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Giovanni Di Nunno: L’ospedale di Canosa in lenta agonia

Il dott. Gorgoni d.g. dell’ASL/BAT incontra la cittadinanza. Per lunghi anni il fiore all'occhiello della nostra città

L'ospedale di Canosa di Puglia è stato per lunghi anni il fiore all'occhiello della nostra città e il prodotto-risultato della politica vecchio stampo che operava concretamente nel territorio. Per certi ambiti di operatività sanitaria assurgeva al grado di polo di eccellenza e punto di riferimento per l'intera regione Puglia. Illustri medici e professori hanno operato, curato e salvato vite in quella enorme struttura alle porte della città che oggi rischia la definitiva chiusura.

Sembrava strano che una città piccola come Canosa avesse un ospedale così importante e così funzionale. Forte della sua collocazione geografica assolutamente stategica, il locale nosocomio serve città come Minervino, Spinazzola, Margherita di Savoia, San Ferdinando e Trinitapoli; un agglomerato di paesi ofantini che, ad oggi, conta più di centomila abitanti. Nel periodo di massimo splendore arrivò a contare ben 460 posti letto, salvo poi iniziare il lento e inesorabile declino con la nascita delle ASL e con il confronto, quasi sempre perso, con i grandi centri limitrofi come Andria e Barletta. Non si poteva certo permettere a Canosa di stare un passo avanti rispetto ai vicini più ricchi, perciò si decise, gradualmente, di spostare reparti, competenze, medici e fondi sui centri (politicamente ndr) più importanti.

Dai 460 posti letto e dai luminari che operavano si è passati agli attuali 122 posti letto, alle emergenze continue di personale e alla scarsità di attrezzature che consentono all'ospedale non più che una dignitosa sopravvivenza ed un concreto rischio chiusura nei prossimi mesi.
Complice la crisi economica al livello nazionale e la cattiva gestione regionale del settore della sanità, dovuta agli sprechi senza precedenti degli ultimi decenni, le regioni non virtuose, tra cui la nostra Puglia, hanno sottoscritto con il Ministero della Salute un piano di rientro del deficit sanitario che prevede una drastica riduzione dei costi; tale riduzione sarebbe attuabile solo mediante la chiusura di reparti e di interi ospedali.
Il nostro ospedale è una delle vittime designate. Secondo la bozza del piano di riordino si passerà dagli odierni 122 posti letto a circa 58, ben al di sotto della soglia dei 70 posti letto, requisito minimo previsto dal Regolamento regionale, per piena operatività di un presidio ospedaliero.

Sono diversi mesi che si parla di questo pericolo ma sembra che la politica si sia svegliata dal suo letargo solo recentemente quando il 13 febbraio è stato fissato un consiglio comunale monotematico in cui si è parlato, timidamente, della bozza di riordino dell'ospedale con il Direttore Generale della ASL/BAT dott. Giovanni Gorgoni.
Se la politica sonnecchia svogliatamente la cittadinanza dorme beatamente. Bisogna riconoscere che solo grazie al consiglio pastorale cittadino il giorno 24 febbraio è stato organizzato un incontro presso la sala convegni della parrocchia Gesù, Giuseppe e Maria con la finalità di creare un confronto costruttivo fra la cittadinanza ed il dott. Gorgoni che gentilmente si è prestato a chiarire tutti i dubbi, ad ascoltare le richieste e a descrivere il percorso che dovrà seguire l'ospedale.

L'incontro è stato introdotto da Mons. Felice Bacco e moderato dal giornalista Antonio Bufano. La sala convegni era gremita anche se, con dispiacere, dobbiamo riportare che l'età media era di 50 anni, sintomo che i giovani non sentono il tema della salute vicino a loro, e che molti dei partecipanti erano cittadini direttamente interessati alle sorti dell'ospedale perché impiegati presso il nosocomio.
Nelle fasi iniziali dell'incontro non sono mancati i momenti di tensione e di rabbia da parte dei cittadini presenti che, presumibilmente, vedevano la chiusura dell'ospedale come un duro colpo per la loro sicurezza. Ovviamente il bersaglio privilegiato degli sfoghi era la classe politica, rea di non aver fatto quanto in suo potere per evitare il predetto ridimensionamento.

Nel suo intervento il dott. Gorgoni ha spiegato che l'ospedale di Canosa non subirà una "deospedalizzazione" anche se nella bozza di riordino è prevista la riduzione dei posti letto e la chiusura di reparti fondamentali come: Chirurgia, Cardiologia, Ostetricia, Pediatria, Anestesia e sala Rianimazione. Appare evidente anche ai non addetti ai lavori che un ospedale senza queste importanti aree di attività non ha motivo di rimanere aperto, ma l'intento è quello di salvare almeno la faccia. Il dott. Gorgoni ha esplicitato che l'intenzione della direzione è quella di trasformare l'ospedale di Canosa in un "centro a vocazione riabilitativa" in cui curare i lungodegenti e le fette più anziane della popolazione che necessitano di cure riabilitative. L'obiettivo è quello di rendere l'ospedale di Canosa punto di riferimento provinciale per questa tipologia di pazienti, abbiamo così la conferma, anche dalla direzione dell'ASL/BAT, che siamo un ottimo paese per vecchi. Verrebbe quasi da proporre un nuovo slogan per i cartelloni pubblicitari all'ingresso della città: "Benvenuti a Canosa di Puglia, invecchiate con noi!"
Rimarranno aperti sicuramente i reparti di Geriatria, Medicina Generale, Pronto Soccorso, Nefrologia ed il Centro Dialisi. Per quanto riguarda le operazioni chirurgiche saranno programmate e si effettueranno solo quelle di media complessità, per intenderci quelle che prevedono il ricovero in day hospital o al massimo di una notte. Resta da vedere quale paziente, mediamente previdente, deciderà di farsi operare in una struttura che non ha una sala rianimazione.

Discorso a parte merita la questione dei punti nascita. Ad oggi i punti nascita della provincia sono quattro: Andria, Barletta, Canosa e Bisceglie; secondo le direttive della Regione sono da ridurre a due: Andria e Barletta. Il dott. Gorgoni ha sostenuto che proverà in ogni modo a "strappare" il terzo punto nascita della provincia, peccato che questo ammirevole sforzo sarà a vantaggio dei cittadini di Bisceglie dato che il criterio da seguire, per provare a salvare il punto nascita, è quello del numero di nascite e Bisceglie, con quasi 1100 parti, ha il volume di nascite più alto dell'intera provincia; giocoforza l'impegno del direttore sarà quello di salvare i parti di Bisceglie che potrebbero migrare fuori provincia. Resta ancora ignoto il perché di questa comunicazione fatta ai cittadini di Canosa che ascoltavano inermi.

Questa palese ammissione, contornata da una sensazione di adempimento di ordini provenienti dall'alto, è stata percepita come l'ennesimo cazzotto allo stomaco di una cittadinanza delusa, arrabbiata e impotente di fronte all'ennesima ingiustizia.
La chiusura di un ospedale spaventa la cittadinanza perché le persone si sentono meno sicure, iniziano a pensare che se dovesse succedere loro qualcosa potrebbero non essere curati tempestivamente e nella peggiore delle ipotesi perdere la vita. Per non parlare dei disagi di degenti e famiglie che saranno costretti a viaggiare per assistere i propri cari.
Merita un'ulteriore sottolineatura il tema del diritto alla nascita nella propria città, diritto che noi canosini abbiamo sempre avuto e che ora ci stanno togliendo. L'idea che a Canosa non nasceranno più bambini provoca profonda tristezza. Personalmente la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la mia carta d'identità: "nato a Canosa di Puglia" e "residente a Canosa di Puglia", poi ho pensato alla carta d'identità dei nostri futuri figli, nessuno di loro nascerà più a Canosa. Alla fine, in un moto di rabbia e delusione, ho pensato che sarebbe giusto ripagare il tradimento subito cambiando anche la residenza dei nostri figli e dicendo loro un giorno, con l'amaro in bocca, che una città che non fa niente per farti nascere, non merita che la tua vita sia spesa dentro di lei.

Giovanni Di Nunno
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