Cronaca
Swap e derivati, indagati 60 funzionari Banco di Napoli
Procura di Trani e Finanza scoprono un sistema fraudolento. Una complessa indagine di polizia giudiziaria
BAT - domenica 15 gennaio 2012
18.39
I militari della tenenza della Guardia di Finanza di Molfetta, al termine di una complessa indagine di polizia giudiziaria, coordinata dalla procura della Repubblica di Trani e condotta nei confronti del Banco di Napoli (gruppo Intesa San Paolo) e del Monte dei Paschi di Siena (un solo caso), hanno indagato 61 tra dirigenti e responsabili di Istituti di credito e sottoposto a sequestro contratti finanziari derivati di tipo "Interest rate swaps" per un valore di oltre 220 milioni di euro e la somma complessiva di circa 10 milioni di euro, di cui 4 milioni di euro equivalenti all'ingiusto profitto sinora percepito dagli istituti di credito e circa 6 milioni di euro relativi ai prevedibili futuri flussi derivanti dai contratti in itinere.
Gli strumenti derivati su tassi d'interesse sono contratti in cui due parti si accordano di scambiarsi reciprocamente, a scadenze prestabilite, flussi finanziari, periodici o una tantum, il cui ammontare è determinato di volta in volta, applicando i parametri di riferimento previsti dallo schema contrattuale. Essi possono essere utilizzati a fini di copertura, per fronteggiare la variabilità dei tassi di interesse sulle operazioni finanziarie, o a fini speculativi, per ottenere profitti economici. Generalmente allo swap ricorrono le imprese (ma anche gli enti pubblici) per eliminare l'incertezza di un contratto a tassi variabili. l'impresa (o l'ente) si impegna a pagare un tasso fisso e riceve un tasso variabile. la differenza la paga (o l'incassa) l'impresa.
Tuttavia, la ventilata copertura dall'eventuale rischio rialzo dei tassi di interesse mediante sottoscrizione di contratti su strumenti derivati, proposta a soggetti indebitati (cosiddetta clientela "corporate"), si rivela spesso un autentico raggiro in cui la società finisce per pagare molto più di quanto non incassi dallo scambio. Le società vengono indotte dalla propria banca a sottoscrivere contratti derivati attraverso artifizi consistenti nella mendace rappresentazione di un prodotto finanziario che consentirebbe al debitore di "proteggersi dal rialzo dei tassi".
Questo lo scenario disvelato dalle indagini condotte dalle fiamme gialle di Molfetta, che hanno interessato oltre 200 imprese operanti nella provincia di Barletta, Andria e Trani, alle quali gli istituti di credito, nel 2009 e nel 2010, avevano proposto ed in alcuni casi imposto la sottoscrizione di contratti "Interest rate swaps", descrivendoli come innocui prodotti di tipo bancario ed assicurativo idonei a proteggere la posizione debitoria dell'azienda dal rischio di rialzo dei tassi di interesse, sottacendo agli ignari sottoscrittori la vera natura speculativa delle operazioni. Il meccanismo truffaldino ordito ha finito per aggravare le condizioni finanziarie delle imprese sottoscrittrici, molte delle quali, giunte sull'orlo del fallimento, hanno denunciato tale sistema fraudolento, innescando l'intervento della Finanza e della magistratura.
Pertanto, oltre a sequestrare la somma di 4 milioni di euro che rappresenta l'illecito profitto sinora conseguito dalle banche in danno alle diverse aziende, la misura cautelare si è resa necessaria anche per evitare l'ulteriore aggravio di interessi passivi a carico delle imprese per ulteriori 6 milioni di euro, ovvero le rate che sarebbero maturate fino alla scadenza dei contratti ancora in essere.
Le condotte illecite perpetrate hanno determinato a carico di direttori e funzionari delle diverse filiali interessate l'ipotesi di reato della truffa aggravata e, a carico di alcuni di essi, anche il reato di estorsione, in quanto la sottoscrizione dei contratti derivati veniva posta quale vincolo per la concessione di mutui o finanziamenti nel frattempo chiesti dall'impresa. Inoltre è stato acclarato che taluni funzionari bancari hanno svolto di fatto l'attività di promotore finanziario pur non essendo iscritti all'albo, in violazione alle specifiche norme previste dal testo unico della Finanza. Le indagini proseguono per individuare eventuali ulteriori aspetti legati alla commercializzazione di strumenti derivati ed al loro collocamento da parte del Banco di Napoli che ha già avviato una consistente azione transattiva con i clienti danneggiati
Gli strumenti derivati su tassi d'interesse sono contratti in cui due parti si accordano di scambiarsi reciprocamente, a scadenze prestabilite, flussi finanziari, periodici o una tantum, il cui ammontare è determinato di volta in volta, applicando i parametri di riferimento previsti dallo schema contrattuale. Essi possono essere utilizzati a fini di copertura, per fronteggiare la variabilità dei tassi di interesse sulle operazioni finanziarie, o a fini speculativi, per ottenere profitti economici. Generalmente allo swap ricorrono le imprese (ma anche gli enti pubblici) per eliminare l'incertezza di un contratto a tassi variabili. l'impresa (o l'ente) si impegna a pagare un tasso fisso e riceve un tasso variabile. la differenza la paga (o l'incassa) l'impresa.
Tuttavia, la ventilata copertura dall'eventuale rischio rialzo dei tassi di interesse mediante sottoscrizione di contratti su strumenti derivati, proposta a soggetti indebitati (cosiddetta clientela "corporate"), si rivela spesso un autentico raggiro in cui la società finisce per pagare molto più di quanto non incassi dallo scambio. Le società vengono indotte dalla propria banca a sottoscrivere contratti derivati attraverso artifizi consistenti nella mendace rappresentazione di un prodotto finanziario che consentirebbe al debitore di "proteggersi dal rialzo dei tassi".
Questo lo scenario disvelato dalle indagini condotte dalle fiamme gialle di Molfetta, che hanno interessato oltre 200 imprese operanti nella provincia di Barletta, Andria e Trani, alle quali gli istituti di credito, nel 2009 e nel 2010, avevano proposto ed in alcuni casi imposto la sottoscrizione di contratti "Interest rate swaps", descrivendoli come innocui prodotti di tipo bancario ed assicurativo idonei a proteggere la posizione debitoria dell'azienda dal rischio di rialzo dei tassi di interesse, sottacendo agli ignari sottoscrittori la vera natura speculativa delle operazioni. Il meccanismo truffaldino ordito ha finito per aggravare le condizioni finanziarie delle imprese sottoscrittrici, molte delle quali, giunte sull'orlo del fallimento, hanno denunciato tale sistema fraudolento, innescando l'intervento della Finanza e della magistratura.
Pertanto, oltre a sequestrare la somma di 4 milioni di euro che rappresenta l'illecito profitto sinora conseguito dalle banche in danno alle diverse aziende, la misura cautelare si è resa necessaria anche per evitare l'ulteriore aggravio di interessi passivi a carico delle imprese per ulteriori 6 milioni di euro, ovvero le rate che sarebbero maturate fino alla scadenza dei contratti ancora in essere.
Le condotte illecite perpetrate hanno determinato a carico di direttori e funzionari delle diverse filiali interessate l'ipotesi di reato della truffa aggravata e, a carico di alcuni di essi, anche il reato di estorsione, in quanto la sottoscrizione dei contratti derivati veniva posta quale vincolo per la concessione di mutui o finanziamenti nel frattempo chiesti dall'impresa. Inoltre è stato acclarato che taluni funzionari bancari hanno svolto di fatto l'attività di promotore finanziario pur non essendo iscritti all'albo, in violazione alle specifiche norme previste dal testo unico della Finanza. Le indagini proseguono per individuare eventuali ulteriori aspetti legati alla commercializzazione di strumenti derivati ed al loro collocamento da parte del Banco di Napoli che ha già avviato una consistente azione transattiva con i clienti danneggiati