Crepuscolo letterario di Luciana Fredella
Intervista allo scrittore Maurizio de Giovanni
L’autore del nuovo romanzo “Sara al tramonto”
domenica 22 aprile 2018
10.30
A pochi giorni dall'uscita in libreria, "Sara al tramonto", il nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni è già in vetta alle classifiche, di buon auspicio in vista del 31° Salone Internazionale del Libro di Torino, che si svolgerà nei padiglioni di Lingotto Fiere dal 10 al 14 maggio 2018 . Lo scrittore Maurizio de Giovanni(60 anni) che vive e lavora a Napoli, nel 2005 ha vinto un concorso per giallisti esordienti con un racconto incentrato sulla figura del commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Il personaggio gli ispira un ciclo di romanzi, pubblicati da Einaudi Stile Libero, che comprende Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore e Anime di vetro. Nel 2012 esce per Mondadori Il metodo del Coccodrillo (Premio Scerbanenco), dove fa la sua comparsa l'ispettore Lojacono, attualmente fra i protagonisti della serie dei Bastardi di Pizzofalcone, ambientata nella Napoli contemporanea e pubblicata da Einaudi Stile Libero (nel 2013 è uscito il secondo romanzo della serie, Buio; nel 2014 il terzo, Gelo; nel 2015 il quarto, Cuccioli; nel 2016 il quinto, Pane e nel 2017 il sesto, Souvenir). Nel 2014, sempre per Einaudi Stile Libero, de Giovanni ha pubblicato anche l'antologia Giochi criminali (con Giancarlo De Cataldo, Diego De Silva e Carlo Lucarelli). In questo libro appare per la prima volta il personaggio di Bianca Borgati, contessa Palmieri di Roccaspina, sviluppato in Anime di vetro. Nel 2015 è uscito per Rizzoli il romanzo Il resto della settimana. Per Einaudi è uscito nel 2016 Il metodo del coccodrillo. Tutti i suoi libri sono tradotti o in corso di traduzione in Francia, Germania, Inghilterra, Spagna, Russia, Danimarca e Stati Uniti. De Giovanni è anche autore di racconti a tema calcistico sulla squadra della sua città, della quale è visceralmente tifoso, e di opere teatrali. Nel nuovo romanzo Sara è un personaggio insolito, in breve direi che è la personificazione di un ossimoro: invisibile/evidente; algida/calda; vecchia/giovane; trasandata/accurata; insensibile/sensibile; anaffettiva/accudente; inquietante/rassicurante…. Lo scrittore ha incontrato Sara una notte di dicembre, sotto la pioggia, mentre rientrava a casa. È stato incuriosito dalla presenza di questa donna ferma nell'abitacolo di un'auto in sosta da chissà quanto tempo: cosa faceva lì? Chi stava aspettando o forse spiando? Dopo una notte trascorsa insonne a porsi quesiti ha trovato le sue risposte. Non so quali risposte abbia ricevuto ma il risultato è davvero straordinario: ha regalato Sara ai lettori. Per la nuova rubrica di Canosaweb, dal titolo "Crepuscolo letterario", Luciana Fredella ha incontrato e chiacchierato con Maurizio de Giovanni lo scrittore del romanzo "Sara al tramonto", edito da Rizzoli.
Sara cosa ha regalato a Maurizio, a parte una notte insonne? Innanzitutto un incredibile quanto insperato primato in classifica. E poi un nuovo universo di personaggi cui mi sento già legato a doppio filo, affascinato come sono dalle vicende che vedo dipanarsi sotto i miei occhi come fossi un mero spettatore. Sta succedendo di nuovo quello che qualche volta racconto, quello che la gente potrebbe ritenere un vezzo e che invece è assoluta verità: lo scrittore non è Dio. Non può decidere in autonomia come i protagonisti della storia dovranno muoversi. Piuttosto, lo scrittore è uno che si affaccia alla finestra e racconta quello che vede alle persone che sono all'interno della stanza. E io dalla mia postazione privilegiata di spettatore me la godo, tanto più in questo libro costellato di figure femminili di spessore.
Sara è capace di prendere decisioni molto coraggiose, quelle che danno le vertigini perché non si sa a cosa portino, mi riferisco all'"abbandono" di marito e figlio per seguire Massimiliano, l'uomo che ha riconosciuto come l'amore della sua vita, prima ancora che potesse nascere una storia con lui. Com'è nata l'idea di dare a Sara questo passato? Questo libro è femminista. Sono partito da una considerazione semplice quanto sconcertante: se un uomo lascia la moglie e un figlio piccolo per amore, lo si considera una persona irresponsabile, ma lo si comprende, soprattutto se la donna con cui si rifà una vita è molto bella, o molto giovane, o molto ricca. Viceversa, se una donna lascia il marito e un figlio per amore, la si considera una persona anormale. Un mostro. Indipendentemente dalle qualità del nuovo compagno. Questa differenza di trattamento nel sentire comune è a mio parere inammissibile. Di qui il passato di Sara, che dopo aver incontrato l'amore della vita ha fatto la sola cosa che potesse fare.
Quando Massimiliano è morto, Sara è morta dentro e fuori. Cosa le ha dato lo sprone per "sopravvivere"? Sara ha sfiorato il suicidio. Anche nel libro, davanti a un flacone di pillole, ci ha pensato seriamente. Lei che ha perso, seppur in modo diverso, le sole due persone per le quali valesse la pena vivere, viene trattenuta da Viola, che porta dentro di sé tutto ciò che resta di suo figlio morto. Ecco ciò che riesce a legarla alla vita: lei che in fondo non è stata mai mamma, se non per pochi anni, si ritrova a essere nonna. E la responsabilità del nuovo ruolo non le consente in coscienza di chiudere il libro.
In tutte le storie che racconta, a noi lettori concede il lusso di viaggiare nella sua città, di percorrere strade diverse da quelle turistiche e di viverle con i personaggi straordinari che le abitano. Chi non è mai stato a Napoli, attraverso la lettura dei suoi romanzi, la percepisce fisicamente, la vive, la riconosce quando ci va. In Sara al tramonto, Napoli non è più protagonista: è stata una scelta voluta? Perché? Napoli per ora è sullo sfondo. Ma non escludo che nel prosieguo, sempreché il racconto di Sara continui, la storia non le restituisca il ruolo di protagonista che normalmente, secondo la sua natura, ha nei miei racconti.
Nelle sue storie c'è sempre un personaggio che provoca ilarità. Nel caso specifico quando penso all'ispettore Davide Pardo, subito sorrido perché mi vengono in mente le parti in cui non riesce a gestire Boris, un Bovaro del Bernese di kg.60 con 1 chilo e mezzo di lingua, che non lo riconosce come capo-branco/padrone. Poi il fatto che sia bravo nel suo lavoro, che sia un disastro nelle relazioni affettive e che riesca a vedere il bello che c'è in Sara, è qualcosa che viene in mente dopo. Quanto è importante che ci sia un personaggio "simpatico" in una storia perché la stessa funzioni? Ritengo sia sempre positivo avere almeno un personaggio empatico nei libri. Ma Pardo mi è venuto proprio così: non l'ho studiato a tavolino. Boris, invece, anche se non gli somiglia affatto è un omaggio al mio piccolo figlio peloso, cui il libro è dedicato e che ora purtroppo, per la disperazione di mia moglie, non c'è più.
Viola è un altro bel personaggio: è stata la compagna di Giorgio, il figlio di Sara che è morto prematuramente ma che le ha lasciato la vita, quella che porta dentro sé. Viola sarà importante per le indagini di Sara e Davide. Considerando la sua valenza, è un personaggio che ha strutturato quando è nata Sara oppure è "venuta a trovarla" in un secondo momento perché la storia prendesse la direzione che le ha dato? Esiste anche un racconto con Sara protagonista, che ho scritto prima di Sara al tramonto anche se sarà in libreria a maggio, in un'antologia con De Cataldo e Carlotto. E in questo racconto, Viola già c'è.
Durante la prima al Teatro Diana di Napoli il 9 aprile scorso, ha detto una frase che ha confermato ciò che ho sempre pensato: il romanzo nero, è un romanzo d'amore. Ho avuto l'impressione che Sara abbia volutamente nascondere e nascondersi per difendere e proteggere coloro che ha amato e che non ammetterebbe mai di amare, come Viola. È un'impressione sbagliata? Potrebbe essere una giusta sensazione. Ma è possibile che Sara sia diventata così per la vita che ha vissuto prima che la conoscessi. E' ancora troppo poco tempo. Dovrò frequentarla un po' di più per capire veramente come stanno le cose.
Negli incontri con i lettori ha sempre detto che scrive per immersione, cioè si chiude nello studio e scrive finchè il romanzo non è finito (periodo che corrisponde a circa un mese). Considerando quando ha incontrato Sara (dicembre), e quando ha messo il punto alla fine del romanzo (marzo), ha partecipato a festival, presentazioni in giro per l'Italia, non si è negato per interviste, trasmissioni etc… si può dire che con Sara abbia cambiato il suo "modus operandi"? Non è cambiato niente. Mi sono limitato a chiudermi nello studio qualche mese dopo averla incontrata. Ma l'assoluta immersione e la brevità del percorso creativo (il libro è stato scritto in 22 giorni) sono immutate.
Ultima curiosità: I Guardiani? Non li abbandonerò mai. Anzi, ho già il titolo del prossimo libro della saga: La seminatrice. Il successo di Sara potrebbe incidere sui tempi di pubblicazione, ma non permetterò che slittino troppo. Ho ancora un mondo sotterraneo, e non solo, da raccontare.
Intervista a cura di Luciana Fredella
E' giunta alla Redazione di Canosawe la mail a firma di Romolo Chiancone riportante:""Brindo virtualmente al successo di questa nuova, interessante, originale rubrica che arricchisce significativamente l'offerta di canosaweb.it. Bella intervista a un autore piacevolissimo da leggere e da ascoltare in occasione delle sue presentazioni pubbliche. A me è capitato di apprezzare molto Maurizio de Giovanni a Padova, nella splendida cornice del 'Palazzo della Ragione' il 4 ottobre scorso, nel corso dell'ultima edizione de "La Fiera della Parole".Complimenti a Luciana Fredella e un grosso 'in bocca al lupo!',
Sara cosa ha regalato a Maurizio, a parte una notte insonne? Innanzitutto un incredibile quanto insperato primato in classifica. E poi un nuovo universo di personaggi cui mi sento già legato a doppio filo, affascinato come sono dalle vicende che vedo dipanarsi sotto i miei occhi come fossi un mero spettatore. Sta succedendo di nuovo quello che qualche volta racconto, quello che la gente potrebbe ritenere un vezzo e che invece è assoluta verità: lo scrittore non è Dio. Non può decidere in autonomia come i protagonisti della storia dovranno muoversi. Piuttosto, lo scrittore è uno che si affaccia alla finestra e racconta quello che vede alle persone che sono all'interno della stanza. E io dalla mia postazione privilegiata di spettatore me la godo, tanto più in questo libro costellato di figure femminili di spessore.
Sara è capace di prendere decisioni molto coraggiose, quelle che danno le vertigini perché non si sa a cosa portino, mi riferisco all'"abbandono" di marito e figlio per seguire Massimiliano, l'uomo che ha riconosciuto come l'amore della sua vita, prima ancora che potesse nascere una storia con lui. Com'è nata l'idea di dare a Sara questo passato? Questo libro è femminista. Sono partito da una considerazione semplice quanto sconcertante: se un uomo lascia la moglie e un figlio piccolo per amore, lo si considera una persona irresponsabile, ma lo si comprende, soprattutto se la donna con cui si rifà una vita è molto bella, o molto giovane, o molto ricca. Viceversa, se una donna lascia il marito e un figlio per amore, la si considera una persona anormale. Un mostro. Indipendentemente dalle qualità del nuovo compagno. Questa differenza di trattamento nel sentire comune è a mio parere inammissibile. Di qui il passato di Sara, che dopo aver incontrato l'amore della vita ha fatto la sola cosa che potesse fare.
Quando Massimiliano è morto, Sara è morta dentro e fuori. Cosa le ha dato lo sprone per "sopravvivere"? Sara ha sfiorato il suicidio. Anche nel libro, davanti a un flacone di pillole, ci ha pensato seriamente. Lei che ha perso, seppur in modo diverso, le sole due persone per le quali valesse la pena vivere, viene trattenuta da Viola, che porta dentro di sé tutto ciò che resta di suo figlio morto. Ecco ciò che riesce a legarla alla vita: lei che in fondo non è stata mai mamma, se non per pochi anni, si ritrova a essere nonna. E la responsabilità del nuovo ruolo non le consente in coscienza di chiudere il libro.
In tutte le storie che racconta, a noi lettori concede il lusso di viaggiare nella sua città, di percorrere strade diverse da quelle turistiche e di viverle con i personaggi straordinari che le abitano. Chi non è mai stato a Napoli, attraverso la lettura dei suoi romanzi, la percepisce fisicamente, la vive, la riconosce quando ci va. In Sara al tramonto, Napoli non è più protagonista: è stata una scelta voluta? Perché? Napoli per ora è sullo sfondo. Ma non escludo che nel prosieguo, sempreché il racconto di Sara continui, la storia non le restituisca il ruolo di protagonista che normalmente, secondo la sua natura, ha nei miei racconti.
Nelle sue storie c'è sempre un personaggio che provoca ilarità. Nel caso specifico quando penso all'ispettore Davide Pardo, subito sorrido perché mi vengono in mente le parti in cui non riesce a gestire Boris, un Bovaro del Bernese di kg.60 con 1 chilo e mezzo di lingua, che non lo riconosce come capo-branco/padrone. Poi il fatto che sia bravo nel suo lavoro, che sia un disastro nelle relazioni affettive e che riesca a vedere il bello che c'è in Sara, è qualcosa che viene in mente dopo. Quanto è importante che ci sia un personaggio "simpatico" in una storia perché la stessa funzioni? Ritengo sia sempre positivo avere almeno un personaggio empatico nei libri. Ma Pardo mi è venuto proprio così: non l'ho studiato a tavolino. Boris, invece, anche se non gli somiglia affatto è un omaggio al mio piccolo figlio peloso, cui il libro è dedicato e che ora purtroppo, per la disperazione di mia moglie, non c'è più.
Viola è un altro bel personaggio: è stata la compagna di Giorgio, il figlio di Sara che è morto prematuramente ma che le ha lasciato la vita, quella che porta dentro sé. Viola sarà importante per le indagini di Sara e Davide. Considerando la sua valenza, è un personaggio che ha strutturato quando è nata Sara oppure è "venuta a trovarla" in un secondo momento perché la storia prendesse la direzione che le ha dato? Esiste anche un racconto con Sara protagonista, che ho scritto prima di Sara al tramonto anche se sarà in libreria a maggio, in un'antologia con De Cataldo e Carlotto. E in questo racconto, Viola già c'è.
Durante la prima al Teatro Diana di Napoli il 9 aprile scorso, ha detto una frase che ha confermato ciò che ho sempre pensato: il romanzo nero, è un romanzo d'amore. Ho avuto l'impressione che Sara abbia volutamente nascondere e nascondersi per difendere e proteggere coloro che ha amato e che non ammetterebbe mai di amare, come Viola. È un'impressione sbagliata? Potrebbe essere una giusta sensazione. Ma è possibile che Sara sia diventata così per la vita che ha vissuto prima che la conoscessi. E' ancora troppo poco tempo. Dovrò frequentarla un po' di più per capire veramente come stanno le cose.
Negli incontri con i lettori ha sempre detto che scrive per immersione, cioè si chiude nello studio e scrive finchè il romanzo non è finito (periodo che corrisponde a circa un mese). Considerando quando ha incontrato Sara (dicembre), e quando ha messo il punto alla fine del romanzo (marzo), ha partecipato a festival, presentazioni in giro per l'Italia, non si è negato per interviste, trasmissioni etc… si può dire che con Sara abbia cambiato il suo "modus operandi"? Non è cambiato niente. Mi sono limitato a chiudermi nello studio qualche mese dopo averla incontrata. Ma l'assoluta immersione e la brevità del percorso creativo (il libro è stato scritto in 22 giorni) sono immutate.
Ultima curiosità: I Guardiani? Non li abbandonerò mai. Anzi, ho già il titolo del prossimo libro della saga: La seminatrice. Il successo di Sara potrebbe incidere sui tempi di pubblicazione, ma non permetterò che slittino troppo. Ho ancora un mondo sotterraneo, e non solo, da raccontare.
Intervista a cura di Luciana Fredella
E' giunta alla Redazione di Canosawe la mail a firma di Romolo Chiancone riportante:""Brindo virtualmente al successo di questa nuova, interessante, originale rubrica che arricchisce significativamente l'offerta di canosaweb.it. Bella intervista a un autore piacevolissimo da leggere e da ascoltare in occasione delle sue presentazioni pubbliche. A me è capitato di apprezzare molto Maurizio de Giovanni a Padova, nella splendida cornice del 'Palazzo della Ragione' il 4 ottobre scorso, nel corso dell'ultima edizione de "La Fiera della Parole".Complimenti a Luciana Fredella e un grosso 'in bocca al lupo!',