale sia, non avendo avuto occasione di visionarle) ma nulla può giustificare una esclusione tout court senza una valida motivazione. Soprattutto quando tali esclusioni hanno un peso specifico storico di non lieve entità. Può essere questo il caso del mancato riferimento all'ambone della nostra Cattedrale, sul quale, a scanso di ogni campanilismo (sempre in agguato in siffatte riflessioni), sarebbe bastato fare una semplicissima ricerca su "Google", per ottenere una miriade di risultati: dalla bella, ancorché datata, pubblicazione di Martin Wackernagel, a quella di Alfredo Petrucci nel sito dell'Enciclopedia "Treccani", alla nota di Orlando Giuffrida, addirittura nell'ambito di una pubblicazione sull'arcivescovo sipontino Leone; senza contare le citazioni nei numerosi siti di Storia dell'Arte Medievale. E questo per citare solo i primissimi risultati di ricerca. Questione più complessa, quella relativa alla conoscenza della Canosa paleocristiana, ad oggi ancora appannaggio di studiosi e di visitatori interessati anche se notissima, ad esempio, alle soprintendenze vaticane ma non abbastanza al grande pubblico. Come si vede, dunque, le questioni poste si prestano a molti distinguo ed hanno molte spiegazioni, anche se con questo non vorrei si pensasse si voglia assolvere quanti sono preposti alla diffusione della conoscenza del nostro patrimonio dalle proprie responsabilità. Tuttavia, sapendo bene quanto scarse siano le risorse a disposizione delle politiche di tutela e valorizzazione turistica dei beni culturali, non si può non sottolineare che forse certe defaillances siano figlie di ben altri peccati originali: a volte il pressappochismo e spessissimo la volontà di fare promozione turistica "a discapito di" e non "con", secondo una logica perversa di "mercato" in cui vende di più la propria merce chi più la decanta ad alta voce., magari denigrando o rendendo poco visibile quella dell'esercizio commerciale vicino. Logica che, nel particolare segmento turistico in cui siamo inseriti, non può che essere perdente per tutti, a mio avviso. Ovvio che quasi sicuramente tale conclusione non riguardi i casi citati: essi sono stati solo il pretesto per sottolineare quello che sicuramente è un problema per la nostra Città; problema che l'Ente pubblico può al massimo contribuire a sciogliere, essendovi coinvolta una tale pluralità di soggetti da rendere nient'affatto semplice la sua risoluzione. Ed è per questo che ho difficoltà ad esemplificare attribuendo all'Ente regionale o comunale tutte le colpe, attribuendole anche ai cittadini ed ai soggetti privati. Non credo sia un'eresia affermarlo, persino in tempi di anti-politica come i nostri. Perciò, si continui a discutere su quanto la nostra città sia nota al di fuori dei confini cittadini e pugliesi. Si disquisisca circa le responsabilità che gli Enti preposti hanno in questa maggiore o minore notorietà. Ma, per favore, ognuno poi si prenda le proprie responsabilità".
ufficio stampa
Francesca Lombardi