La catastrofe nucleare sfiorata in Puglia
Una piccola grande storia da raccontare
mercoledì 17 febbraio 2021
22.25
iReport
Nelle ultime settimane si è parlato di scorie nucleari, ma l'argomento è ben più complesso. La Puglia ha una piccola grande storia da raccontare a riguardo di residui nucleari. Nell'area murgiana nel 1960, la Nato schierò nove postazioni missilistiche i cui ordigni erano armati con testate nucleari. Erano nove queste postazioni, allineate da nord-ovest a sud-est nelle campagne di Spinazzola, Gravina, Acquaviva delle Fonti, Altamura (due postazioni), Irsina, Matera, Laterza, Mottola. Tracce di quei tragici giorni rimangono nel gravinese in località Difesa Grande dove, sono ancora visibili una costruzione abbandonata e tre piattaforme rotonde in cemento armato (e giace ancora presso la Camera dei Deputati il progetto di legge n°6045 per chiedere che quel "luogo della follia atomica" divenga un 'Museo della Pace'). Complessivamente, le nove batterie potevano disporre di trenta missili Jupiter, ognuno dei quali disponeva di un potenziale distruttivo pari a cento volte la bomba sganciata su Hiroshima. La minaccia durò poco, per fortuna. Una volta passata la fase più acuta della guerra fredda e che toccò l'apice nel 1962 con la crisi dei missili di Cuba, quelle postazioni vennero smantellate.
Ciò che è quasi ignoto è che quei missili rischiarono di esplodere. Ma l'apocalisse atomica avrebbe toccato la Puglia invece che i territori posti oltre la Cortina di Ferro e contro cui quegli Jupiter erano puntati. In pratica si rischiò che quegli strumenti di morte esplodessero sul posto. Nessun tentativo di sabotaggio, nessun difetto di fabbricazione ci portò ad un passo dalla catastrofe irreversibile. Documenti desecretati nel 1996 consentono di affermare che quattro volte quei missili vennero colpiti da fulmini. La cosa più sconcertante è che nessuna precauzione era stata assunta in tal senso. Non solo, la vulnerabilità degli Jupiter ai fulmini era nota al Comitato Congiunto per l'Energia Nucleare USA, ma le gerarchie militari pur lungamente sollecitate rimasero sorde ad ogni invito a introdurre meccanismi di sicurezza.
Alla fine del 1960 funzionari di quel Comitato visitando 15 installazioni nucleari distribuite in otto nazioni furono anche in Puglia. Tornarono in patria così allarmati che a febbraio dell'anno dopo inviarono a Kennedy un resoconto segreto. Vivamente impressionato, il Presidente stanziò a luglio più di 23 miliardi di dollari per fornire gli Jupiter del sistema di sicurezza PAL, che scongiurava le esplosioni "accidentali o non autorizzate". Di tutti questi rischi il nostro Parlamento non venne mai informato. Le trattative tra governo italiano e governo USA sugli Jupiter "durarono al lungo (rigorosamente segrete) non certo per ottenere garanzie sulla sicurezza del popolo italiano – riferì l'ambientalista Giorgio Nebbia - ma per cercare di spillare più quattrini dagli americani in cambio di questa nuova servitù militare." .
Danilo Dell'Aere
Ciò che è quasi ignoto è che quei missili rischiarono di esplodere. Ma l'apocalisse atomica avrebbe toccato la Puglia invece che i territori posti oltre la Cortina di Ferro e contro cui quegli Jupiter erano puntati. In pratica si rischiò che quegli strumenti di morte esplodessero sul posto. Nessun tentativo di sabotaggio, nessun difetto di fabbricazione ci portò ad un passo dalla catastrofe irreversibile. Documenti desecretati nel 1996 consentono di affermare che quattro volte quei missili vennero colpiti da fulmini. La cosa più sconcertante è che nessuna precauzione era stata assunta in tal senso. Non solo, la vulnerabilità degli Jupiter ai fulmini era nota al Comitato Congiunto per l'Energia Nucleare USA, ma le gerarchie militari pur lungamente sollecitate rimasero sorde ad ogni invito a introdurre meccanismi di sicurezza.
Alla fine del 1960 funzionari di quel Comitato visitando 15 installazioni nucleari distribuite in otto nazioni furono anche in Puglia. Tornarono in patria così allarmati che a febbraio dell'anno dopo inviarono a Kennedy un resoconto segreto. Vivamente impressionato, il Presidente stanziò a luglio più di 23 miliardi di dollari per fornire gli Jupiter del sistema di sicurezza PAL, che scongiurava le esplosioni "accidentali o non autorizzate". Di tutti questi rischi il nostro Parlamento non venne mai informato. Le trattative tra governo italiano e governo USA sugli Jupiter "durarono al lungo (rigorosamente segrete) non certo per ottenere garanzie sulla sicurezza del popolo italiano – riferì l'ambientalista Giorgio Nebbia - ma per cercare di spillare più quattrini dagli americani in cambio di questa nuova servitù militare." .
Danilo Dell'Aere