La sfida del nuovo modello energetico nazionale
La nota del professore Riccardo Amirante
venerdì 4 marzo 2022
16.16
iReport
La dissennata invasione dell'Ucraina da parte delle armate russe sta inducendo, in queste ore tempestate da venti di guerra, nuove riflessioni relative alle politiche energetiche attuate sino ad oggi nel nostro paese. La crisi internazionale, che sta determinando molti effetti sull'economia mondiale ed in particolare sul costo delle forniture di combustibili fossili, manifesta tutta la debolezza strutturale di un sistema energetico fondato su principi completamente errati basati sulla dipendenza tecnologica (da petrolio e gas metano) e sulla dipendenza da aree territoriali limitate (paesi del Medio Oriente e Russia). Tuttavia, neppure eventi così inimmaginabili sembrano indurre a più corrette e sensate scelte energetiche. L'attuale classe dirigente del Paese (politica, media, parte delle imprese) sembra volersi orientare verso un sistema reazionario e retrogrado, che ponga al centro dell'agenda attuativa il ritorno al carbone, il rilancio del nucleare e l'aumento della produzione del gas nazionale, ricorrendo a nuove trivellazioni, GNL e programmazione di nuovi metanodotti. Tali soluzioni, al di là della loro intrinseca valenza negativa tanto per l'urgenza climatica, tanto per la natura esauribile di tali fonti, necessita di cronoprogrammi di attuazione decisamente lunghi. L'inadeguatezza di tali traiettorie si manifesta anche da un punto di vista meramente quantitativo, giacché l'auspicata riapertura di pozzi di estrazione potrebbe garantire circa 1,5 miliardi di normal metri cubi di metano in una nazione, quale l'Italia, che ne consuma annualmente circa 75 miliardi, ossia con un apporto dell'appena 2%, contro il 41% proveniente dalla Russia.
L'errore, quindi, non è il non aver realizzato nuovi ricerche prolifiche o l'aver tralasciato l'aumentato di produzione nazionale di gas, ma il non aver voluto programmare idonee politiche di investimento nelle fonti rinnovabili. L'errore si è perpetuato nell'applicare frettolosi tagli ai contributi al loro sviluppo e invece nell'aver "dimenticato" attivi alcuni piccoli e grandi privilegi concessi, sotto varia forma, all'industria dei combustibili fossili. Sembra già storia dimenticata che l'Italia, per raggiungere gli obiettivi fissati dall'Unione Europea, avrebbe dovuto realizzare, già a partire dal 2021, impianti da fonti rinnovabili per circa 8 GW ogni anno, a fronte di un deludente incremento attualmente misurato di appena 1 GW. Le politiche del governo pregne di isteriche e istintive ipotesi di miliardi di euro di aiuti a supporto di famiglie e imprese per contrastare il caro energia, a tutto discapito di investimenti in rinnovabili, rischiano solo di alimentare ancor meglio i già miliardari bilanci delle "sorelle" petrolifere, generando la possibilità di traguardare, per le stesse, nuovi profitti da record! La scelta è di natura politica, basti pensare alle reazioni della Germania che, per voce del suo ministro per l'economia e il clima Robert Habeck, ha dichiarato: "penso convintamente che la situazione attuale aiuterà la transizione verso le energie rinnovabili in Germania e in Europa, che l'accelerazione delle rinnovabili da sola consentirebbe di dimezzare le importazioni dalla Russia".
Anche in Italia, questa nuova crisi del settore energetico mondiale, potrebbe e dovrebbe traghettarci verso ipotesi molto più definitive e lungimiranti, differenziando le stesse dalle scelte del passato, grazie alle moderne tecnologie disponibili (fotovoltaico ad alta densità di potenza, eolico offshore, sistemi di biodigestione e gassificazione). Lo sforzo dovrebbe essere teso da un lato nel rendere vantaggiosi e semplici gli interventi di efficientamento energetico, dall'altro nel promuovere e favorire gli investimenti per la realizzazione di impianti per energie rinnovabili, con un approccio certamente sartoriale e differenziato a seconda delle potenzialità e della vocazione dei diversi territori. Non si tratta di attivare dei retrogradi meccanismi di autarchia nazionale, ma di evolvere verso nuovi sistemi di impiego e utilizzo delle risorse energetiche, basati su un concetto rivisitato ed ampliato delle comunità energetiche. Per far questo serve semplificazione burocratica vera e nuovi approcci verso la produzione e il consumo di energia green, riconoscendo il ruolo dei prosumer e delle comunità dell'energia come strumenti di sovranità energetica ed economica.
Riccardo Amirante – Professore ordinario di sistemi energetici del Politecnico di Bari
L'errore, quindi, non è il non aver realizzato nuovi ricerche prolifiche o l'aver tralasciato l'aumentato di produzione nazionale di gas, ma il non aver voluto programmare idonee politiche di investimento nelle fonti rinnovabili. L'errore si è perpetuato nell'applicare frettolosi tagli ai contributi al loro sviluppo e invece nell'aver "dimenticato" attivi alcuni piccoli e grandi privilegi concessi, sotto varia forma, all'industria dei combustibili fossili. Sembra già storia dimenticata che l'Italia, per raggiungere gli obiettivi fissati dall'Unione Europea, avrebbe dovuto realizzare, già a partire dal 2021, impianti da fonti rinnovabili per circa 8 GW ogni anno, a fronte di un deludente incremento attualmente misurato di appena 1 GW. Le politiche del governo pregne di isteriche e istintive ipotesi di miliardi di euro di aiuti a supporto di famiglie e imprese per contrastare il caro energia, a tutto discapito di investimenti in rinnovabili, rischiano solo di alimentare ancor meglio i già miliardari bilanci delle "sorelle" petrolifere, generando la possibilità di traguardare, per le stesse, nuovi profitti da record! La scelta è di natura politica, basti pensare alle reazioni della Germania che, per voce del suo ministro per l'economia e il clima Robert Habeck, ha dichiarato: "penso convintamente che la situazione attuale aiuterà la transizione verso le energie rinnovabili in Germania e in Europa, che l'accelerazione delle rinnovabili da sola consentirebbe di dimezzare le importazioni dalla Russia".
Anche in Italia, questa nuova crisi del settore energetico mondiale, potrebbe e dovrebbe traghettarci verso ipotesi molto più definitive e lungimiranti, differenziando le stesse dalle scelte del passato, grazie alle moderne tecnologie disponibili (fotovoltaico ad alta densità di potenza, eolico offshore, sistemi di biodigestione e gassificazione). Lo sforzo dovrebbe essere teso da un lato nel rendere vantaggiosi e semplici gli interventi di efficientamento energetico, dall'altro nel promuovere e favorire gli investimenti per la realizzazione di impianti per energie rinnovabili, con un approccio certamente sartoriale e differenziato a seconda delle potenzialità e della vocazione dei diversi territori. Non si tratta di attivare dei retrogradi meccanismi di autarchia nazionale, ma di evolvere verso nuovi sistemi di impiego e utilizzo delle risorse energetiche, basati su un concetto rivisitato ed ampliato delle comunità energetiche. Per far questo serve semplificazione burocratica vera e nuovi approcci verso la produzione e il consumo di energia green, riconoscendo il ruolo dei prosumer e delle comunità dell'energia come strumenti di sovranità energetica ed economica.
Riccardo Amirante – Professore ordinario di sistemi energetici del Politecnico di Bari