Cercasi disperatamente senso di appartenenza
Le riflessioni della professoressa Titti Di Nunno
venerdì 10 settembre 2021
22.39
iReport
L'estate sta finendo - cantavano i Righeira qualche tempo fa - e un anno se ne va! Proprio vero, è ormai quasi alle spalle un'altra caldissima stagione estiva nella nostra Canosa di Puglia ed anche io, come tutti, tendo ad un istintivo bilancio su ciò che la stessa sta lasciando dietro di sé. Ebbene, le mie prossime riflessioni, come tali, personalissime quanto opinabili, sono proprio la risultante di alcune analisi emerse nel più recente periodo guardandomi intorno nella mia Canosa. Tutto ha preso le mosse da quesiti che vado quotidianamente ponendo a me stessa – Perché Canosa fa ancora tanta fatica ad affermarsi rispetto a realtà urbane viciniori che ormai brillano di luce propria? Perché la stessa stenta ad affrancarsi da quella cattiva nomea che da tempo le è stata assegnata ('un paese senza futuro per le sue giovani generazioni'; 'un paese che non offre opportunità per il tempo libero'; 'un paese che non riesce ancora a valorizzare e ad ottimizzare l'immenso patrimonio archeologico di cui è dimora'; 'un paese che non è riuscito a tenersi stretto il valevole Ospedale di cui era dotato'; 'un paese sprovvisto di un efficiente sistema di pulizia urbana'; 'un paese in cui il senso civico pare sia un valore in estinzione', etc.)?
Esiste una soluzione a tali criticità? Io francamente credo di sì, credo che Canosa possa certamente rialzare la testa, possa inequivocabilmente rinascere a nuova vita e possa farlo a partire da una rinnovata consapevolezza da parte dei canosini, quella di ESSERE TUTTI PARTE DI UNA COMUNITA', la parte di un tutto che esiste in quanto esistono le sue parti, in un rapporto di costante ed imprescindibile reciprocità. Parlo di quello straordinario concetto che si riassume mirabilmente nell'espressione 'senso di appartenenza', quel sentimento di cui nel 1999 si occupava la dottoressa Rosa Amorevole, affermando quanto esso sia in grado di "rammendare la società", rammendare l'intero tessuto sociale, ricompattato proprio attraverso l'attiva e fattiva partecipazione di tutti i cittadini entro percorsi di miglioramento del benessere di tutta la comunità. Un sentimento di appartenenza che se forte e radicato ne porta con sé un altro, altrettanto funzionale a far girare a gran velocità gli ingranaggi di un qualsiasi gruppo sociale, il senso del dovere, che emerge quando siamo dentro un'entità sociale che sentiamo nostra. Proprio come la nostra abitazione, la nostra famiglia, che custodiamo, tuteliamo e preserviamo in ogni modo perché, appunto, sono nostre, CI APPARTENGONO.
Se ripartissimo da tale presupposto, vivremmo con un rinnovato sentire tutte le nostre relazioni, a cominciare dai rapporti più informali, quelli che si creano nell'interazione tra vicini di casa, un vicinato di cui tanto ci parlano i nostri nonni quando ci raccontano di quanta intensa e piacevole condivisione esistesse tra una famiglia ed un'altra all'interno di una stessa strada o addirittura di uno stesso quartiere, di quanto fosse vivo un clima di reciproca fiducia tra gli abitanti di una stessa zona del paese e di quanto questo generasse persino maggiore sicurezza e tranquillità tra gli stessi, perché gli uni sapevano di poter sempre contare sugli altri in un rapporto aperto, di mutuo soccorso, entro legami significativi, insomma un microcosmo sociale all'interno della più estesa comunità urbana.
Se ripartissimo da tale presupposto anche l'associazionismo attingerebbe nuova linfa, in quanto non sarebbe altro che un grimaldello: ogni cittadino, scegliendo l'ambito da "curare", percepirebbe questa sua adesione come un'opportunità, più che come un dovere civico, l'opportunità di mostrare apertamente il proprio ESSERE PARTE DELLA SUA COMUNITA', la sua matura identità sociale. In questo Canosa vanta già nobili quanto concreti traguardi, con numerosi cittadini che si sono messi al servizio del nostro paese, offrendo il proprio contributo attraverso forme di azione e partecipazione collettiva, spontanea o organizzata, tuttavia ritengo che se ciò ancora non sia stato sufficiente a rendere di nuovo Canosa un luogo da cui non voler andar via (io stessa, non ne faccio mistero, sono stata spesso tentata di lasciarla), è forse perché pochi la sentono davvero propria, ancora pochi avvertono una sentita e consapevole appartenenza alla comunità in cui vivono, ancora pochi sono testimoni di quel cosiddetto 'spirito di corpo' che può fare da collante ed animare legami solidali ed altruistici in qualsivoglia società, al di là di logiche individualistiche e personalistiche.
Con questi presupposti, in termini pratici cosa accadrebbe? Qualche esempio: se camminassimo per le strade di Canosa, sarebbe come se stessimo attraversando il corridoio della nostra casa, come anche, se passeggiassimo nei giardini pubblici, sarebbe come uscire a prendere una boccata d'aria sul nostro balcone o sulla nostra terrazza. Depositeremmo mai buste colme di immondizia o di materiali di risulta nel corridoio della nostra abitazione? Riempiremmo mai le fioriere del nostro terrazzo di maleodoranti cicche di sigaretta? Certamente no! E non credo affatto sia questa un'ovvietà o un semplicistico parallelismo, in quanto è ciò che accade: noncuranza e trascuratezza la fanno da padrone, come se il BENE COMUNE non fosse anche un nostro patrimonio, un PATRIMONIO DI TUTTI NOI!
Concludo citando alcuni stralci di "La canzone dell'appartenenza" di Giorgio Gaber, che secondo me rappresentano perfettamente il senso delle osservazioni di cui sopra, "tanta roba" come esclamerebbe oggi uno dei miei alunni:
L'appartenenza
Non è lo sforzo di un civile stare insieme
Non è il conforto di un normale voler bene
L'appartenenza è avere gli altri dentro di sé
L'appartenenza
Non è un insieme casuale di persone
Non è il consenso a un'apparente aggregazione
L'appartenenza è avere gli altri dentro di sé
Uomini
Uomini del mio passato
Che avete la misura del dovere
E il senso collettivo dell'amore
Io non pretendo di sembrarvi amico
Mi piace immaginare la forza
Di un culto così antico
…
L'appartenenza
È quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
Che in sé travolge ogni egoismo personale
Con quell'aria più vitale che è davvero contagiosa.
Titti Di Nunno-Professoressa
Esiste una soluzione a tali criticità? Io francamente credo di sì, credo che Canosa possa certamente rialzare la testa, possa inequivocabilmente rinascere a nuova vita e possa farlo a partire da una rinnovata consapevolezza da parte dei canosini, quella di ESSERE TUTTI PARTE DI UNA COMUNITA', la parte di un tutto che esiste in quanto esistono le sue parti, in un rapporto di costante ed imprescindibile reciprocità. Parlo di quello straordinario concetto che si riassume mirabilmente nell'espressione 'senso di appartenenza', quel sentimento di cui nel 1999 si occupava la dottoressa Rosa Amorevole, affermando quanto esso sia in grado di "rammendare la società", rammendare l'intero tessuto sociale, ricompattato proprio attraverso l'attiva e fattiva partecipazione di tutti i cittadini entro percorsi di miglioramento del benessere di tutta la comunità. Un sentimento di appartenenza che se forte e radicato ne porta con sé un altro, altrettanto funzionale a far girare a gran velocità gli ingranaggi di un qualsiasi gruppo sociale, il senso del dovere, che emerge quando siamo dentro un'entità sociale che sentiamo nostra. Proprio come la nostra abitazione, la nostra famiglia, che custodiamo, tuteliamo e preserviamo in ogni modo perché, appunto, sono nostre, CI APPARTENGONO.
Se ripartissimo da tale presupposto, vivremmo con un rinnovato sentire tutte le nostre relazioni, a cominciare dai rapporti più informali, quelli che si creano nell'interazione tra vicini di casa, un vicinato di cui tanto ci parlano i nostri nonni quando ci raccontano di quanta intensa e piacevole condivisione esistesse tra una famiglia ed un'altra all'interno di una stessa strada o addirittura di uno stesso quartiere, di quanto fosse vivo un clima di reciproca fiducia tra gli abitanti di una stessa zona del paese e di quanto questo generasse persino maggiore sicurezza e tranquillità tra gli stessi, perché gli uni sapevano di poter sempre contare sugli altri in un rapporto aperto, di mutuo soccorso, entro legami significativi, insomma un microcosmo sociale all'interno della più estesa comunità urbana.
Se ripartissimo da tale presupposto anche l'associazionismo attingerebbe nuova linfa, in quanto non sarebbe altro che un grimaldello: ogni cittadino, scegliendo l'ambito da "curare", percepirebbe questa sua adesione come un'opportunità, più che come un dovere civico, l'opportunità di mostrare apertamente il proprio ESSERE PARTE DELLA SUA COMUNITA', la sua matura identità sociale. In questo Canosa vanta già nobili quanto concreti traguardi, con numerosi cittadini che si sono messi al servizio del nostro paese, offrendo il proprio contributo attraverso forme di azione e partecipazione collettiva, spontanea o organizzata, tuttavia ritengo che se ciò ancora non sia stato sufficiente a rendere di nuovo Canosa un luogo da cui non voler andar via (io stessa, non ne faccio mistero, sono stata spesso tentata di lasciarla), è forse perché pochi la sentono davvero propria, ancora pochi avvertono una sentita e consapevole appartenenza alla comunità in cui vivono, ancora pochi sono testimoni di quel cosiddetto 'spirito di corpo' che può fare da collante ed animare legami solidali ed altruistici in qualsivoglia società, al di là di logiche individualistiche e personalistiche.
Con questi presupposti, in termini pratici cosa accadrebbe? Qualche esempio: se camminassimo per le strade di Canosa, sarebbe come se stessimo attraversando il corridoio della nostra casa, come anche, se passeggiassimo nei giardini pubblici, sarebbe come uscire a prendere una boccata d'aria sul nostro balcone o sulla nostra terrazza. Depositeremmo mai buste colme di immondizia o di materiali di risulta nel corridoio della nostra abitazione? Riempiremmo mai le fioriere del nostro terrazzo di maleodoranti cicche di sigaretta? Certamente no! E non credo affatto sia questa un'ovvietà o un semplicistico parallelismo, in quanto è ciò che accade: noncuranza e trascuratezza la fanno da padrone, come se il BENE COMUNE non fosse anche un nostro patrimonio, un PATRIMONIO DI TUTTI NOI!
Concludo citando alcuni stralci di "La canzone dell'appartenenza" di Giorgio Gaber, che secondo me rappresentano perfettamente il senso delle osservazioni di cui sopra, "tanta roba" come esclamerebbe oggi uno dei miei alunni:
L'appartenenza
Non è lo sforzo di un civile stare insieme
Non è il conforto di un normale voler bene
L'appartenenza è avere gli altri dentro di sé
L'appartenenza
Non è un insieme casuale di persone
Non è il consenso a un'apparente aggregazione
L'appartenenza è avere gli altri dentro di sé
Uomini
Uomini del mio passato
Che avete la misura del dovere
E il senso collettivo dell'amore
Io non pretendo di sembrarvi amico
Mi piace immaginare la forza
Di un culto così antico
…
L'appartenenza
È quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
Che in sé travolge ogni egoismo personale
Con quell'aria più vitale che è davvero contagiosa.
Titti Di Nunno-Professoressa