Territorio
Le azzeruole : un frutto dimenticato
Le melette dell’orto di Pascoli e di Sabino Leone
Canosa - venerdì 8 settembre 2017
23.43
Settembre, tempo del tramonto d'estate, quando gustiamo i frutti dolci della madre terra. Ritroviamo tra le piccole cose le melette gialle dei ricordi d'infanzia, le "nazzaròle", che abbiamo evocato nel mio libro di dialettologia "Sulle vie dei ciottoli del dialetto canosino". Così raccontano ai nostri giorni, ai nostri figli, a mio figlio Davide incuriosito nelle Tecnologie Alimentari della sua Laurea a Padova. Nazzaròle (sost. f. pl.), dette in italiano "azzeruole o lazzeruole": sono melette gialle in via di estinzione, che gustavamo da bambini. Sono frutticini di sapore acidulo, con proprietà benefiche di Vitamina C e Omega-3. Il termine botanico è Crataegus azarolus, forse proveniente dall'isola di Creta in Grecia. Ѐ una rosacea, parente al Biancospino, con quattro semi a mezzaluna, che produce due varietà di bacche gialle o rosse in settembre, all'inizio dell'autunno. Troviamo il termine anche in Spagnolo: "aceròla" o ciliegia delle Barbados. La varietà dei frutti rossi è diffusa in Sicilia, mentre in Puglia ritroviamo la varietà delle melette gialle, "le nazzaròle" della nostra infanzia, un frutto dimenticato!
Nell'Archeologia letteraria del lemma ritroviamo nel 1769 il dono di un cesto di lazzeruole offerte a Ferdinando IV di Borbone, il quale concesse al donatore il bacio della sua mano destra. Ma oggi 8 settembre 2017, con Sabino Mazzarella, troviamo un cesto di azzeruole a Canosa di Puglia(BT) nel sito delle cave tufacee di Sabino Leone, nelle mani del vegliardo padre Saverio Leone, in un cesto fatto artigianalmente da un giovane di colore, Teofilo, con i rami verdi delle palme coltivate nello stesso sito. Ma il frutticino viene citato da Giovanni Pascoli nei Poemi Italici (Paulo Ucello, pittore fiorentino del 1400, cap. V, vv. 7-9):
"Oh! non voglio un podere in Cafaggiolo,
come Donato: ma un cantuccio d'orto
sì, con un pero, un melo, un azzeruolo".
Forse Sabino Leone, che ha tanta cura dell'alberello nel suo orto, si sarà ispirato alla poetica di Giovanni Pascoli, ma custodisce questo tassello della civiltà contadina dei nostri padri. Insieme gustiamo dal cesto fatto a mano questi antichi sapori delle azzeruole, che lo stesso vegliardo fruttivendolo Tonine Tomaselli di piazza Colonna chiama "azzaròle".Le abbiamo mostrate nella piazza del Municipio verso mezzogiorno al Sindaco, Roberto Morra, con il Vicesindaco Sanluca e Antonio Mosca, che le riconosce, con l'auspicio del Sindaco: "è una pianta da ripopolare!". Rifacciamo a mano i cesti e ritroviamo i frutti scomparsi, le biodiversità delle nostra terra e gustiamo le azzeruole. Non ci sarà un re a concederci il bacio della mano, ma un amico lontano a darci un abbraccio e un sorriso.
maestro Peppino Di Nunno
Nell'Archeologia letteraria del lemma ritroviamo nel 1769 il dono di un cesto di lazzeruole offerte a Ferdinando IV di Borbone, il quale concesse al donatore il bacio della sua mano destra. Ma oggi 8 settembre 2017, con Sabino Mazzarella, troviamo un cesto di azzeruole a Canosa di Puglia(BT) nel sito delle cave tufacee di Sabino Leone, nelle mani del vegliardo padre Saverio Leone, in un cesto fatto artigianalmente da un giovane di colore, Teofilo, con i rami verdi delle palme coltivate nello stesso sito. Ma il frutticino viene citato da Giovanni Pascoli nei Poemi Italici (Paulo Ucello, pittore fiorentino del 1400, cap. V, vv. 7-9):
"Oh! non voglio un podere in Cafaggiolo,
come Donato: ma un cantuccio d'orto
sì, con un pero, un melo, un azzeruolo".
Forse Sabino Leone, che ha tanta cura dell'alberello nel suo orto, si sarà ispirato alla poetica di Giovanni Pascoli, ma custodisce questo tassello della civiltà contadina dei nostri padri. Insieme gustiamo dal cesto fatto a mano questi antichi sapori delle azzeruole, che lo stesso vegliardo fruttivendolo Tonine Tomaselli di piazza Colonna chiama "azzaròle".Le abbiamo mostrate nella piazza del Municipio verso mezzogiorno al Sindaco, Roberto Morra, con il Vicesindaco Sanluca e Antonio Mosca, che le riconosce, con l'auspicio del Sindaco: "è una pianta da ripopolare!". Rifacciamo a mano i cesti e ritroviamo i frutti scomparsi, le biodiversità delle nostra terra e gustiamo le azzeruole. Non ci sarà un re a concederci il bacio della mano, ma un amico lontano a darci un abbraccio e un sorriso.
maestro Peppino Di Nunno