Territorio
Record di acquisti di pasta Made in Italy
Gli italiani privilegiano prodotti di grano italiano
Italia - lunedì 16 novembre 2020
22.27
Con record del 29% degli acquisti di pasta Made in Italy che utilizza solo grano nazionale è necessario fare al più presto chiarezza sull'l'ipotesi di reato di frode in commercio contestata dalla procura di Chieti alla De Cecco a Fara San Martino (Chieti) per la presunta importazione di grano registrato come pugliese ma in realtà acquistato dalla società francese Cavac. E' quanto afferma la Coldiretti in riferimento a notizie apparse sulla stampa oggetto di accertamento, sulla base dei dati Ismea relativi ai primi sei mesi dell'anno. La De Cecco è il terzo produttore italiano di pasta dalle cui scelte di acquisto dipende molto del lavoro di molte aziende agricole nazionali ma anche – sottolinea la Coldiretti - di interi territori dove non ci sono vere alternative produttive al grano. L'obbligo di indicare la reale origine del grano impiegato nella pasta è scattato in Italia il 13 febbraio 2018, quasi 3 anni fa, sotto la spinta della Coldiretti per garantire trasparenza sulle scelte di acquisto dei consumatori e sostenere i produttori italiani impegnati per garantire qualità e sicurezza alimentare. Una decisione fortemente sostenuta dagli italiani che nell'82% dei casi dichiarano di privilegiare l'acquisto di prodotti Made in Italy al 100% per sostenere l'economia, l'occupazione e il territorio in questo delicato momento di emergenza Covid.
La stessa Antritrust – precisa la Coldiretti - è recentemente intervenuta per garantire il rispetto delle informazioni ai consumatori nelle confezioni sugli scaffali dei supermercati per quanto riguarda l'origine del grano impiegato nella pasta, nel rispetto delle norme in vigore. L'Autorità ha infatti imposto di rinunciare alla dicitura Made in Italy nel caso di utilizzazione di grano proveniente da Paesi stranieri quando la mancanza di informazioni precise o altrimenti la loro collocazione in posizione marginale sull'imballaggio induca in errore il consumatore. Una aspettativa che va tutelata con adeguati controlli per garantire il rispetto delle norme in vigore. La produzione di grano duro nazionale per la pasta nel 2020 secondo l'Istat si colloca – riferisce la Coldiretti – a 3,76 milioni di tonnellate con le importazioni che rappresentano attorno al 25%, una percentuale in riduzione negli ultimi anni anche grazie all'obbligo di indicare l'origine del grano fortemente voluto dalla Coldiretti. La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra però con anni di disattenzione e abbandono che nell'ultimo decennio hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 dopo con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati con effetti dirompenti sull'economia, sull'occupazione e sull'ambiente. Una situazione aggravata – conclude Coldiretti – dalla concorrenza sleale delle importazioni dall'estero soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore nel nostro Paese.
La stessa Antritrust – precisa la Coldiretti - è recentemente intervenuta per garantire il rispetto delle informazioni ai consumatori nelle confezioni sugli scaffali dei supermercati per quanto riguarda l'origine del grano impiegato nella pasta, nel rispetto delle norme in vigore. L'Autorità ha infatti imposto di rinunciare alla dicitura Made in Italy nel caso di utilizzazione di grano proveniente da Paesi stranieri quando la mancanza di informazioni precise o altrimenti la loro collocazione in posizione marginale sull'imballaggio induca in errore il consumatore. Una aspettativa che va tutelata con adeguati controlli per garantire il rispetto delle norme in vigore. La produzione di grano duro nazionale per la pasta nel 2020 secondo l'Istat si colloca – riferisce la Coldiretti – a 3,76 milioni di tonnellate con le importazioni che rappresentano attorno al 25%, una percentuale in riduzione negli ultimi anni anche grazie all'obbligo di indicare l'origine del grano fortemente voluto dalla Coldiretti. La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra però con anni di disattenzione e abbandono che nell'ultimo decennio hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 dopo con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati con effetti dirompenti sull'economia, sull'occupazione e sull'ambiente. Una situazione aggravata – conclude Coldiretti – dalla concorrenza sleale delle importazioni dall'estero soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore nel nostro Paese.