Psicologi in pronto soccorso
L’intervento della dottoressa Valentina Giagulli
domenica 6 giugno 2021
13.10
iReport
Sull'importanza del ruolo degli psicologi a sostegno di tutti gli operatori dei Pronto Soccorso è intervenuta la Dottoressa Valentina Giagulli (Psicologa‐ Psicoterapeuta, Psicologa dell'Emergenza, Accredited Practitioner EMDR) : """ll Pronto Soccorso è un sistema che regge la sua funzionalità su una pluralità di operatori (medici, infermieri, ausiliari, operatori del 118, volontari), tutti con specifiche funzioni e modalità di intervento con la conseguente necessità di fornire loro supporto psicologico. Al fine di costruire un intervento efficace e continuamente oscillante, e quindi, da monitorare e rifondare continuamente, sono stati necessari dei tempi, dei passaggi e un duro lavoro su eventuali criticità nell'impostare la mia relazione con il reparto, e quindi , ad esempio cercare i modi migliori per collocarsi come figura professionale del tutto nuova all'interno di un'organizzazione caratterizzata da ruoli e funzioni ben definiti. Mi preme sottolineare come spesso si dimentichino le variabili legate al duro lavoro degli operatori sanitari, dove l'urgenza di fornire la propria professionalità al servizio degli utenti, racchiude delle variabili importanti da considerare, primo fra tutte il "fattore umano".
E' necessario tener presente l'importanza di lavorare nelle migliori condizioni possibili (turni di lavoro e giorni di riposo, consistenza del personale e spazi di confronto) e soprattutto considerare i rischi lavoro‐correlati, primo fra tutti quello di burn‐out e non per ultimo il fenomeno sempre più dilagante delle aggressioni fisiche e verbali subite dagli operatori sanitari . Le criticità espresse dagli operatori sono sicuramente influenzati dalle singole personalità ma anche dal particolare contesto di intervento, e si sono rivelati dipendere da: imprevedibilità delle situazioni che ci si trova a dover fronteggiare (patologie diverse, affluenza non programmabile); caoticità dell'ambiente (sale sovraffollate, necessità di seguire più pazienti contemporaneamente); forte coinvolgimento emotivo durante tutte le fasi dell'emergenza (arrivo in sala, trattamento rapido con azioni mirate); contatto con la morte in tutte le sue espressioni (pazienti giovani e bambini, pazienti terminali, impatto emotivo con il dolore dei familiari); tipologia dell'utenza (va citato in particolare l'innalzamento dell'età media dei pazienti; solitamente il paziente anziano ha bisogno di maggior conforto, spesso non è autonomo e va assistito anche nelle sue funzioni elementari, richiede maggior tempo ed impegno nell'approccio diagnostico e terapeutico) ‐ contatto con utenti "particolari" (alcolisti, pazienti psichiatrici, pazienti agitati); relazione con pazienti (gli operatori sono spesse volte impreparati a relazionarsi proficuamente con persone portatrici di forti compromissioni sul piano corporeo; il ricorso a meccanismi difensivi come la fuga o l'applicazione rigida ed "asettica" dei protocolli di intervento diventa così un percorso quasi obbligato) ‐ relazione con i familiari; relazione con gli altri operatori (il clima dell'equipe); aggressioni fisiche e/o verbali subite sul posto di lavoro Le reazioni emotive possibili attivate in risposta agli agenti stressanti descritti in precedenza sono: ansia da responsabilità decisionale in tempi stretti; ansia da rapporto relazionale con paziente/familiari; ansia dovuta al fatto di non poter dare risposte operative immediate ai pazienti (specialmente per i codici bianco e verde o in momenti di intasamento del servizio) ; senso di impotenza e di fallimento dopo manovre rianimatorie o trattamenti intensivi con esito infausto; sviluppo di sindrome da burn‐out con evitamento del coinvolgimento emotivo o fuga dal lavoro.
Nel corso della mia esperienza di volontariato il personale medico ha evidenziato come la presenza dello psicologo abbia contribuito a : ‐ maggior tolleranza dei tempi di attesa dei pazienti, sia in sala d'aspetto che in osservazione; ‐ miglioramento del rapporto con i parenti e i pazienti, grazie alla capacità dello psicologo di contenere emotivamente gli stessi; ‐ sostegno, in particolare nella gestione dei pazienti confusi, agitati, ansiosi e nei pazienti anziani; ‐ sostegno emotivo ai parenti nelle situazioni di criticità e di lutto avvenute in pronto soccorso, con affiancamento da parte dello psicologo nella comunicazione delle bad news. Con tali presupposti, l'intervento dello psicologo in PS troverebbe proficua applicazione nelle attività rivolte agli operatori dell'emergenza. Al fine di migliorare la comunicazione e le relazioni con gli utenti e tra colleghi, favorire la gestione delle emozioni o dello stress, lavorando sulle strategie di coping e sui fattori protettivi e fattori di rischio, sarebbe necessario utilizzare interventi operativi strutturati, quali: ‐ Incontri di gruppo con partecipazione volontaria a cadenza mensile; durante le quali consentire di poter discutere e confrontarsi su alcuni problemi legati allo svolgimento delle attività di Pronto Soccorso e sulle loro ripercussioni sul piano emotivo e relazionale. ‐ Incontri di debrefing e defusing, quali tecniche di disinnesco destinate a ridurre l'impatto di eventi fortemente traumatogeni per gli operatori ‐ Incontri di formazione su Comunicazione e Team Working ‐ Incontri di formazione su strategie di coping ‐ Supporto psicologico per gli operatori sanitari vittime di atti di violenza fisica o verbale sul luogo di lavoro Tali riscontri evidenziano ancor di più quanto l'inserimento degli psicologi in Pronto Soccorso , all'interno di un protocollo più strutturato, darebbe la possibilità di creare una rete di relazione sinergica con il personale ospedaliero e con le strutture del territorio, a garanzia di un migliore e continuativo processo di cura che accolga la sofferenza emotiva delle persone senza trascurare quella fisica, al fine di agevolare l'integrazione delle due dimensioni. Ed è di fondamentale importanza parlare di protocolli specifici di intervento definiti , per la tutela propria ed altrui, il lavoro di conoscenza di sé , che sostenga lo psicologo negli interventi che svolge, come fondamentale risulta acquisire competenze tecnico‐specifiche proprie dell'ambito dell'emergenza""".
L'associazione Culturale Puglia Bella ringrazia la dottoressa Valentina Giagulli per i preziosi interventi che illustrano chiaramente l'importanza e la necessità di questa modifica strutturale dei Pronto Soccorso: "E ribadiamo che vista l'imminente opportunità che offrirà il Recovery Plan, per il cui utilizzo il Governo dovrà varare una nuova riforma della Sanità, è una proposta realizzabile che proveremo a far arrivare sui tavoli istituzionali".
E' necessario tener presente l'importanza di lavorare nelle migliori condizioni possibili (turni di lavoro e giorni di riposo, consistenza del personale e spazi di confronto) e soprattutto considerare i rischi lavoro‐correlati, primo fra tutti quello di burn‐out e non per ultimo il fenomeno sempre più dilagante delle aggressioni fisiche e verbali subite dagli operatori sanitari . Le criticità espresse dagli operatori sono sicuramente influenzati dalle singole personalità ma anche dal particolare contesto di intervento, e si sono rivelati dipendere da: imprevedibilità delle situazioni che ci si trova a dover fronteggiare (patologie diverse, affluenza non programmabile); caoticità dell'ambiente (sale sovraffollate, necessità di seguire più pazienti contemporaneamente); forte coinvolgimento emotivo durante tutte le fasi dell'emergenza (arrivo in sala, trattamento rapido con azioni mirate); contatto con la morte in tutte le sue espressioni (pazienti giovani e bambini, pazienti terminali, impatto emotivo con il dolore dei familiari); tipologia dell'utenza (va citato in particolare l'innalzamento dell'età media dei pazienti; solitamente il paziente anziano ha bisogno di maggior conforto, spesso non è autonomo e va assistito anche nelle sue funzioni elementari, richiede maggior tempo ed impegno nell'approccio diagnostico e terapeutico) ‐ contatto con utenti "particolari" (alcolisti, pazienti psichiatrici, pazienti agitati); relazione con pazienti (gli operatori sono spesse volte impreparati a relazionarsi proficuamente con persone portatrici di forti compromissioni sul piano corporeo; il ricorso a meccanismi difensivi come la fuga o l'applicazione rigida ed "asettica" dei protocolli di intervento diventa così un percorso quasi obbligato) ‐ relazione con i familiari; relazione con gli altri operatori (il clima dell'equipe); aggressioni fisiche e/o verbali subite sul posto di lavoro Le reazioni emotive possibili attivate in risposta agli agenti stressanti descritti in precedenza sono: ansia da responsabilità decisionale in tempi stretti; ansia da rapporto relazionale con paziente/familiari; ansia dovuta al fatto di non poter dare risposte operative immediate ai pazienti (specialmente per i codici bianco e verde o in momenti di intasamento del servizio) ; senso di impotenza e di fallimento dopo manovre rianimatorie o trattamenti intensivi con esito infausto; sviluppo di sindrome da burn‐out con evitamento del coinvolgimento emotivo o fuga dal lavoro.
Nel corso della mia esperienza di volontariato il personale medico ha evidenziato come la presenza dello psicologo abbia contribuito a : ‐ maggior tolleranza dei tempi di attesa dei pazienti, sia in sala d'aspetto che in osservazione; ‐ miglioramento del rapporto con i parenti e i pazienti, grazie alla capacità dello psicologo di contenere emotivamente gli stessi; ‐ sostegno, in particolare nella gestione dei pazienti confusi, agitati, ansiosi e nei pazienti anziani; ‐ sostegno emotivo ai parenti nelle situazioni di criticità e di lutto avvenute in pronto soccorso, con affiancamento da parte dello psicologo nella comunicazione delle bad news. Con tali presupposti, l'intervento dello psicologo in PS troverebbe proficua applicazione nelle attività rivolte agli operatori dell'emergenza. Al fine di migliorare la comunicazione e le relazioni con gli utenti e tra colleghi, favorire la gestione delle emozioni o dello stress, lavorando sulle strategie di coping e sui fattori protettivi e fattori di rischio, sarebbe necessario utilizzare interventi operativi strutturati, quali: ‐ Incontri di gruppo con partecipazione volontaria a cadenza mensile; durante le quali consentire di poter discutere e confrontarsi su alcuni problemi legati allo svolgimento delle attività di Pronto Soccorso e sulle loro ripercussioni sul piano emotivo e relazionale. ‐ Incontri di debrefing e defusing, quali tecniche di disinnesco destinate a ridurre l'impatto di eventi fortemente traumatogeni per gli operatori ‐ Incontri di formazione su Comunicazione e Team Working ‐ Incontri di formazione su strategie di coping ‐ Supporto psicologico per gli operatori sanitari vittime di atti di violenza fisica o verbale sul luogo di lavoro Tali riscontri evidenziano ancor di più quanto l'inserimento degli psicologi in Pronto Soccorso , all'interno di un protocollo più strutturato, darebbe la possibilità di creare una rete di relazione sinergica con il personale ospedaliero e con le strutture del territorio, a garanzia di un migliore e continuativo processo di cura che accolga la sofferenza emotiva delle persone senza trascurare quella fisica, al fine di agevolare l'integrazione delle due dimensioni. Ed è di fondamentale importanza parlare di protocolli specifici di intervento definiti , per la tutela propria ed altrui, il lavoro di conoscenza di sé , che sostenga lo psicologo negli interventi che svolge, come fondamentale risulta acquisire competenze tecnico‐specifiche proprie dell'ambito dell'emergenza""".
L'associazione Culturale Puglia Bella ringrazia la dottoressa Valentina Giagulli per i preziosi interventi che illustrano chiaramente l'importanza e la necessità di questa modifica strutturale dei Pronto Soccorso: "E ribadiamo che vista l'imminente opportunità che offrirà il Recovery Plan, per il cui utilizzo il Governo dovrà varare una nuova riforma della Sanità, è una proposta realizzabile che proveremo a far arrivare sui tavoli istituzionali".