Crepuscolo letterario di Luciana Fredella
I giorni dell’ombra
Sara Bilotti presenta l’ultimo romanzo noir
domenica 5 agosto 2018
10.12
Ne "I giorni dell'ombra" l'ultimo romanzo noir di Sara Bilotti la protagonista è Vittoria, una ragazza che vive amori viziati, innanzitutto verso il padre, un uomo violento verso cui prova amore e riverenza nonostante le violenze cui la sottopone, verso l'amica Lisa che rappresenta tutto ciò che lei vorrebbe essere, ovvero solare, spigliata e "viva", verso lo scrittore Daniel che è l'uomo di cui è innamorata ma da cui sa non sarà mai ricambiata. La protagonista vive quasi reclusa in casa uscendo solo per fare la spesa o per andare dall'altra parte del cortile per dare ripetizioni di inglese a Marco. La vicenda noir comincia quando all'improvviso sparisce Lisa. Essendo solita a "fughe" improvvise l'unica a preoccuparsi di questa fuga è Vittoria che non ha ricevuto da lei alcun messaggio di partenza come era solita fare, e proprio per questo è convinta che l'amica sia in pericolo. Così comincia un nuovo interesse per Vittoria: la ricerca della verità sulla scomparsa dell'amica. Questo sarà il motivo che la spingerà ad uscire oltre i confini della sua prigione e darà al lettore l'opportunità di entrare nel mondo complesso e contraddittorio di Vittoria.
Il thriller "I giorni dell'ombra" per Mondadori è "giunto" in libreria dopo le pubblicazioni della raccolta di racconti Nella Carne, nel 2012 cui ha fatto seguito la trilogia composta dai romanzi L'oltraggio, La colpa e Il perdono per Einaudi Stile Libero nel 2015. La scrittrice napoletana Sara Bilotti(47 anni), una delle più belle voci del noir al femminile nel panorama italiano,in questi ultimi mesi ha tra l'altro partecipato alla presentazione della V Edizione del SalerNoir Festival le Notti di Barliario (in calendario il 4, 5, 6 aprile 2019 a Salerno), al Salone Internazionale del Libro di Torino e a "Florinas in Giallo. L'isola dei misteri", giunto alla IX Edizione. A conversare sul romanzo "I giorni dell'ombra", dei prossimi impegni letterari con uno sguardo al passato, agli esordi della carriera di scrittrice è con noi Sara Bilotti che ha risposto alle domande di Canosaweb per la rubrica "Crepuscolo Letterario" tesa a promuovere la lettura e al contempo far conoscere scrittori, generi letterari e le variegate sfaccettature della cultura.
Dopo aver letto il libro, la prima cosa che si avverte è un bel pugno nello stomaco, non solo per la dolorosa vicenda di Vittoria ma anche per l'intera trama che è un crescendo di emozioni. Come nasce I giorni dell'ombra? I giorni dell'ombra nasce da due esperienze molto personali: il lungo periodo di isolamento che ho subito da bambina, durante il quale osservavo il mondo da una finestra, proprio come fa Vittoria, e gli anni trascorsi accanto alle vittime di violenza e abuso familiare: loro mi hanno insegnato che il vero orrore non è solo la violenza in sé, ma l'abitudine alla violenza. Il "collare" che stringe la gola anche quando non è più al collo, e pregiudica l'intera esistenza.
Vittoria, la protagonista è affetta da diverse patologie: l'agorafobia, la sindrome di Stoccolma, la schizofrenia. Sono rimasta molto affascinata da questo personaggio e inizialmente ho pensato che non fosse possibile nella realtà che esistesse una persona così complessa, poi però mi sono convinta che non ci sono limiti alla varietà della mente umana e che le persone non si possono incasellare. Vittoria esiste nella realtà? Esistono tante Vittoria, purtroppo. La violenza nei primi anni di vita impone una sorta di imprinting, che condiziona lo sviluppo della mente e, in generale, il futuro di chi l'ha subita. Le conseguenze si avvertono nella percezione che si ha di se stessi, nella necessità di espiare colpe inesistenti, e in generale nella sensazione di meritare odio, indifferenza, disprezzo.
Tra i protagonisti del romanzo sortisce un certo fascino Daniel, uno scrittore giovane, di talento ma un po' burbero, stronzo con le donne e talvolta antipatico, eppure man mano che lo si conosce si rimane attratti da lui e si comprendono i suoi atteggiamenti. Perché la storia funzionasse poteva essere diverso Daniel? Credo che Daniel, con la sua capacità di alienarsi e il consapevole distacco dagli affanni del mondo, sia il personaggio ideale per il confronto con Vittoria, che grazie a lui prova per la prima volta aneliti di libertà. Tutti i personaggi che ho creato sono fondamentali per la storia, ognuno di loro costituisce un tassello indispensabile per giungere alla verità. Sono tutti simboli di un'umanità smarrita, nevrotica, camuffata da maschere più o meno fragili.
Come già detto, molte emozioni suscita la lettura del libro e devo dire che lei è stata molto brava a far provare un sentimento, ad esasperarlo fino a far provare il suo contrario. Ad esempio Mirella, la mamma di Vittoria, impietosisce per la totale assenza di volontà, per l'estraneità che ha creato intorno a sè per sfuggire alla crudele violenza del marito, ma provoca rabbia e astio quando si riflette sul fatto che non ha mai fatto nulla per evitarlo e non interviene in difesa delle figlie. Quanto è importante per te che le donne denuncino le violenze che subiscono, di qualunque natura esse siano? È ovviamente importantissimo, ma prima dobbiamo capire come mai troppe donne, anche colte, realizzate nel lavoro, indipendenti, decidano, volontariamente o non consapevolmente, di giustificare e nascondere la violenza subita. Credo che la consapevolezza di certi meccanismi, alcuni dei quali difficili da affrontare, come quelli legati al senso di colpa e di responsabilità, sia fondamentale, e per questo è necessario finanziare centri di accoglienza e di aiuto, che accompagnino le vittime fino alla denuncia e indichino percorsi di guarigione.
Questo romanzo si discosta dalla trilogia L'oltraggio, La colpa, Il perdono come i luoghi, la trama, le vicende personali: da Bruges e dalla Toscana a Napoli, dalla passione sensuale di Eleonora al sentimento di amicizia di Vittoria, dal tradimento di Emanuele alla violenza di Michele, padre di Vittoria. È stato facile per lei allontanarsi dal filone precedente? Non è stato difficile come autrice: i temi de I Giorni dell'ombra sono quelli che sento più profondamente. Ciò che si è rivelato più difficile, estremamente difficile, è stato il ritorno al mio genere, il nero, il thriller psicologico. Le etichette sono come dei marchi, e le donne hanno marchi dappertutto. La letteratura nera è solo uno dei campi in cui per noi è difficile emergere, almeno in Italia.
Lei ha descritto in modo accurato le caratteristiche di ciascun personaggio: debolezze, vizi ed inclinazioni, patologie, atteggiamenti. Ha studiato con precisione ogni personaggio o le son venuti fuori durante la narrazione, ovvero nascono prima i personaggi e poi le storie o viceversa? Nel mio caso nascono prima i personaggi. Invadono la mia vita, raccontandomi la loro storia. Tant'è che una delle cose per me più complicate è la stesura di una sinossi: le mie storie nascono durante la stesura, mentre descrivo i personaggi.
Ogni scrittore è un grande lettore e ci sono delle letture in particolare che determinano scelte future, come ad esempio quella di passare da lettore a scrittore. Quali sono state le sue letture e quando ha deciso che sarebbe diventata scrittrice? Ho iniziato a scrivere a nove anni. Ero già una lettrice vorace. Ma non ho mai pensato di pubblicare, fino a qualche anno fa. Quando è uscito Nella Carne, la raccolta di racconti che mi ha fatto conoscere ai lettori, avevo già quarant'anni, e dieci manoscritti nel cassetto. A differenza di ciò che dicono in molti, si scrive anche per se stessi. Inoltre, da brava lettrice compulsiva, mi riusciva difficile anche solo pensare che un romanzo scritto da me potesse trovare posto in libreria. Sono diventata scrittrice per caso, perché qualcuno mi ha convinta che valesse la pena tentare. Quel qualcuno è Maurizio de Giovanni. Dopo di lui, ci sono state altre persone che mi hanno incoraggiata, primi tra tutti Massimo Carlotto, Colomba Rossi e Luca Briasco. Hanno svelato sogni che neanche pensavo di avere. Le mie letture sono state molteplici e molto diverse tra loro. Ho letto da giovane praticamente tutti i classici, e da adulta mi sono innamorata della Yourcenar e di Donna Tartt, per poi gettarmi a capofitto nella letteratura americana contemporanea. Non ho mai avuto rigidi criteri di scelta e di genere. Nessuna etichetta per me, né come autrice né come lettrice.
Per la promozione del libro ha girato diversi luoghi ed ha incontrato tanti lettori. Qual è il pubblico che le ha dato maggiori emozioni? Tutti. Non mento. Da ogni presentazione c'è qualcosa che porto via, che tengo con me e che mi aiuta a superare i momenti difficili. L'incontro con i lettori crea incantesimi difficili da spiegare: si scopre tanto di sé, grazie agli occhi altrui sulle proprie parole. Si scoprono cose incredibili.
Progetti futuri? Ho due romanzi pronti, e uno in stesura. Non so quale sceglierò, mi farò consigliare come al solito dalla mia agenzia, la United Stories, che è anche la mia casa, il mio nido. Ho tante storie da raccontare, e finché qualcuno vorrà leggerle continuerò a fare questo mestiere. Speriamo a lungo, tanto a lungo.
Grazie anche a nome della Redazione di Canosaweb per aver dedicato del tempo alle nostre domande e buon lavoro.
Luciana Fredella
Il thriller "I giorni dell'ombra" per Mondadori è "giunto" in libreria dopo le pubblicazioni della raccolta di racconti Nella Carne, nel 2012 cui ha fatto seguito la trilogia composta dai romanzi L'oltraggio, La colpa e Il perdono per Einaudi Stile Libero nel 2015. La scrittrice napoletana Sara Bilotti(47 anni), una delle più belle voci del noir al femminile nel panorama italiano,in questi ultimi mesi ha tra l'altro partecipato alla presentazione della V Edizione del SalerNoir Festival le Notti di Barliario (in calendario il 4, 5, 6 aprile 2019 a Salerno), al Salone Internazionale del Libro di Torino e a "Florinas in Giallo. L'isola dei misteri", giunto alla IX Edizione. A conversare sul romanzo "I giorni dell'ombra", dei prossimi impegni letterari con uno sguardo al passato, agli esordi della carriera di scrittrice è con noi Sara Bilotti che ha risposto alle domande di Canosaweb per la rubrica "Crepuscolo Letterario" tesa a promuovere la lettura e al contempo far conoscere scrittori, generi letterari e le variegate sfaccettature della cultura.
Dopo aver letto il libro, la prima cosa che si avverte è un bel pugno nello stomaco, non solo per la dolorosa vicenda di Vittoria ma anche per l'intera trama che è un crescendo di emozioni. Come nasce I giorni dell'ombra? I giorni dell'ombra nasce da due esperienze molto personali: il lungo periodo di isolamento che ho subito da bambina, durante il quale osservavo il mondo da una finestra, proprio come fa Vittoria, e gli anni trascorsi accanto alle vittime di violenza e abuso familiare: loro mi hanno insegnato che il vero orrore non è solo la violenza in sé, ma l'abitudine alla violenza. Il "collare" che stringe la gola anche quando non è più al collo, e pregiudica l'intera esistenza.
Vittoria, la protagonista è affetta da diverse patologie: l'agorafobia, la sindrome di Stoccolma, la schizofrenia. Sono rimasta molto affascinata da questo personaggio e inizialmente ho pensato che non fosse possibile nella realtà che esistesse una persona così complessa, poi però mi sono convinta che non ci sono limiti alla varietà della mente umana e che le persone non si possono incasellare. Vittoria esiste nella realtà? Esistono tante Vittoria, purtroppo. La violenza nei primi anni di vita impone una sorta di imprinting, che condiziona lo sviluppo della mente e, in generale, il futuro di chi l'ha subita. Le conseguenze si avvertono nella percezione che si ha di se stessi, nella necessità di espiare colpe inesistenti, e in generale nella sensazione di meritare odio, indifferenza, disprezzo.
Tra i protagonisti del romanzo sortisce un certo fascino Daniel, uno scrittore giovane, di talento ma un po' burbero, stronzo con le donne e talvolta antipatico, eppure man mano che lo si conosce si rimane attratti da lui e si comprendono i suoi atteggiamenti. Perché la storia funzionasse poteva essere diverso Daniel? Credo che Daniel, con la sua capacità di alienarsi e il consapevole distacco dagli affanni del mondo, sia il personaggio ideale per il confronto con Vittoria, che grazie a lui prova per la prima volta aneliti di libertà. Tutti i personaggi che ho creato sono fondamentali per la storia, ognuno di loro costituisce un tassello indispensabile per giungere alla verità. Sono tutti simboli di un'umanità smarrita, nevrotica, camuffata da maschere più o meno fragili.
Come già detto, molte emozioni suscita la lettura del libro e devo dire che lei è stata molto brava a far provare un sentimento, ad esasperarlo fino a far provare il suo contrario. Ad esempio Mirella, la mamma di Vittoria, impietosisce per la totale assenza di volontà, per l'estraneità che ha creato intorno a sè per sfuggire alla crudele violenza del marito, ma provoca rabbia e astio quando si riflette sul fatto che non ha mai fatto nulla per evitarlo e non interviene in difesa delle figlie. Quanto è importante per te che le donne denuncino le violenze che subiscono, di qualunque natura esse siano? È ovviamente importantissimo, ma prima dobbiamo capire come mai troppe donne, anche colte, realizzate nel lavoro, indipendenti, decidano, volontariamente o non consapevolmente, di giustificare e nascondere la violenza subita. Credo che la consapevolezza di certi meccanismi, alcuni dei quali difficili da affrontare, come quelli legati al senso di colpa e di responsabilità, sia fondamentale, e per questo è necessario finanziare centri di accoglienza e di aiuto, che accompagnino le vittime fino alla denuncia e indichino percorsi di guarigione.
Questo romanzo si discosta dalla trilogia L'oltraggio, La colpa, Il perdono come i luoghi, la trama, le vicende personali: da Bruges e dalla Toscana a Napoli, dalla passione sensuale di Eleonora al sentimento di amicizia di Vittoria, dal tradimento di Emanuele alla violenza di Michele, padre di Vittoria. È stato facile per lei allontanarsi dal filone precedente? Non è stato difficile come autrice: i temi de I Giorni dell'ombra sono quelli che sento più profondamente. Ciò che si è rivelato più difficile, estremamente difficile, è stato il ritorno al mio genere, il nero, il thriller psicologico. Le etichette sono come dei marchi, e le donne hanno marchi dappertutto. La letteratura nera è solo uno dei campi in cui per noi è difficile emergere, almeno in Italia.
Lei ha descritto in modo accurato le caratteristiche di ciascun personaggio: debolezze, vizi ed inclinazioni, patologie, atteggiamenti. Ha studiato con precisione ogni personaggio o le son venuti fuori durante la narrazione, ovvero nascono prima i personaggi e poi le storie o viceversa? Nel mio caso nascono prima i personaggi. Invadono la mia vita, raccontandomi la loro storia. Tant'è che una delle cose per me più complicate è la stesura di una sinossi: le mie storie nascono durante la stesura, mentre descrivo i personaggi.
Ogni scrittore è un grande lettore e ci sono delle letture in particolare che determinano scelte future, come ad esempio quella di passare da lettore a scrittore. Quali sono state le sue letture e quando ha deciso che sarebbe diventata scrittrice? Ho iniziato a scrivere a nove anni. Ero già una lettrice vorace. Ma non ho mai pensato di pubblicare, fino a qualche anno fa. Quando è uscito Nella Carne, la raccolta di racconti che mi ha fatto conoscere ai lettori, avevo già quarant'anni, e dieci manoscritti nel cassetto. A differenza di ciò che dicono in molti, si scrive anche per se stessi. Inoltre, da brava lettrice compulsiva, mi riusciva difficile anche solo pensare che un romanzo scritto da me potesse trovare posto in libreria. Sono diventata scrittrice per caso, perché qualcuno mi ha convinta che valesse la pena tentare. Quel qualcuno è Maurizio de Giovanni. Dopo di lui, ci sono state altre persone che mi hanno incoraggiata, primi tra tutti Massimo Carlotto, Colomba Rossi e Luca Briasco. Hanno svelato sogni che neanche pensavo di avere. Le mie letture sono state molteplici e molto diverse tra loro. Ho letto da giovane praticamente tutti i classici, e da adulta mi sono innamorata della Yourcenar e di Donna Tartt, per poi gettarmi a capofitto nella letteratura americana contemporanea. Non ho mai avuto rigidi criteri di scelta e di genere. Nessuna etichetta per me, né come autrice né come lettrice.
Per la promozione del libro ha girato diversi luoghi ed ha incontrato tanti lettori. Qual è il pubblico che le ha dato maggiori emozioni? Tutti. Non mento. Da ogni presentazione c'è qualcosa che porto via, che tengo con me e che mi aiuta a superare i momenti difficili. L'incontro con i lettori crea incantesimi difficili da spiegare: si scopre tanto di sé, grazie agli occhi altrui sulle proprie parole. Si scoprono cose incredibili.
Progetti futuri? Ho due romanzi pronti, e uno in stesura. Non so quale sceglierò, mi farò consigliare come al solito dalla mia agenzia, la United Stories, che è anche la mia casa, il mio nido. Ho tante storie da raccontare, e finché qualcuno vorrà leggerle continuerò a fare questo mestiere. Speriamo a lungo, tanto a lungo.
Grazie anche a nome della Redazione di Canosaweb per aver dedicato del tempo alle nostre domande e buon lavoro.
Luciana Fredella