Eventi e cultura
Mostra di solidarietà : cinquanta quadri di Abdenego
A Foggia dall’11 aprile
Puglia - domenica 8 aprile 2018
7.55
Una mostra di solidarietà dedicata a Gianni Pasquetto, in arte Abdenego (1928-2013), si terrà a Foggia dall'11 aprile al 30 giugno: cinquanta quadri dell'artista padovano, pittore e designer, saranno allestiti presso "Azimut investimenti"; il ricavato della vendita dei quadri, donati da Wanna e Nadia Pasquetto, cugine del maestro, sarà devoluto all' "Assori onlus", Associazione per la promozione socio-culturale sportivo dilettantistica e la riabilitazione dell'handicappato. L'inaugurazione della personale si terrà mercoledì 11 aprile alle ore 18.30 nella sede della banca Azimut investimenti, in via Garibaldi n.10. A presentare i quadri esposti saranno Gloria Fazia, esperta del settore culturale del Comune di Foggia, Gianfranco Piemontese, storico dell'arte, e il curatore della mostra, Giuseppe Benvenuto della "Contemporanea Galleria d'Arte" (viale Michelangelo, 65). Interverranno, inoltre, l'assessore regionale all'Agricoltura, Leonardo Di Gioia, il presidente del Consiglio comunale di Foggia, Luigi Miranda, e il presidente dell'Assori, Costanzo Mastrangelo.L'esposizione sarà visitabile dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 13.30 e dalle ore 15.30 alle ore 18.00. L'ingresso è gratuito. "E' un'occasione che permetterà di sostenere un'associazione benemerita della città di Foggia – ha dichiarato Mastrangelo – ma anche di arricchire culturalmente chi ama circondarsi di bellezza e di arte".
L'artista padovano è stato presentato per la prima volta a Foggia nella primavera del 2017, in una mostra duplice allestita nella sala Diomede del Museo civico e al Palazzetto dell'Arte. "Ad un anno di distanza, dunque, si vuol far conoscere l'arte ma anche il gesto di solidarietà fatto attraverso l'arte", ha sottolineato Mastrangelo. "Abdenego, uno dei protagonisti dell'arte contemporanea di una Italia uscita distrutta dalla seconda guerra mondiale – spiega Piemontese – è stato un artista poliedrico, autodidatta, che proveniva da una tradizione di arte applicata sui generis, qual è la sartoria, per approdare alla grafica, alla pittura e all'industrial design. Una pittura onirico, favolistica che sovente sfocia in un surrealismo che non ha nulla da invidiare a quello dei più conosciuti catalani che rispondono al nome di Dalì e Mirò. Dipinti che in alcuni casi presentano una forte dose di decorativismo che denunzia la sua primigenia arte sartoriale. Dipinti dalle eleganti figure dipinte come quelle che Erté creò per le sue coreografie parigine. Ma la pittura e la grafica di Abdenego sono anche momenti di satira alla pari delle tavole di Daumier, con chiari intenti di demistificazione e di sbeffeggiamento dei cosiddetti buoni principi che padroneggiavano e in parte ancora padroneggiano nell'odierna società. Quando ho visto le opere di Abdenego mi è sembrato di rivedere le canzoni di Fabrizio De Andrè: due modi diversi di destrutturare il perbenismo di un'Italia dove imperversava e restringeva le forme d'espressione artistica".
Nei dipinti di Abdenego ci sono "dame incipriate, minacciosi e pur ammiccanti giudici, rivisitazioni della grande arte italiana, figure che sembrano appartenere ad un mondo disfatto, scimmie dispettose più che mai antropomorfe che deridono i tempi dei cicisbei – afferma Fazia -, e su tutto vi è un'ironia amara che vede nell'inquisitore di Galileo un vero e proprio diavolo. Suggestioni storiche come la battaglia di Cascina o la condanna al rogo di Giordano Bruno, diventano l'una un gruppo di placidi bagnanti, l'altra un incisivo e puntuto giudice armato di alabarda, in un gioco colto e irriverente. E poi eleganti nature morte e città su vassoi e uccelli dai profili eleganti in nitidi paesaggi a stemperare la forza quasi caricaturale e deformante di un mondo attuale sotto le vesti settecentesche, spesso succinte, dei personaggi che animano le tele. Tutto è unificato dalla scelta dei colori tersi e brillanti che richiamano antiche cromie e che favoriscono il viaggio nell'arte colta e dissacrante di Abdenego, cui è difficile attribuire un'etichetta precisa: surrealismo, decadentismo, manierismo, riferimento all'arte classica italiana? Quel che è certo – ribadisce Fazia - è che ogni quadro ingenera attenzione e stupore nello spettatore, attratto dalla finezza dell'esecuzione e dall'intrigante ammiccamento dei temi: la magia della comunicazione tra artista e fruitore è riuscita".
Francesca Lombardi
L'artista padovano è stato presentato per la prima volta a Foggia nella primavera del 2017, in una mostra duplice allestita nella sala Diomede del Museo civico e al Palazzetto dell'Arte. "Ad un anno di distanza, dunque, si vuol far conoscere l'arte ma anche il gesto di solidarietà fatto attraverso l'arte", ha sottolineato Mastrangelo. "Abdenego, uno dei protagonisti dell'arte contemporanea di una Italia uscita distrutta dalla seconda guerra mondiale – spiega Piemontese – è stato un artista poliedrico, autodidatta, che proveniva da una tradizione di arte applicata sui generis, qual è la sartoria, per approdare alla grafica, alla pittura e all'industrial design. Una pittura onirico, favolistica che sovente sfocia in un surrealismo che non ha nulla da invidiare a quello dei più conosciuti catalani che rispondono al nome di Dalì e Mirò. Dipinti che in alcuni casi presentano una forte dose di decorativismo che denunzia la sua primigenia arte sartoriale. Dipinti dalle eleganti figure dipinte come quelle che Erté creò per le sue coreografie parigine. Ma la pittura e la grafica di Abdenego sono anche momenti di satira alla pari delle tavole di Daumier, con chiari intenti di demistificazione e di sbeffeggiamento dei cosiddetti buoni principi che padroneggiavano e in parte ancora padroneggiano nell'odierna società. Quando ho visto le opere di Abdenego mi è sembrato di rivedere le canzoni di Fabrizio De Andrè: due modi diversi di destrutturare il perbenismo di un'Italia dove imperversava e restringeva le forme d'espressione artistica".
Nei dipinti di Abdenego ci sono "dame incipriate, minacciosi e pur ammiccanti giudici, rivisitazioni della grande arte italiana, figure che sembrano appartenere ad un mondo disfatto, scimmie dispettose più che mai antropomorfe che deridono i tempi dei cicisbei – afferma Fazia -, e su tutto vi è un'ironia amara che vede nell'inquisitore di Galileo un vero e proprio diavolo. Suggestioni storiche come la battaglia di Cascina o la condanna al rogo di Giordano Bruno, diventano l'una un gruppo di placidi bagnanti, l'altra un incisivo e puntuto giudice armato di alabarda, in un gioco colto e irriverente. E poi eleganti nature morte e città su vassoi e uccelli dai profili eleganti in nitidi paesaggi a stemperare la forza quasi caricaturale e deformante di un mondo attuale sotto le vesti settecentesche, spesso succinte, dei personaggi che animano le tele. Tutto è unificato dalla scelta dei colori tersi e brillanti che richiamano antiche cromie e che favoriscono il viaggio nell'arte colta e dissacrante di Abdenego, cui è difficile attribuire un'etichetta precisa: surrealismo, decadentismo, manierismo, riferimento all'arte classica italiana? Quel che è certo – ribadisce Fazia - è che ogni quadro ingenera attenzione e stupore nello spettatore, attratto dalla finezza dell'esecuzione e dall'intrigante ammiccamento dei temi: la magia della comunicazione tra artista e fruitore è riuscita".
Francesca Lombardi