
Territorio
Vinitaly: Il Primitivo pugliese sul podio dei vini autoctoni
Nel 2024 hanno fatto segnare i maggiori incrementi delle vendite
Italia - martedì 8 aprile 2025
15.30
Il Primitivo pugliese balza al secondo posto della top ten dei vini autoctoni che fanno segnare i maggiori incrementi delle vendite, con la biodivdrsità che vince anche nel bicchiere, determinando scelte d'acquisto sempre più territoriali nei gusti degli italiani. E' quanto emerge dall'analisi della Coldiretti Puglia, sulla base dei dati Circana relativi alle vendite di vino nel 2024 nella Grande Distribuzione Italiana, in occasione del Vinitaly dove a Casa Coldiretti sono stati esposti i vini della top ten delle bottiglie che in Italia sono cresciute maggiormente nei consumi. Sul podio dei vini che nel 2024, crescono di più a volume, rispetto all'anno precedente ci sono il siciliano Inzolia, con il +12,9%, il Primitivo di Puglia (+11,8%), quasi al pari del Vermentino (Sardegna, Toscana, Liguria) con il +11,7%, seguito dalla friulana Ribolla (+11,3%). La classifica dei vini col maggior tasso di crescita in valore rispetto all'anno precedente ci sono il Vermentino al primo posto con +13,5%, seguito dal Primitivo di Puglia con il +12,6% e dal trentino Lagrein che cresce dell'11,5%. Sul fronte dei prezzi il costo medio per il vino a denominazione d'origine in bottiglia (Doc, Docg, Igt) è di 5,57 euro al litro, con un aumento medio del 2% sull'anno precedente, decisamente più contenuto rispetto al dato 2023, che aveva registrato aumenti superiori al 6%. Ma il successo del vino autoctono Made in Italy è messo a rischio – denuncia Coldiretti Puglia - dalle etichette allarmistiche, con otto consumatori su dieci (79%) che dicono no, giudicando inappropriato apporre scritte di questo tipo sulle bottiglie di un prodotto che nel corso degli anni è diventato il simbolo del consumo consapevole.
Se la grande maggioranza dei consumatori bocciano le etichette allarmistiche sul vino, c'è anche un 81% che le rifiuta per la birra, mentre è diverso il caso dei superalcolici, dove la percentuale di contrari si dimezza fino al 34%. Il segno evidente è che il consumo di vino è giustamente percepito come abitudine che fa parte appieno della Dieta Mediterranea, grazie alla quale gli italiani hanno conquistato record di longevità, ben lontani dall'assunzione frenata di alcol, tipica del Nord Europa. Non a caso numerosi studi osservazionali hanno ampiamente dimostrato i benefici del vino sulla salute in soggetti che ne fanno un utilizzo moderato rispetto a soggetti astemi. Alcune ricerche epidemiologiche e cliniche, in particolare, hanno evidenziato che il consumo regolare e moderato di vino (da uno a due bicchieri al giorno) è associato a una ridotta incidenza di malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete fino ad arrivare ad alcuni tipi di tumori. Un'altra review scientifica, pubblicata su International Journal of Molecular Sciences nel 2022, rivaluta la relazione tra tipo e dose 6 di bevanda alcolica e rischio ridotto o aumentato di varie malattie, alla luce delle più attuali evidenze scientifiche. I risultati indicano che il vino differisce dalle altre bevande alcoliche e che il suo consumo moderato non solo non aumenta il rischio di malattie degenerative croniche, ma è anche associato a benefici per la salute, in particolare se incluso in un modello corretto di dieta mediterranea.
L'inserimento di scritte allarmistiche sulle bottiglie per scoraggiarne i consumi metterebbe poi a rischio il record di 8,1 miliardi fatto segnare dal vino italiano all'estero nel 2024, in aumento del 5% rispetto all'anno precedente. Nell'Ue a 27 ne finisce il 40% in valore ma è chiaro che l'affermarsi a livello globale di posizioni che penalizzano il consumo, anche moderato andrebbe ad incidere su tutto il commercio, in un momento reso peraltro difficile dall'imposizione dei dazi americani. Occorre dunque che la Commissione Ue metta definitivamente da parte ogni ipotesi di imposizione di etichette allarmistiche contenuta nell'ambito del Documento di lavoro pubblicato dalla Direzione Generale per la Salute e la Sicurezza Alimentare (Dg Sante) della Commissione Europea, in preparazione della revisione del Piano europeo di lotta contro il cancro. Sarebbe d'altro canto paradossale – conclude Coldiretti - andare a penalizzare il settore proprio nel momento in cui è stato presentato un Piano per sostenerlo.
Se la grande maggioranza dei consumatori bocciano le etichette allarmistiche sul vino, c'è anche un 81% che le rifiuta per la birra, mentre è diverso il caso dei superalcolici, dove la percentuale di contrari si dimezza fino al 34%. Il segno evidente è che il consumo di vino è giustamente percepito come abitudine che fa parte appieno della Dieta Mediterranea, grazie alla quale gli italiani hanno conquistato record di longevità, ben lontani dall'assunzione frenata di alcol, tipica del Nord Europa. Non a caso numerosi studi osservazionali hanno ampiamente dimostrato i benefici del vino sulla salute in soggetti che ne fanno un utilizzo moderato rispetto a soggetti astemi. Alcune ricerche epidemiologiche e cliniche, in particolare, hanno evidenziato che il consumo regolare e moderato di vino (da uno a due bicchieri al giorno) è associato a una ridotta incidenza di malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete fino ad arrivare ad alcuni tipi di tumori. Un'altra review scientifica, pubblicata su International Journal of Molecular Sciences nel 2022, rivaluta la relazione tra tipo e dose 6 di bevanda alcolica e rischio ridotto o aumentato di varie malattie, alla luce delle più attuali evidenze scientifiche. I risultati indicano che il vino differisce dalle altre bevande alcoliche e che il suo consumo moderato non solo non aumenta il rischio di malattie degenerative croniche, ma è anche associato a benefici per la salute, in particolare se incluso in un modello corretto di dieta mediterranea.
L'inserimento di scritte allarmistiche sulle bottiglie per scoraggiarne i consumi metterebbe poi a rischio il record di 8,1 miliardi fatto segnare dal vino italiano all'estero nel 2024, in aumento del 5% rispetto all'anno precedente. Nell'Ue a 27 ne finisce il 40% in valore ma è chiaro che l'affermarsi a livello globale di posizioni che penalizzano il consumo, anche moderato andrebbe ad incidere su tutto il commercio, in un momento reso peraltro difficile dall'imposizione dei dazi americani. Occorre dunque che la Commissione Ue metta definitivamente da parte ogni ipotesi di imposizione di etichette allarmistiche contenuta nell'ambito del Documento di lavoro pubblicato dalla Direzione Generale per la Salute e la Sicurezza Alimentare (Dg Sante) della Commissione Europea, in preparazione della revisione del Piano europeo di lotta contro il cancro. Sarebbe d'altro canto paradossale – conclude Coldiretti - andare a penalizzare il settore proprio nel momento in cui è stato presentato un Piano per sostenerlo.