Amministrazioni ed Enti
Mons. Felice Bacco interviene sulla chiusura dell'Ospedale di Canosa
Un nuovo reparto che sicuramente non ha nulla da invidiare alle moderne cliniche
Canosa - mercoledì 24 febbraio 2016
13.25
Ho avuto modo di visitare qualche giorno fa, con un gruppo di sacerdoti, il nuovo Pronto Soccorso dell'ospedale di Canosa, il nuovo reparto costruito al primo piano, le relative stanze con circa venti posti letto disponibili e le sale operatorie. Alla luce di ciò che leggo e sento ormai da diversi anni, francamente pensavo che ormai l'ospedale fosse destinato alla chiusura e che i lavori di ristrutturazione in corso nei vari reparti fossero stati programmati in tempi non sospetti e perciò dovevano comunque essere realizzati (a vantaggio di chi?), ma non avrebbero cambiato il triste destino del nosocomio. Al contrario, ho visto addirittura un nuovo reparto che sicuramente non ha nulla da invidiare alle più moderne cliniche private: comode stanze da due posti dotate di efficienti servizi igienici, impianti di filodiffusione, una piccola veranda che permette al malato di trascorrere qualche ora all'aperto guardando il parco circostante, alcune attrezzature all'avanguardia, già pronte per essere utilizzate … La mia meraviglia ha lasciato il posto ad alcuni dubbi: l'ospedale di Canosa, in questo ennesimo piano di riordino ospedaliero, è destinato alla chiusura o piuttosto, anche alla luce di quello che ho avuto modo di vedere, al potenziamento?
E se nel piano di razionalizzazione delle spese sono gli sprechi che si vogliono tagliare, non è uno spreco ristrutturare, addirittura costruire, per poi decidere di chiudere? Mi dicono che l'ospedale di Andria è ormai al collasso e che non riesce a soddisfare la domanda di un territorio così popoloso: non potrebbe quello di Canosa avere, tra le altre, la funzione di supportare tali richieste? Troppo spesso si parla, per giustificare le ultime decisioni, di numeri da far quadrare, di costi da ridurre e tagliare, di posti letto da ottimizzare; in questi discorsi sembra mancare ogni riferimento alla dignità delle persone e al diritto del malato ad essere curato. Forse, se coloro che hanno la responsabilità di decidere, iniziassero ad usare un linguaggio più chiaro e cercassero, anche con salutare coraggio e maggiore fantasia, soluzioni capaci di coniugare le evidenti esigenze di conformità al dettato delle nuove disposizioni comunitarie e nazionali in materia con la necessità di dare giuste risposte ai cittadini, se la politica personale potesse fare a meno dei soliti egoistici giochi di campanile, avremmo tutti più consapevolezza della delicata posta in gioco.
Don Felice Bacco