Quando si parla di rapporto tra migrazioni e paesaggio viene naturale visualizzare gli scatti fotografici di Nicola Spadafranca, che raccontano frammenti di vita raccolti nelle campagne del foggiano tra il 2006 e il 2008. Un reportage rigorosamente in bianco e nero che nel 2010 è diventato un libro dal titolo "Alla fine del Viaggio" e poi anche una mostra, ospitata in diverse città d'Italia. La Scuola di Paesaggio "Emilio Sereni" (il più grande storico del paesaggio agrario italiano) ha scelto di inserire la mostra "Alla fine del Viaggio" di Nicola Spadafranca all'interno della XVI Edizione dell'importante evento - in programma dal 27 al 31 agosto - che ruota sul tema "Paesaggi migrati" e che si pone l'obiettivo di indagare la questione migrante, profondamente centrale nel nostro tempo e l'effetto che gli spostamenti delle comunità hanno avuto sul paesaggio, ieri come oggi. La mostra è stata inaugurata martedì 27 agosto a Gattatico in provincia di Reggio Emilia, presso l'Istituto Alcide Cervi, alla presenza di Nicola Spadafranca, dottore commercialista manfredoniano classe '63, appassionato di fotografia fin da bambino, che ha scelto di donare le stampe delle fotografie esposte alla Biblioteca "Emilio Sereni".
«Tutto è iniziato, quasi per caso, nei primi mesi del 2006. Volevo fotografare il mio territorio per analizzarne il paesaggio», racconta Nicola Spadafranca , che continua: «Una domenica mattina mi sono ritrovato a fotografare un crocifisso affrescato sulla parete di un casolare, coperto in parte da fichi d'india. Alle sue spalle un grande capannone di una cooperativa agricola. In quel momento è passata una Lada con targa bulgara, perfettamente identica alla Fiat 124 di mio nonno, anche nel colore. Era piena di gente, dietro quattro donne con alcuni bambini in braccio, sorridevano, l'ho inseguita come se fosse un richiamo. In campagna, per brevi tragitti, anche mio nonno e mio zio facevano salire molte persone in macchina, era uno spasso. Di lì in poi ho iniziato a percepire una presenza sempre maggiore di "nuovi" abitanti in un territorio che era cambiato rapidamente. Ho iniziato a fare delle mappe, e a studiare il territorio in base alla nazionalità dei nuovi abitanti: rumeni, bulgari, africani. Questi ultimi a loro volta, si concentravano in zone diverse a seconda se sapevano parlare l'inglese o il francese. Ovvero se provenivano dall'Africa francofona o anglofona. A seconda se erano regolari, o meno. Ho iniziato a interloquire con loro, cercavo di farmi accettare, molto timidamente cercavo di far accettare loro la mia curiosità».
Dopo l'estate, su "L'Espresso" del 1° settembre 2006, viene pubblicato un articolo a firma di Fabrizio Gatti ("Io schiavo in Puglia") frutto di una delle prime inchieste sulla raccolta del pomodoro in Puglia, corredato da foto "quasi di circostanza", come le definisce Spadafranca. Si rafforza così la decisione di Nicola di andare a vedere e di dover "viaggiare" in luoghi a lui vicini, ma poco conosciuti, e di farlo con lo stesso spirito che il raggiungere e il percorrere mete lontanissime comporta. «Durante il "viaggio" mi sono domandato spesso cosa potesse voler dire oggi territorio, appartenere a un territorio. Mi sono ritrovato a riflettere sul senso di termini come coesione (sociale), inclusione (sociale) e quale significato potessero oggi assumere. Così, ho cercato di registrare tutto quello che la strada mi ha dato modo di incontrare, con umiltà, senza un limite di tempo, solo quello necessario al viaggio», spiega Nicola che in quei due anni ha scattato 100 rullini di pellicola, 3600 scatti, "viaggiando" per 7000 km all'interno del territorio compreso tra Manfredonia, Foggia, San Severo, Orta Nova.
La mostra che racconta "i nomadi della modernità" è dedicata non solo a tutte le lavoratrici e ai lavoratori agricoli immigrati in terra di Puglia e nel resto d'Italia, ma anche ad Alessandro Leogrande (tra i migliori scrittori, giornalisti e intellettuali italiani della sua generazione, morto prematuramente) che il 27 maggio 2010 scrisse un lungo articolo all'interno dell'inserto del Corriere della Sera "Corriere del Mezzogiorno - Puglia" sul libro fotografico "Alla fine del Viaggio", descrivendo le fotografie di Nicola con queste parole: «Sono foto di fatica e di sudore, di sfruttamento e di fame. Producono sovente un cortocircuito temporale. GIi uomini e le donne ritratti potrebbero tranquillamente appartenere ad altre epoche storiche, ad altri luoghi. Possono ricordare, nel loro essere solcati dal lavoro e dallo sfinimento, i cafoni pugliesi del secolo scorso. Oppure possono ugualmente ricordare con i loro zigomi spigolosi, le loro guance scavate, i loro occhi accesi dallo sforzo fisico i contadini poveri del Sud degli Stati Uniti ritratti da Walker Evans durante la Grande Depressione».
Per usare ancora le parole di Leogrande, le fotografie di Nicola Spadafranca come il suo libro ("Uomini e caporali - Viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud") sono il frutto di «lavori sul campo, di ricerca e di racconto, … sono parte di un processo collettivo e civile che ha reso la Puglia (o almeno una parte dei pugliesi) pienamente coscienti della profonda trasformazione che è avvenuta nelle proprie borgate agricole». La mostra "Alla fine del Viaggio" sarà visitabile fino al 1° ottobre 2024 presso l'Istituto "Alcide Cervi" di Gattatico a pochi chilometri da Reggio Emilia. |
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