Ospedale Canosa
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Amministrazioni ed Enti

No ad ogni soluzione che metta a repentaglio la salute dei cittadini

Sul nuovo riordino ospedaliero interviene La Salvia

"Si metta al centro delle attenzioni l'ammalato e si ragioni sulle sue necessità. Ci opporremo con i modi della democrazia partecipata ad ogni soluzione che metta a repentaglio la salute dei cittadini". Sono le parole del sindaco di Canosa, Ernesto La Salvia, in seguito alla presentazione in Regione Puglia delle linee di costruzione della nuova rete ospedaliera pugliese che saranno vagliate nei prossimi giorni dalla politica e dalle parti sociali. "Ieri – dichiara il primo cittadino - è stato ascoltato nella sala del Consiglio regionale il dott. Giovanni Gorgoni, super esperto del servizio sanitario regionale ed ex direttore generale della ASL BAT. E, dalla parte della sala divisa con un vetro da quelli che "hanno peso" nelle decisioni che contano, tra i giornalisti ed i direttori generali attoniti, c'era il sindaco di Canosa, alla disperata ricerca di conferme, positive o no che fossero, ma che fossero autorevoli e non il solito chiacchiericcio di chi sa tutto perchè "lo ha detto qualcuno". Dati e statistiche dotte ed ineccepibili: la sanità costa l'86% del bilancio regionale e Roma impone regole ferree ma condivisibili: non si spenda un euro in più, non si rimuova un solo posto letto, migliori la qualità dei servizi. Ineccepibile! Ciò nonostante tutti gli ospedali costano 2 volte quel che producono come servizi: se fossero scarpe, costerebbe alla ditta 66 euro la scarpa che vende a 33 euro. Un fallimento! Non per il privato, che ha costi inferiori e che paga il personale la metà del pubblico. A proposito: il personale costa il 55% dell'intera spesa e stando a ciò che produce .... deducete voi! Bisognerà rientrare dall'eccesso di spesa accorpando quindi i letti ed i dipendenti perchè ci dicono che aumentare i dipendenti (senza assumerne altri!) è la via maestra all'efficienza ed alla produttività.

A Canosa c'è un Ospedale, spesso snobbato dai Canosini che in parte sono convinti sia già chiuso, che è plesso in realtà del vicino ospedale andriese. E che continua a macinare prestazioni e ricoveri. I posti letto, hanno detto, devono essere accorpati in modo da ridurre i costi, e portandosi dietro il personale avremmo divisioni più grandi con addetti più numerosi; se capisco bene: porteremmo ad Andria reparti e personale così migliora l'assistenza e la qualità delle cure. Ma dove li mettiamo? Ma forse non parlavano di Canosa (in realtà non c'era il nome di nessuno dei 9 ospedali da chiudere e comunque Gorgoni ha affermato "decideremo come fare, sapendo che, come in Piemonte, saremo costretti a rifare il piano più volte per adeguarlo").

E la definizione dei dipartimenti di emergenza? Uno nella BAT, di 1° livello e con 240 posti: ma questo è già Barletta, pare di capire. Già perché Andria "caput mundi" ne ha solo 161 attivati a fronte degli almeno 220 richiesti (per non parlare delle specialità). E per garantire un numero di posti per acuti, pari alla metà della media nazionale, "utilizza" Canosa, apparente zavorra in questo mare di spesa pubblica sciupata, con i suoi oltre 50 posti letto circa (occupati costantemente anche da malati andriesi oltre che dell'intera Bat). Perché ad Andria non c'è più spazio! Ed a Canosa, invece, sono appena stati consegnati reparti nuovi ed a standard (2 posti letto con bagno in camera etc.) costati milioni di euro alla collettività. Dove essere curati, rispetto al circondario, è almeno più decoroso e forse anche più dignitoso. Ma gli economisti non sono pagati per saper di decoro o dignità.

Ancora: gli ospedali di base? Avranno circa 80 posti letto e senza le ginecologie (che dovranno avere oltre 1000 parti almeno!) e saranno 2 in questa provincia, con un bacino di circa 80-150.000 residenti. Non mi chiedete quali: immagino Bisceglie e Andria viste le premesse. Ma se i posti devono rimanere numericamente uguali, i 700 posti circa degli ospedali provinciali saranno travasati a Barletta, al netto dei 200 rimasti ad Andria e Bisceglie. Mi auguro ci sia lo spazio! E spero di svegliarmi presto da un incubo fatto di incertezze e visioni, nei fatti tanto irrealizzabili, da apparire deliranti. Non ci può essere riordino senza nuovi contenitori, senza una visione che finalmente non solo racconti ma realizzi alternative territoriali. Brunetta ci ha insegnato che la colpa di tutto è del dipendente fannullone (sembra il copione di un film di Zalone), pagato con tredici mensilità per godere di ogni garanzia, dalla 104 al congedo parentale per allattamento dei padri. Ma questa distorsione distrae dall'unico oggetto di interesse del Servizio sanitario nazionale: il paziente ed i bisogni della collettività. Quando una ditta non investe per migliorarsi sapendo delle spese che sopporta e non avendo commesse o chiude o fa debiti per riqualificarsi. Questa sanità, che chiude inseguendo lo spendere meno ma che non aggiorna locali e macchine, si costringe a buttare via denaro senza raggiungere l'obiettivo. Infermieri e medici, a Canosa, aspettano solo di sentirsi dire che "da domani si chiude tutto e si va a lavorare a ..." dove? In quali spazi? E con quali letti? E con quali servizi? Non c'è risposta. A chi dice che deve essere la politica a difendere i territori, ricordo che stare seduti aspettando di proferire improperi contro i "responsabili di non aver impedito" vuol dire "sputare in cielo". Questa città, infatti, anche questa volta delega, senza scomporsi più di tanto, ricordandosi forse che l'ospedale che dicevano fosse già chiuso in realtà fornisce ancora prestazioni e risponde alla richiesta di salute della gente.

In conclusione: ritengo inapplicabile, almeno alla nostra latitudine, quanto proposto ieri, senza nuovi edifici capaci di razionalizzare l'offerta sanitaria e la dotazione di personale. Ci opporremo con i modi della democrazia partecipata ad ogni soluzione che metta a repentaglio la salute dei cittadini: chiudere reparti sarà possibile solo riducendo i letti totali ed abbassando ulteriormente quell'1.7 posti per mille residenti. Impossibile. Si inizi a spendere per il territorio, che se potenziato avrà bisogno di addetti (e dove li prenderemo?) non facendo finta che gli ospedali non suppliscano anche alle carenze di base. Si taglino gli sprechi con modalità che non siano i semplicistici tagli alla spesa ma la razionalizzazione della stessa; si controllino i professionisti che fanno del pubblico piccole oasi private nelle quali far confluire pazienti visti in ambulatori esterni e non sempre noti. Si impegnino i sindacati a proteggere i lavoratori perseguendo i fannulloni che "esentati da tutto" impongono assunzioni per compensare l'inefficienza. Si favorisca il ricambio generazionale vista l'età media dei dipendenti: i giovani sono efficienti e preparati, non stanchi e delusi oltre che "professionalmente ammalati". La strada per il rientro è lunga ma l'indicazione sul cartello che indica la direzione da prendere deve essere una sola: "ammalato". Si metta al centro delle attenzioni l'utente e si ragioni sulle sue necessità: le regole, per il resto, sono in funzione dell'obbiettivo. Non in contrario, dott. Gorgoni".
Ufficio Stampa -Francesca Lombardi
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