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Eventi e cultura

La comunicazione e “La finestra di Overton”

Le riflessioni di Mons. Felice Bacco

Credo che a nessuno oggi sfugga l'importanza dei nuovi mezzi e strategie della comunicazione, in ogni ambito e ad ogni livello; analogamente, sono convinto che non proprio tutti sono consapevoli delle insidie e dei pericoli che il loro uso, spesso improprio, può generare, nella ricerca di una conoscenza oggettiva della realtà da cui, di conseguenza, dipende l'autenticità dei rapporti che costruiamo con gli altri. Oggi si comunica di tutto e su tutto, ma restano insoluti alcuni problemi: chi sono i comunicatori? Come sono formati? Chi giudica se una comunicazione è corretta? Come appurare la verità di una informazione? Pensiamo a quanto sta avvenendo nella comunicazione dei drammatici fatti e notizie che ci giungono dall'Ucraina! Anche davanti alle scene più tragicamente realistiche, la narrazione dei fatti e le interpretazioni spesso sono contrastanti: non bastano le telecamere attraverso le quali le immagini vengono selezionate e spesso manipolate per servire una determinata realtà; esse si accompagnano a narrazioni completamente diverse, fino a ipotizzare delle messinscene o delle montature artatamente costruite per attribuire la colpa alla parte avversaria! Le stesse ragioni addotte per giustificare l'invasione russa dei territori ucraìni, dall'essere assolutamente incomprensibili e condannabili, sono state pian piano rese condivisibili da una parte degli utenti della comunicazione, motivate da presunte ragioni di sicurezza e difesa dei confini russi, minacciati dallo strapotere della Nato e dall'indifferenza utilitaristica del resto dell'Europa. Grazie alle tante trasmissioni televisive e radiofoniche, ai dibattiti "spontanei" sui social, affollati di pensatori che sembrano discernere, senza ombra di dubbio, della politica e delle sue perverse strategie, si è passati da una condanna quasi unanime dell'invasione russa, alla sua giustificazione, adducendo ragioni di sicurezza nella difesa dei confini e dimenticando il diritto internazionale sulla sovranità dei singoli Stati.

Un altro esempio di cambio progressivo di giudizio su questioni di importanza fondamentale, si è verificato a proposito della pandemia e circa l'utilizzo dei vaccini. All'inizio dell'emergenza sanitaria, tutti, - comuni cittadini, medici, scienziati, giornalisti, - parevano condividerne la pericolosità per la salute e la necessità di mettere in campo risorse e azioni atte a fermarne la diffusione. Il virus, arrivato dalla Cina, era un mistero per tutti e tutti auspicavamo che la ricerca scientifica producesse al più presto il vaccino. Le conoscenze crebbero e con esse crebbe il dibattito pubblico: sulla legittimità delle chiusure, sulla necessità dell'uso di mascherine, sulla validità ed efficacia dei vaccini, sull'opportunità delle seconde e terze dosi, sulla somministrazione di una quarta dose a favore delle persone più fragili per età e ulteriori patologie. Abbiamo assistito ad accesi dibattiti e confronti tra scienziati, ai quali, nel frattempo, si aggiungevano opinionisti dell'ultima ora, nullafacenti, personaggi noti e meno noti dello spettacolo… fino a far passare, almeno in una parte dell'opinione pubblica, l'idea secondo la quale, in fondo, il Covid non era altro che un'influenza, anche se più insidiosa, che si era esagerato nel dargli così tanta importanza con le relative restrizioni. Addirittura, grazie ad alcuni no-vax (i neologismi fanno sempre effetto!) particolarmente "fervorosi", apparsi nei diversi dibattiti televisivi, a mio avviso in maniera sproporzionata rispetto alla loro consistenza numerica (problemi di audience?), si é arrivati ad ipotizzare che le immagini televisive, mandate in onda nelle prime settimane della diffusione del virus, che filmavano i camion militari con le salme dei morti per Covid in uscita da Bergamo, fossero state costruite artatamente per avvalorare la tesi dell'alto numero di vittime!

Sia nel caso del conflitto tra Russia e Ucraìna, che in quello della pandemia, si è verificato ciò che lo studioso americano Overton aveva dimostrato nella famosa teoria che porta proprio il suo nome, teoria e strategia oggi molto usate nella comunicazione di massa ("La finestra di Overton"): in breve, qualunque idea, sia pure assurda e balzana, può trovare una sua "finestra" di opportunità. Qualunque idea, cioè, se abilmente e progressivamente incanalata nel circuito dei media e dell'opinione pubblica, può entrare a far parte del pensiero diffuso e dominante. Idee, ipotesi e comportamenti prima inaccettabili o inimmaginabili, possono progressivamente prendere piede, senza apparenti forzature, diventando possibili e condivisibili. Qualcosa del genere, la stessa logica, segue la cosiddetta teoria del "meme" (letteralmente "imitazione"): le "idee" si diffondono da cervello a cervello per contagop. Il "meme" può essere molte cose: un'idea, una frase, un'immagine… che per la sua efficacia, per come è stata costruita, passa da un cervello all'altro, senza sottostare al vaglio della piena consapevolezza. Il "meme" si diffonde tra le persone tramite la comunicazione. Molti video e foto, che girano sul web, sono creati e diffusi ad arte dagli utenti o dalle aziende proprio perchè diventino virali e contagino le convinzioni. L'obiettivo è fare in modo che vengano condivisi, condizionando idee e opinioni.

Come difendersi e difendere le persone più fragili da queste e da altre strumentalizzazioni che "orientano" i cervelli, diffondendo notizie false (fake) create proprio per modificare l'interpretazione della realtà e condizionare l'opinione pubblica? Credo che oggi più di ieri sia urgente insistere con convinzione sulla necessità della formazione: formare alla capacità di decodificare i messaggi, di discernere con intelligenza la narrazione dei fatti rispetto alla verità oggettiva. Sicuramente gli "educatori", dai genitori agli insegnanti, quindi dalle famiglie alla scuola, passando per le comunità parrocchiali, devono condividere la responsabilità e la consapevolezza di essere innanzitutto formatori di coscienze! E per tutti la formazione è permanente! La formazione favorisce la crescita personale, culturale e sociale, che è il miglior antidoto per prevenire e smascherare le insidie delle strumentalizzazioni. Inoltre, credo che si debba insistere di più sull'etica professionale degli operatori della comunicazione, affinchè non cedano alle lusinghe dei poteri forti e alle logiche delle lobby di potere, ma siano attenti alla promozione delle persone in ragione del bene comune.
Mons. Felice Bacco- Ufficio Diocesano Comunicazioni Sociali -Andria
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