Vola il factoring in Puglia per la crisi di Liquidità

Strumento in crescita anche per i ritardi della Pubblica Amministrazione. Il factoring è stato pensato come uno strumento troppo complicato e questo ha tenuto sempre lontano le piccole e medie imprese

sabato 16 marzo 2013 11.11
Non tutti soffrono la crisi. Da quando è iniziata la recessione, sono cresciuti gli affari di rottamatori e riciclatori di rifiuti. Anche insospettabili raccolgono gli elettrodomestici abbandonati nelle campagne o lasciati vicino ai cassonetti e li portano nelle aziende che li reinseriscono nella catena di produzione. Le banche hanno adottato questo stesso "ciclo di smaltimento", da quando i debitori hanno iniziato ad avere difficoltà nel pagamento delle fatture. Per ripulire i bilanci da queste "scorie" ci si affida sempre più spesso a società specializzate di recupero crediti che mettono sotto pressione famiglie ed imprese. Se c'è crisi di liquidità, "vola" il factoring e gli utili di queste società crescono vertiginosamente.

A rivelarlo è il Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia che ha elaborato gli ultimi dati della Banca d'Italia. Se la pubblica amministrazione ritarda nei pagamenti e i fornitori non riescono a riscuotere in tempi brevi i loro crediti, l'alternativa al fallimento è la stipula di un contratto di "factoring" con una società che si occupa di gestioni creditizie. In particolare, il factoring è un contratto attraverso il quale l'azienda-cliente cede ad una società specializzata i propri crediti, sia quelli già maturati sia quelli futuri. Oltre alla riscossione, la società garantisce una serie di servizi, a cominciare dall'anticipazione di una somma rispetto alla data d'incasso. A conti fatti, considerato il panorama rarefatto del credito, questa operazione si è rivelata un'ottima occasione di finanziamento per le imprese pugliesi. Un'occasione che in molti hanno colto. Al 30 settembre scorso, ammontavano a 532 milioni di euro tali crediti, di cui 64 milioni "pro soluto" (quando la società di factoring si accolla anche il rischio di insolvenza dell'impresa) e 468 "pro solvendo" (cioè salvo buon fine, quando anche l'azienda-cliente rischia in caso di mancato incasso). Di questi 144 milioni sono a carico delle banche e ben 388 a carico degli intermediari finanziari, autorizzati ad operare in virtù degli articoli 106 o 107. La differenza tra questi ultimi due organismi è che il 107 si occupa direttamente dei servizi di incasso, pagamento e trasferimento di fondi.

Per usufruire del factoring, si paga una commissione e, se si chiede un anticipo sulle somme da riscuotere, si devono corrispondere pure gli interessi che variano in base alle condizioni di mercato. Alla fine dell'anno scorso, i tassi d'interesse applicati dalle banche sulle nuove operazioni di prestito alle imprese risultavano più alti rispetto al passato. Questo ha permesso alle società di factoring di muoversi meglio sul mercato e di incassare di più. Inoltre, contrariamente a quanto accade nel credito, le società di factoring non valutano solo l'impresa che cede i crediti, ma anche la qualità dei crediti stessi e quindi dei debitori. I rischi che corrono sono dunque più contenuti. Ad incidere sulla crescita del factoring è stata, come si diceva, soprattutto la pubblica amministrazione che, allungando i tempi di pagamento, ha obbligato fornitori e ditte appaltanti a ricorrere a società specializzate. Pur di non rinunciare all'ossigeno della liquidità, gli imprenditori hanno preferito rinunciare ad una parte del credito atteso (per remunerare la società specializzate e pagare la relativa commissione) e recuperare, così, le somme derivanti da contratti di somministrazione, appalti, prestazioni sanitarie a carattere duraturo e a tempo indeterminato.

A lungo, il factoring è stato pensato come uno strumento troppo complicato e questo ha tenuto sempre lontano le piccole e medie imprese. Ma, dopo anni vissuti all'insegna della diffidenza e dello scetticismo, le cifre del factoring testimoniano un interesse inequivocabile e crescente. Negli ultimi mesi, infatti, i contratti sono lievitati e ci sono ancora ampi margini di sviluppo. «In un periodo di prestiti delle banche con il contagocce, tempi di pagamento dilatati e una mole di fatture da riscuotere, sempre più imprese scelgono lo strumento del factoring», spiega il presidente di Confartigianato Imprese Puglia, Francesco Sgherza. «Occorre monitorare l'effettiva applicazione e il rispetto da parte degli enti pubblici della direttiva comunitaria entrata di recente in vigore», che fissa a un massimo di trenta giorni i tempi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, «bisogna affrontare il nodo del debito pregresso e coordinare le norme esistenti con quelle sui tempi di pagamento». Per il presidente, «la crescente insolvibilità spinge le imprese a ricorrere alle società di factoring, ma le banche e gli intermediari devono ridurre le commissioni e gli interessi applicati su questo tipo di operazioni».

Analisi delle operazioni di factoring nelle sei province pugliesi:

Bari. E' la provincia che gestisce la maggiore quota delle operazioni di factoring (il 55 per cento). I crediti ammontano a 292 milioni di euro, di cui 75 a carico delle banche e 217 a carico degli intermediari.
Barletta-Andria-Trani. Sono gestiti 64 milioni di euro, di cui 26 a carico delle banche e 38 a carico degli intermediari. Rappresenta il 12 per cento.
Brindisi. E' la più piccola: gestisce meno del 3 per cento. Appena 15 milioni di euro, di cui 5 a carico delle banche e 10 a carico degli intermediari.
Foggia. Sono gestiti 57 milioni di euro, di cui 11 a carico delle banche e 46 a carico degli intermediari. Rappresenta l'11 per cento.
Lecce. Banche ed intermediari tengono in carico 59 milioni di euro, di cui 20 a carico delle banche e 39 a carico degli intermediari. Rappresenta poco più dell'11 per cento.
Taranto. Sono gestiti 45 milioni di euro, di cui 7 a carico delle banche e 38 a carico degli intermediari. Corrisponde all'8 per cento.