Ci scusi, Presidente!
Disamina sulla rielezione di Sergio Mattarella
domenica 30 gennaio 2022
8.27
iReport
Inutile precisare quanto sarebbe al limite del masochistico non essere contenti per la rinomina di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica. Tuttavia è un disastro politico: le forze in campo sono state di fatto incapaci di trovare una vera e propria alternativa che rappresenti l'Istituzione per eccellenza del nostro Stato. Anche con una certa impazienza, dettata evidentemente da altre "priorità": eppure, in almeno quattro occasioni su tredici, le cosiddette "chiame" sono state più di 15. Stavolta ne sono servite otto. Per riconfermare, comunque, un Presidente. Nemmeno si è cambiato tutto per non cambiare niente, citando l'amara ironia di Tomasi di Lampedusa. Insomma, è solo una massa stirata col... mattarellA.
Un palliativo: a partire da Montecitorio non si sarebbe dovuta applaudirne la rielezione. Ma non per l'ottimo Presidente (si ricorda, tra l'altro, che oltraggiarlo è un reato ai sensi dell'art. 278 c.p. con pena prevista da 1 a 5 anni di reclusione). Perché il problema "là sta". "E là rimane", poiché si ripresenterà agilmente fra 1, 2, 3... anni. Negli ultimi sette, la politica non l'ha risolto. Eppure, anche sotto pandemia, il tempo c'era.
Non si può sbrogliare comodamente (e forse anche vigliaccamente) la matassa delegando direttamente il popolo, come suggerisce improvvidamente – e con palese ignoranza della Carta dettata più dal populismo – qualche leader di partito subito assecondato. Riducendo, infatti, ai minimi termini un doveroso (quanto necessario) approfondimento di diritto costituzionale circa una simile riforma, all'interno di un clima di sfiducia nei confronti degli amministratori della res publica, è chiaro che non potrà esservi un Presidente "di tutti gli Italiani" e super partes, in quanto sarebbe espressione di una – e una sola – "linea di pensiero" e quando l'astensionismo è l'effettiva maggioranza attuale.
Mattarella, infatti, è stato costretto a rendersi disponibile per "salvare la faccia" più ai 1009 votanti (di cui 321 senatori e 630 deputati, prima della loro riduzione e apposita legge elettorale) durante un periodo critico in cui nessuno si è voluto prendere reali responsabilità sociali. Ovvero nessuno ha capacità tali (ed età) per gestirle. O, magari, qualcuno c'era: ma era sospinto da una sorta di fondata autostima. Ed è inutile piangere sui "nomi bruciati", se questi vengono tirati in ballo senza convinzione da questo o da quello.
In un mondo devoto al cinismo, invece, l'ottantenne Mattarella avrebbe rifiutato la carica con tanto di gesto volgare sfoggiato dal leggio. Nei suoi confronti, al contrario, è stato irrispettoso un simile, nuovo, coinvolgimento. Dopo che aveva sostenuto di non voler tornare, di volersi dedicare alle sue diverse "prospettive personali". Salvo trovarsi gente inginocchiata (o quasi) sotto "casa sua" e sentirsi così obbligato a tornare sui suoi passi, aspettando l'esito finale del voto.
Ma, al contrario di molti – compresi i 759 che l'hanno suffragato alle ore 20:20 del 29 gennaio 2022 –, si è dimostrato un autentico Signore. Quindi ha accettato, come da etichetta, per lo stesso senso di Stato, superiore ad ogni interesse soggettivo e appartenente ai (veri) costituenti. Nel suo brevissimo discorso di riconferma, con le parole "rispetto" e "responsabilità" contestualizzate in un momento di buio pesto della storia Repubblicana, ha zittito una classe dirigente (che dovrà, prima o poi, ritornare ad eleggere un suo successore) già umiliata dal suo elettorato.
Trattasi di cittadini sfiduciati. Ma altrettanto deboli, indifferenti, disinteressati alle dinamiche e ai fatti dello Stato. In attesa solenne più dell'acquisto della loro squadra calcistica del cuore, del Festival di Sanremo, della puntata del Grande Fratello VIP. Questione di "priorità". Proprio per questo, un voto "disperso" dato da qualche onorevole ad Alfonso Signorini non dovrebbe poi così tanto scandalizzare.
Leonardo Mangini - avvocato -
"Mi scusi, Presidente
ma questo nostro Stato
che voi rappresentate
mi sembra un po' sfasciato".
Giorgio Gaber, "Io non mi sento italiano" - 2003 [postuma].
Un palliativo: a partire da Montecitorio non si sarebbe dovuta applaudirne la rielezione. Ma non per l'ottimo Presidente (si ricorda, tra l'altro, che oltraggiarlo è un reato ai sensi dell'art. 278 c.p. con pena prevista da 1 a 5 anni di reclusione). Perché il problema "là sta". "E là rimane", poiché si ripresenterà agilmente fra 1, 2, 3... anni. Negli ultimi sette, la politica non l'ha risolto. Eppure, anche sotto pandemia, il tempo c'era.
Non si può sbrogliare comodamente (e forse anche vigliaccamente) la matassa delegando direttamente il popolo, come suggerisce improvvidamente – e con palese ignoranza della Carta dettata più dal populismo – qualche leader di partito subito assecondato. Riducendo, infatti, ai minimi termini un doveroso (quanto necessario) approfondimento di diritto costituzionale circa una simile riforma, all'interno di un clima di sfiducia nei confronti degli amministratori della res publica, è chiaro che non potrà esservi un Presidente "di tutti gli Italiani" e super partes, in quanto sarebbe espressione di una – e una sola – "linea di pensiero" e quando l'astensionismo è l'effettiva maggioranza attuale.
Mattarella, infatti, è stato costretto a rendersi disponibile per "salvare la faccia" più ai 1009 votanti (di cui 321 senatori e 630 deputati, prima della loro riduzione e apposita legge elettorale) durante un periodo critico in cui nessuno si è voluto prendere reali responsabilità sociali. Ovvero nessuno ha capacità tali (ed età) per gestirle. O, magari, qualcuno c'era: ma era sospinto da una sorta di fondata autostima. Ed è inutile piangere sui "nomi bruciati", se questi vengono tirati in ballo senza convinzione da questo o da quello.
In un mondo devoto al cinismo, invece, l'ottantenne Mattarella avrebbe rifiutato la carica con tanto di gesto volgare sfoggiato dal leggio. Nei suoi confronti, al contrario, è stato irrispettoso un simile, nuovo, coinvolgimento. Dopo che aveva sostenuto di non voler tornare, di volersi dedicare alle sue diverse "prospettive personali". Salvo trovarsi gente inginocchiata (o quasi) sotto "casa sua" e sentirsi così obbligato a tornare sui suoi passi, aspettando l'esito finale del voto.
Ma, al contrario di molti – compresi i 759 che l'hanno suffragato alle ore 20:20 del 29 gennaio 2022 –, si è dimostrato un autentico Signore. Quindi ha accettato, come da etichetta, per lo stesso senso di Stato, superiore ad ogni interesse soggettivo e appartenente ai (veri) costituenti. Nel suo brevissimo discorso di riconferma, con le parole "rispetto" e "responsabilità" contestualizzate in un momento di buio pesto della storia Repubblicana, ha zittito una classe dirigente (che dovrà, prima o poi, ritornare ad eleggere un suo successore) già umiliata dal suo elettorato.
Trattasi di cittadini sfiduciati. Ma altrettanto deboli, indifferenti, disinteressati alle dinamiche e ai fatti dello Stato. In attesa solenne più dell'acquisto della loro squadra calcistica del cuore, del Festival di Sanremo, della puntata del Grande Fratello VIP. Questione di "priorità". Proprio per questo, un voto "disperso" dato da qualche onorevole ad Alfonso Signorini non dovrebbe poi così tanto scandalizzare.
Leonardo Mangini - avvocato -
"Mi scusi, Presidente
ma questo nostro Stato
che voi rappresentate
mi sembra un po' sfasciato".
Giorgio Gaber, "Io non mi sento italiano" - 2003 [postuma].