Associazioni
Latte: via libera a etichetta Made in Italy
Indicazione di origine obbligatoria
Italia - venerdì 14 ottobre 2016
16.24
Storico via libera della Unione europea alla richiesta italiana di indicazione di origine obbligatoria per il latte e i prodotti lattiero-caseari, perché sono scaduti senza obiezioni alle ore 24 del 13 ottobre i tre mesi dalla notifica previsti dal regolamento 1169/2011 quale termine per rispondere agli Stati membri che ritengono necessario adottare una nuova normativa in materia di informazioni sugli alimenti. Il provvedimento, fortemente sostenuto dalla Coldiretti, era stato annunciato dal premier Matteo Renzi e dal Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina in occasione della Giornata nazionale del latte Italiano a Milano, organizzata proprio da Coldiretti. Ben 80mila mucche da latte presenti in Puglia possono finalmente mettere la firma sulla propria produzione di latte, formaggi e yogurt - sottolinea la Coldiretti Puglia - che è garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore, grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d'Europa, ma anche ai primati conquistati a livello nazionale e comunitario con 2 DOP (canestrato pugliese e mozzarella di bufala) e 17 formaggi riconosciuti tradizionali dal MIPAAF (burrata, cacio, caciocavallo, caciocavallo podolico dauno, cacioricotta, cacioricotta caprino orsarese, caprino, giuncata, manteca, mozzarella o fior di latte, pallone di Gravina, pecorino, pecorino di Maglie, pecorino foggiano, scamorza, scamorza di pecora, vaccino). "E' un grande successo per tutto il mondo agricolo e per gli allevatori che versano in una grave situazione - dice il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele - per colpa del prezzo del latte troppo basso e delle importazioni di latte e prodotti semilavorati dall'estero, utilizzati per fare mozzarelle e formaggi spacciati per 'Made in Puglia'. L'etichettatura obbligatoria diverrà una infallibile cintura di sicurezza per i nostri allevatori che devono poter competere alla pari e per la salute dei nostri consumatori debbono poter scegliere in maniera consapevole quello che acquistano e mangiano".
L'Italia è diventata il più grande importatore di latte al mondo, con il risultato che oggi tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, ma nessuno lo sa perché finora non è stato obbligatorio riportarlo in etichetta. In Puglia a fronte dei 1.939 allevamenti che producono 3,6 milioni di quintali di latte bovino, le importazioni di latte dall'estero raggiungono i 2,7 milioni di quintali e i 35mila quintali di prodotti semi-lavorati quali cagliate, caseine, caseinati e altro, utilizzati per fare prodotti lattiero-caseari che vengono, poi, venduti come prodotti lattiero-caseari "Made in Puglia". Dalle frontiere italiane passano - sottolinea la Coldiretti - ogni giorno 24 milioni di litri di "latte equivalente" tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all'insaputa dei consumatori. "Sono riuscite a sopravvivere con grande difficoltà in Puglia - continua il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti - appena 2.700 stalle, a causa principalmente del prezzo del latte, oggi dovuta non solo alla crisi, ma anche e soprattutto a queste evidenti anomalie di mercato. Oltre all'inganno a danno dei consumatori, si tratta di concorrenza sleale nei confronti degli stessi industriali e artigiani che utilizzano esclusivamente latte locale. L'insidia alla salute dei consumatori e l'erosione della capacità di competere dei nostri allevatori e dei nostri coltivatori è dipesa finora principalmente da un fattore, dall'assenza di etichettatura obbligatoria sull'origine delle materie prime".
Il via libera comunitario riguarda - sottolinea la Coldiretti - l'indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari che dovrà essere indicata in etichetta con:
a) "paese di mungitura: nome del paese nel quale è stato munto il latte";
b) "paese di condizionamento: nome della nazione nella quale il latte è stato condizionato"
c) "paese di trasformazione: nome della nazione nella quale il latte è stato trasformato";
Qualora il latte o il latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari sia stato munto, condizionato e trasformato nello stesso paese, l'indicazione di origine può essere assolta - precisa la Coldiretti - con l'utilizzo della seguente dicitura: "origine del latte: nome del paese". Se invece le operazioni indicate avvengono nei territori di più paesi membri dell'Unione europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata possono essere utilizzate le seguenti diciture: "miscela di latte di Paesi UE" per l'operazione di mungitura, "latte condizionato in Paesi UE" per l'operazione di condizionamento, "latte trasformato in Paesi UE" per l'operazione di trasformazione. Infine, se le operazioni avvengono nel territorio di più paesi situati al di fuori dell'Unione Europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata possono essere utilizzate le seguenti diciture: "miscela di latte di Paesi non UE" per l'operazione di mungitura, "latte condizionato in Paesi non UE" per l'operazione di condizionamento, "latte trasformato in Paesi non UE" per l'operazione di trasformazione. Nell'ultimo anno - denuncia la Coldiretti - hanno addirittura superato il milione di quintali le cagliate importate dall'estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10 per cento dell'intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall'Est Europa che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità. Un chilogrammo di cagliata usata per fare formaggio sostituisce circa dieci chili di latte e la presenza non viene indicata in etichetta. Oltre ad ingannare i consumatori ciò fa concorrenza sleale nei confronti dei produttori che utilizzano esclusivamente latte fresco.
L'Italia è diventata il più grande importatore di latte al mondo, con il risultato che oggi tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, ma nessuno lo sa perché finora non è stato obbligatorio riportarlo in etichetta. In Puglia a fronte dei 1.939 allevamenti che producono 3,6 milioni di quintali di latte bovino, le importazioni di latte dall'estero raggiungono i 2,7 milioni di quintali e i 35mila quintali di prodotti semi-lavorati quali cagliate, caseine, caseinati e altro, utilizzati per fare prodotti lattiero-caseari che vengono, poi, venduti come prodotti lattiero-caseari "Made in Puglia". Dalle frontiere italiane passano - sottolinea la Coldiretti - ogni giorno 24 milioni di litri di "latte equivalente" tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all'insaputa dei consumatori. "Sono riuscite a sopravvivere con grande difficoltà in Puglia - continua il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti - appena 2.700 stalle, a causa principalmente del prezzo del latte, oggi dovuta non solo alla crisi, ma anche e soprattutto a queste evidenti anomalie di mercato. Oltre all'inganno a danno dei consumatori, si tratta di concorrenza sleale nei confronti degli stessi industriali e artigiani che utilizzano esclusivamente latte locale. L'insidia alla salute dei consumatori e l'erosione della capacità di competere dei nostri allevatori e dei nostri coltivatori è dipesa finora principalmente da un fattore, dall'assenza di etichettatura obbligatoria sull'origine delle materie prime".
Il via libera comunitario riguarda - sottolinea la Coldiretti - l'indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari che dovrà essere indicata in etichetta con:
a) "paese di mungitura: nome del paese nel quale è stato munto il latte";
b) "paese di condizionamento: nome della nazione nella quale il latte è stato condizionato"
c) "paese di trasformazione: nome della nazione nella quale il latte è stato trasformato";
Qualora il latte o il latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari sia stato munto, condizionato e trasformato nello stesso paese, l'indicazione di origine può essere assolta - precisa la Coldiretti - con l'utilizzo della seguente dicitura: "origine del latte: nome del paese". Se invece le operazioni indicate avvengono nei territori di più paesi membri dell'Unione europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata possono essere utilizzate le seguenti diciture: "miscela di latte di Paesi UE" per l'operazione di mungitura, "latte condizionato in Paesi UE" per l'operazione di condizionamento, "latte trasformato in Paesi UE" per l'operazione di trasformazione. Infine, se le operazioni avvengono nel territorio di più paesi situati al di fuori dell'Unione Europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata possono essere utilizzate le seguenti diciture: "miscela di latte di Paesi non UE" per l'operazione di mungitura, "latte condizionato in Paesi non UE" per l'operazione di condizionamento, "latte trasformato in Paesi non UE" per l'operazione di trasformazione. Nell'ultimo anno - denuncia la Coldiretti - hanno addirittura superato il milione di quintali le cagliate importate dall'estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10 per cento dell'intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall'Est Europa che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità. Un chilogrammo di cagliata usata per fare formaggio sostituisce circa dieci chili di latte e la presenza non viene indicata in etichetta. Oltre ad ingannare i consumatori ciò fa concorrenza sleale nei confronti dei produttori che utilizzano esclusivamente latte fresco.