Uffici giudiziari, Ventola scrive al ministro: «Si fermi»
Il presidente della Bat chiede alla Cancellieri di non firmare il provvedimento di chiusura delle sedi distaccate. Nell'attesa, è impensabile appesantire ulteriormente il sistema
mercoledì 4 settembre 2013
10.24
Il presidente della Provincia di Barletta Andria Trani, Francesco Ventola, scrive al ministro della giustizia Anna Maria Cancellieri, in merito alla chiusura delle sedi giudiziarie nel territorio provinciale, e chiede ufficialmente al ministro di non firmare il provvedimento.
«Nonostante i tanti tentativi – scrive Ventola - città gloriose della nostra Provincia, come Barletta e Canosa di Puglia, perderanno le loro storiche sedi giudiziarie. E' questione di ore. Per il prossimo 12 settembre, però, data di avvio concreto della riforma, alcune eccezioni sono state previste. Le sedi di Molfetta e Andria, infatti, rimarranno operative per altri 2 anni la prima e per 5 anni la seconda. Sono decisioni incomprensibili tanto più che a nulla sembra siano valsi gli appelli a riconsiderare queste scelte inappropriate. Non si capisce come possa esserci spending review quando ad essere eliminate sono le cose che funzionano, nonostante le immancabili difficoltà, mentre i tagli potrebbero essere fatti in altri modi. Che poi ci sia veramente un risparmio è tutto da dimostrare. Perciò ci si chiede: a che serve portare fino alle estreme conseguenze soluzioni non condivise da molti perché apportano solo caos e difficoltà ulteriori? Senza dire del discrimine fatto tra sedi virtuose, che subiranno la chiusura, e quelle salvate perché hanno contratto mutui. Intanto, una cosa è certa: gli unici a sopportare gli effetti negativi saranno come al solito i cittadini, personale dipendente coinvolto e tutti gli operatori del settore con aumento di costi e disagi. Ma immagino anche come possa complicarsi la vivibilità dei centri cittadini di Trani ed Andria, per non dire della ulteriore complessità che ricadrà sugli spazi disponibili e sui tempi dei singoli procedimenti».
«Purtroppo – prosegue Ventola - basta evocare genericamente il termine risparmio per ritenere invalicabile ogni decisione e campanilistica ogni avversione. Ma sarà vero risparmio per lo Stato, mentre i cittadini vedranno il loro portafoglio alleggerirsi ulteriormente? Eppure unanimi sono stati gli appelli degli amministratori locali e dello stesso presidente del tribunale di Trani per una decisione di buon senso. Ampia era stata ed è la disponibilità delle amministrazioni cittadine interessate, perché sede degli uffici distaccati, a farsi carico di oneri di funzionamento. Se si pensa, inoltre, che comunque rimarranno gli uffici del giudice di pace e, nel caso Barletta, si dovrà comunque mantenere i costi della sede per le esigenze di archivio. Siamo ad una beffa paradossale. Ho sempre ritenuto che ogni scelta vada fatta valutando gli effetti a 360 gradi. Diversamente è miope ciò che facciamo e sicuro l'insuccesso».
Per questi motivi Ventola chiede al ministro Cancellieri di non firmare il provvedimento e di porre in essere ogni iniziativa per rivedere una riforma «che oltre ad essere iniqua e ad accrescere rivalità – scrive il presidente della Bat - non consegue l'obiettivo dichiarato e sembra essere più contro qualcosa, piuttosto che a favore di visioni che vorremmo condivise e concretamente perseguibili». «Quanto al rischio di questioni di campanile – conclude Ventola - l'esempio di Molfetta ci fa pensare che valutazioni differenti sono possibili. Già la situazione attuale è complessa. Per il tribunale di Trani una soluzione organica ha bisogno di una cittadella della giustizia che risolva i problemi esistenti. Nell'attesa, è impensabile appesantire ulteriormente il sistema. Fare riforme non significa cancellare ma costruire. Da Roma non si può comprendere quali possano essere gli esiti concreti di quanto prefigurato. Per la chiusura delle sedi di Barletta, città co-capoluogo, e Canosa, non possiamo credere che le soluzioni debbano passare attraverso contenziosi tra pubbliche amministrazioni, come paventato. In tema di giustizia, sarebbe l'ulteriore ed inqualificabile paradosso».