Questo non è amore Polizia
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Eventi e cultura

...Questo non è amore

L’impegno della Polizia di Stato contro la violenza di genere

"La violenza di genere è un crimine odioso che trova il proprio humus nella discriminazione, nella negazione della ragione e del rispetto. Una problematica di civiltà che, prima ancora di un'azione di polizia, richiede una crescita culturale. E' una tematica complessa che rimanda ad un impegno corale. Gli esperti parlano di approccio olistico, capace di coinvolgere tutti gli attori sociali, dalle Istituzioni, alla scuola, alla famiglia". La dichiarazione rilasciata dal Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Franco Gabrielli, in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Un dolore sommerso, anni di violenze fisiche e psicologiche, ricatti e minacce di ogni genere. Questa è la condizione con cui si confrontano le donne e gli uomini della Polizia di Stato quando intervengono in casi di violenza di genere. Oggi, nel giorno in cui si celebra Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne viene lanciato un messaggio di fiducia e speranza raccontando quanto è stato fatto e quanto, ogni giorno, la Polizia di Stato fa per raggiungere questo risultato. Il percorso, che ha portato al riconoscimento del fenomeno della violenza di genere come un problema "per le donne" e non "delle donne", è stato lungo e non privo di ostacoli. Un ruolo spesso decisivo lo hanno avuto le comunità. È importante in primis che la donna si senta protetta nel contesto in cui vive. Solo così non avrà paura di denunciare.

La Polizia di Stato, come ha sottolineato il capo della Polizia Franco Gabrielli nel presentare l'edizione del progetto "...Questo non è amore": "Ha iniziato un percorso di specializza­zione negli anni '90, fino a diventare, con i propri uffici e servizi, il terminale di tutta quella necessaria e doverosa attività di prevenzione e di contrasto dei reati di violenza di genere". Oggi, nell'azione di contrasto, un ruolo fondamentale viene svolto dalle Squadre mobili delle questure, che sono dotate di Sezioni specializzate nelle indagini riguardanti i reati in danno di minori, le violenze sessuali, gli abusi e i maltrattamenti contro le donne, e dalle Divisioni anticrimine che curano i procedimenti relativi agli "Ammonimenti del Questore", misura di prevenzione utile a garantire alla vittima una tutela rapida ed anticipata rispetto ad un processo penale. Personale altamente specializzato che, con il supporto degli psicologi della Polizia di Stato e dei Centri antiviolenza, vanno incontro alle vittime grazie al progetto "...Questo non è amore". Giunto alla quarta edizione, è stato ideato e promosso dalla Direzione centrale anticrimine per sensibilizzare l'opinione pubblica, superare gli stereotipi e i pregiudizi e per diffondere una nuova cultura di genere. L'auspicio, come ha ribadito il Direttore centrale anticrimine Francesco Messina, è che tutto questo "Possa scardinare ogni paura e rappresen­tare per le innumerevoli vittime di violen­za di genere lo stimolo a chiedere aiuto e denunciare" rompendo la fitta rete di isolamento e vergogna.

L'attività di sostegno e vicinanza alle vittime ha visto inoltre molte questure italiane dotarsi, ormai da tempo, di spazi destinati a ospitare le fasce deboli, in particolare i minori e le donne che hanno subito violenze o abusi. Uno spazio protetto, attrezzato e confortevole dove le vittime di violenza possono essere ascoltate in tutta tranquillità dal personale specializzato. In concomitanza con l'emergenza COVID-19 e nel periodo del lockdown, è stata implementata l'App della Polizia di Stato YouPol, prevedendo la possibilità di segnalare anche i reati di violenza domestica. Dal 28 marzo al 30 settembre sono state 542 le segnalazioni ricevute tramite l'App. Per chi non vuole registrarsi fornendo i propri dati, è prevista la possibilità di segnalare in forma anonima. Parallelamente alla tutela delle vittime è stato affrontato il problema nei confronti degli autori di violenze. Così facendo si riducono le recidive e si evita la trasmissione della violenza da una generazione all'altra. A tal proposito sono molte le questure che hanno sottoscritto protocolli con servizi sociali e sanitari attraverso i quali accompagnare gli autori di violenze in un'opera di riconoscimento delle proprie responsabilità e di attuazione di strategie per il controllo della rabbia.
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