Territorio
I cacciatori non devono essere criminalizzati ma tutelati
La dichiarazione del consigliere regionale di Fratelli d'Italia, Tommaso Scatigna
Puglia - giovedì 5 dicembre 2024
14.54
"Tra i cacciatori è molto sentita la necessità di discutere della possibilità di riaprire alla caccia le zone che sono state interdette a tale attività per un periodo di venti anni, in seguito a quanto stabilito dalla normativa nazionale. Il mio impegno nei confronti di questa categoria, alla quale orgogliosamente appartengo, è quello di veicolare a livello istituzionale le loro istanze, squarciando il pregiudizio che vede nei cacciatori una sorta di male assoluto. Io continuer? a stare dalla loro parte e a farlo concretamente". Lo afferma il consigliere regionale di Fratelli d'Italia, Tommaso Scatigna, che ha presentato una richiesta di audizione urgente al presidente Emiliano e all'assessore Pentassuglia in merito all'attività venatoria nelle zone interdette alla caccia in Regione Puglia.
"Infatti – spiega Scatigna - la legge n. 157/1992 (legge quadro in materia di caccia), che disciplina la gestione dell'attività venatoria a livello nazionale, prevede che le aree protette possano essere interdette alla caccia per periodi definiti, con scadenza fissata a 20 anni. Come previsto dal comma 4 dell'articolo 6 della suddetta legge, in seguito al decorso del termine stabilito, le zone dovrebbero essere oggetto di una nuova valutazione da parte delle autorità competenti, con la possibilità di revocare il divieto e consentire la ripresa dell'attività venatoria, in linea con le normative vigenti. A livello regionale – aggiunge Scatigna - la legge n. 28 del 12 dicembre 2019 della Regione Puglia, che ha recepito le disposizioni nazionali in materia di caccia e di conservazione degli habitat, prevede specifiche misure per la gestione delle aree interdette alla caccia, con l'obiettivo di promuovere un equilibrio tra la tutela ambientale e le esigenze degli operatori venatori. In considerazione del decorso del periodo di venti anni per alcune di queste aree, si ritiene fondamentale avviare un confronto per valutare le condizioni attuali e per stabilire eventuali misure che consentano il ripristino della possibilità di esercitare l'attività venatoria, nel rispetto delle leggi nazionali e regionali e della sostenibilità ecologica. Inoltre, è necessario valutare gli aggiornamenti scientifici e le eventuali nuove valutazioni ambientali che possano supportare tale processo", conclude Scatigna.
"Infatti – spiega Scatigna - la legge n. 157/1992 (legge quadro in materia di caccia), che disciplina la gestione dell'attività venatoria a livello nazionale, prevede che le aree protette possano essere interdette alla caccia per periodi definiti, con scadenza fissata a 20 anni. Come previsto dal comma 4 dell'articolo 6 della suddetta legge, in seguito al decorso del termine stabilito, le zone dovrebbero essere oggetto di una nuova valutazione da parte delle autorità competenti, con la possibilità di revocare il divieto e consentire la ripresa dell'attività venatoria, in linea con le normative vigenti. A livello regionale – aggiunge Scatigna - la legge n. 28 del 12 dicembre 2019 della Regione Puglia, che ha recepito le disposizioni nazionali in materia di caccia e di conservazione degli habitat, prevede specifiche misure per la gestione delle aree interdette alla caccia, con l'obiettivo di promuovere un equilibrio tra la tutela ambientale e le esigenze degli operatori venatori. In considerazione del decorso del periodo di venti anni per alcune di queste aree, si ritiene fondamentale avviare un confronto per valutare le condizioni attuali e per stabilire eventuali misure che consentano il ripristino della possibilità di esercitare l'attività venatoria, nel rispetto delle leggi nazionali e regionali e della sostenibilità ecologica. Inoltre, è necessario valutare gli aggiornamenti scientifici e le eventuali nuove valutazioni ambientali che possano supportare tale processo", conclude Scatigna.