Crepuscolo letterario di Luciana Fredella
L'uomo che dorme
Corrado de Rosa presenta il suo primo romanzo
domenica 24 giugno 2018
8.56
Non tutti sanno che Corrado de Rosa è uno psichiatra che ha scelto di non lasciare la sua terra, Salerno. È autore di diversi saggi sull'uso della follia nei processi di mafia e terrorismo. Lavora tra carcere ed ospedale e, per conto dell'autorità giudiziaria, si è occupato di camorra, infiltrazioni mafiose al nord ed eversione nera. Per "nostra fortuna" ha voluto cimentarsi anche nella narrazione regalandoci lo straordinario romanzo "L'uomo che dorme" per Nero Rizzoli . Corrado de Rosa ama il cinema, la musica e la lettura passioni molto presenti "L'uomo che dorme". Il protagonista del romanzo "L'uomo che dorme" è il dottor Antonio Costanza, uno psichiatra che vive e lavora a Salerno tra l'ospedale e il carcere, pronto ad aiutare gli altri ma con una vita personale proiettata all'isolamento per scelta personale e da cui scaturiscono vicende ironiche e talvolta amare. Lungo la litoranea salernitana, che da un lato si affaccia sulla Costiera Amalfitana e dall'altra sul Cilento, avvengono 2 efferati delitti le cui vittime sono 2 prostitute ultrasessantenni. Mentre la polizia indaga su un possibile serial killer, Antonio viene chiamato a svolgere una perizia psichiatrica sul possibile colpevole, evidenziando la volontà non tanto di scoprire l'omicida, quanto la verità. A parlare del romanzo "L'uomo che dorme" , e forse un po' di sé, è con noi Corrado de Rosa che ha risposto alle domande di Canosaweb per la rubrica "Crepuscolo Letterario" tesa a promuovere la lettura e al contempo far conoscere scrittori, generi letterari ed i molteplici aspetti della cultura.
Antonio Costanza è tendenzialmente un misantropo, ovvero è un pigro che preferisce star solo, in casa, magari guardando la tv, piuttosto che uscire con gli amici, e quando ci è costretto è sufficiente scovare qualche insormontabile difetto nell'interlocutore di turno e via, verso un rassicurante isolamento. Come mai ha scelto un personaggio con queste peculiarità? Più che gli amici, nel suo periodo sabbatico Antonio evita di frequentare gente che non conosce o che conosce superficialmente. Non sceglie di stare in disparte per essere notato di più, ma perché, in un'epoca di relazioni frenetiche, é stanco di rapporti falsi. Accetta il compromesso della solitudine perché, in un momento di vita particolare, non vuole sforzarsi di piacere a tutti i costi e non vuole farsi piacere a tutti i costi gli altri.
Nel romanzo vengono trattati molti temi: femminicidio, bullismo, sfruttamento della prostituzione, condizioni carcerarie, follia. Il lettore però non li troverà mai, neanche una volta, etichettati. Antonio Costanza odia i luoghi comuni e dunque le etichette, li odia anche Corrado De Rosa? Perché? Perché uno degli obiettivi del romanzo era veicolare una corretta informazione sulla psichiatria e sulla criminologia, martoriate dai luoghi comuni. Oggi si usano etichette, e diagnosi, per tutto. La preoccupazione diventa ansia, la tristezza depressione. Se un ragazzino é un po' più irrequieto si invoca subito l'ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder). Questa frenesia determina una grande confusione rispetto a quello che può essere curato. E troppo spesso le etichette fanno perdere di vista le persone.
Uno dei personaggi che mi ha colpito è Elvezio, non solo per il nome ma per l'amore e la cura con cui svolge il suo lavoro: il barbiere. Nel libro vengono citati altri negozi, per esempio quello di giocattoli, la cartoleria, ovvero strutture nelle quali si hanno rapporti personali con i gestori/commessi. Mi sarei aspettata che Antonio frequentasse centri commerciali per il suo carattere schivo. È una scelta voluta? É una sorta di resistenza a bassa intensità contro la fighettizzazione dei locali e la deriva impersonale dei negozi. Oggi le botteghe non esistono più. E se sei in una città che non conosci, per capire dov'é il centro basta chiedere di Intimissimi o Tezenis. É quello che Antonio Costanza, nel romanzo, chiama il teorema della calza. Elvezio, poi, é un personaggio del tutto fuori tempo. Ha un nome fuori tempo, ascolta musica fuori tempo. Fa un lavoro fuori tempo, perché ha deciso di fare il barbiere quando ancora non c'era la moda dei saloni hipster. É uno che nuota controcorrente. A volte é un amico faticoso, ma almeno è genuino.
Antonio ha un figlio avuto dalla ex compagna Sara: Luca. Il bambino rappresenta la sua parte responsabile, come responsabile è nel suo lavoro. Per il resto Antonio si comporta come un adolescente delegando tutto al padre Vittorio. Questo atteggiamento "irresponsabile" si può considerare uno specchio dei quarantenni di oggi? Antonio é un quarantenne di oggi. Molto realizzato sul piano professionale, ma disastroso su quello personale. Anche Elvezio é un insicuro. E reagisce alla sua insicurezza con quell'aria da spaccone che ha una sua teoria su tutto. Vittorio, il padre di Antonio, coglie le fragilità del figlio e le esaspera considerandolo sempre un ragazzino come fanno tutti i padri. Per Antonio, però, Vittorio andrebbe sulla luna. Solo che lo insulterebbe lungo tutto il tragitto.
Con estremo piacere ho scoperto che Salerno non è solo "luminarie" e "Premio Barliario" ma anche una cittadina viva, con i suoi lati negativi, certo, ma con molti aspetti positivi che fanno venir voglia di visitarla anche solo per scoprire se esiste davvero il "Caffè Scorretto". È possibile immaginare questo romanzo in un'altra località? Il Caffè Scorretto é un posto molto caratterizzato e pieno di passione per il calcio. Un po' come vorrei che fosse il mio quartier generale. Purtroppo è stato preso di mira dalla Rive gauche della città. Per intenderci, quelli che: "lottiamo contro il sistema ma giriamo in SUV". Per questo, Antonio lo frequenta solo in bassa stagione e fuori orario. Salerno, poi, é in bilico, sospesa come Antonio. Deve capire cosa vuole diventare da grande facendo i conti con i suoi punti di forza e i suoi difetti che tende a mettere sotto il tappeto.
Osvaldo Gambardella è il primario superiore di Antonio. Parla dandosi del "noi" e si rivolge agli altri dando "del lei". È molto avvezzo a "favorire" persone potenti e questo anche a scapito di chi ha delle effettive necessità. Si può considerare una velata denuncia contro tutti coloro che tradiscono il giuramento di Ippocrate? Secondo lei è un atteggiamento diffuso? Gambardellla rappresenta una categoria precisa. Quella dei primari politicizzati. Uno che deve dare conto a chi lo ha messo lì. Uno che sceglierà sempre di compiacere i capi a scapito del personale che dirige. Però il suo ruolo sarà sempre precario. Perché all'elezione successiva, se non si troverà nella cordata giusta, rischierà di cadere in disgrazia. E al posto suo ci sarà uno come lui che riattiverà il circolo vizioso. Con buona pace della Sanità.
Il libro è pieno di citazioni, alcune note altre meno, e molto volentieri ho ascoltato la lista dei brani che vengono citati, quantomeno per conoscere quelli che non conoscevo. Tratta da "Alta fedeltà" di Nick Hornby è ad esempio una delle tante manie di Antonio come quella di creare liste, ad esempio i 5 film migliori dei libri da cui sono tratti. Quanto è importante la conoscenza di libri, film, musica per la struttura della storia e per Antonio? C'é un esplicito riferimento ad Alta fedeltà, é vero. Ed é una dichiarazione d'amore tanto mia quanto di Antonio Costanza. Ma le classifiche servono anche per sottolineare lo sguardo al passato di Antonio. Si tratta di una sorta di coperta di Linus che, in qualche modo, lo rassicura.
Il titolo del suo romanzo ricorda il titolo di un altro libro: Un uomo che dorme di Georges Perec il cui protagonista, uno studente, sceglie di punto in bianco, di diventare indifferente a tutto. Come mai ha scelto come titolo L'uomo che dorme? Perché il sonno, appunto, é una grande metafora per il momento di vita che attraversa Antonio e perché ha un ruolo fondamentale nelle vicende criminali che racconto nel romanzo.
Trovo che questo libro sia un bel manuale, non invasivo, per capire molte cose e in un certo senso anche conoscere se stessi. Penso ad esempio al modo in cui il lettore si rapporta alle vicende dei personaggi, ai sentimenti che prova quando si imbatte nella giornalista Laura, o nell'ex detenuto Vito Senatore, a cosa pensa di Gambardella e dell'ispettore Cantillo, i personaggi sono tutti ben definiti e caratterizzati ed è impossibile non provare sentimenti. Quanto è importante il suo lavoro per creare un'empatia tra personaggi e lettori? Gli stati d'animo del lettore rispetto ai personaggi mi interessano moltissimo. E mi interessa capire come cambiano mentre si modificano le vicende dei protagonisti. Oltre a una scaletta relativa alle vicende che avrei raccontato, ho cercato di costruire una specie di biografia psicologica dei personaggi principali, con le loro ambivalenze e le loro debolezze. Mi sono anche domandato cosa avrei potuto portare in una collana come Nero Rizzoli, che ha già un'identità molto precisa e stimola un confronto continuo tra gli autori che partecipano al progetto con percorsi personali e professionali differenti. Mi occupo di crimini e di criminali da un angolo di visuale specifico, quello di psichiatra. Mi interessa raccontare i risvolti psicologici del crimine, sia di chi lo commette sia di chi lo subisce. Però mi interessa anche riflettere su un altro aspetto, più scivoloso. Cioè su quanto la presenza del crimine sui territori condiziona le vite di chi in quei territori vive. Questa è una delle domande che attraversano sotto traccia L'uomo che dorme. E poi ho provato a insistere non tanto su "chi" ha commesso reati tanto brutali come quelli che racconto, ma su "perché" una persona può arrivare a tanto.
La parentesi con il noir è da considerarsi tale o possiamo sperare in altri romanzi? Io e Antonio Costanza condividiamo la scaramanzia, quindi mi avvalgo della facoltà di non rispondere. E poi sicuro che "sperare" sia il verbo giusto? Scherzi a parte, diciamo che ho chiaro in testa quello che mi piacerebbe raccontare nel prossimo romanzo. C'e il problema che io e Antonio Costanza siamo pigri, ma questo é un dettaglio.
Scriverà ancora dei saggi? Si, ho quasi terminato un testo sull'uso politico della follia in Italia. Un lavoro a cui tengo molto perché mette le mani nella coscienza sporca dell'Italia da una prospettiva inedita.
Antonio Costanza è tendenzialmente un misantropo, ovvero è un pigro che preferisce star solo, in casa, magari guardando la tv, piuttosto che uscire con gli amici, e quando ci è costretto è sufficiente scovare qualche insormontabile difetto nell'interlocutore di turno e via, verso un rassicurante isolamento. Come mai ha scelto un personaggio con queste peculiarità? Più che gli amici, nel suo periodo sabbatico Antonio evita di frequentare gente che non conosce o che conosce superficialmente. Non sceglie di stare in disparte per essere notato di più, ma perché, in un'epoca di relazioni frenetiche, é stanco di rapporti falsi. Accetta il compromesso della solitudine perché, in un momento di vita particolare, non vuole sforzarsi di piacere a tutti i costi e non vuole farsi piacere a tutti i costi gli altri.
Nel romanzo vengono trattati molti temi: femminicidio, bullismo, sfruttamento della prostituzione, condizioni carcerarie, follia. Il lettore però non li troverà mai, neanche una volta, etichettati. Antonio Costanza odia i luoghi comuni e dunque le etichette, li odia anche Corrado De Rosa? Perché? Perché uno degli obiettivi del romanzo era veicolare una corretta informazione sulla psichiatria e sulla criminologia, martoriate dai luoghi comuni. Oggi si usano etichette, e diagnosi, per tutto. La preoccupazione diventa ansia, la tristezza depressione. Se un ragazzino é un po' più irrequieto si invoca subito l'ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder). Questa frenesia determina una grande confusione rispetto a quello che può essere curato. E troppo spesso le etichette fanno perdere di vista le persone.
Uno dei personaggi che mi ha colpito è Elvezio, non solo per il nome ma per l'amore e la cura con cui svolge il suo lavoro: il barbiere. Nel libro vengono citati altri negozi, per esempio quello di giocattoli, la cartoleria, ovvero strutture nelle quali si hanno rapporti personali con i gestori/commessi. Mi sarei aspettata che Antonio frequentasse centri commerciali per il suo carattere schivo. È una scelta voluta? É una sorta di resistenza a bassa intensità contro la fighettizzazione dei locali e la deriva impersonale dei negozi. Oggi le botteghe non esistono più. E se sei in una città che non conosci, per capire dov'é il centro basta chiedere di Intimissimi o Tezenis. É quello che Antonio Costanza, nel romanzo, chiama il teorema della calza. Elvezio, poi, é un personaggio del tutto fuori tempo. Ha un nome fuori tempo, ascolta musica fuori tempo. Fa un lavoro fuori tempo, perché ha deciso di fare il barbiere quando ancora non c'era la moda dei saloni hipster. É uno che nuota controcorrente. A volte é un amico faticoso, ma almeno è genuino.
Antonio ha un figlio avuto dalla ex compagna Sara: Luca. Il bambino rappresenta la sua parte responsabile, come responsabile è nel suo lavoro. Per il resto Antonio si comporta come un adolescente delegando tutto al padre Vittorio. Questo atteggiamento "irresponsabile" si può considerare uno specchio dei quarantenni di oggi? Antonio é un quarantenne di oggi. Molto realizzato sul piano professionale, ma disastroso su quello personale. Anche Elvezio é un insicuro. E reagisce alla sua insicurezza con quell'aria da spaccone che ha una sua teoria su tutto. Vittorio, il padre di Antonio, coglie le fragilità del figlio e le esaspera considerandolo sempre un ragazzino come fanno tutti i padri. Per Antonio, però, Vittorio andrebbe sulla luna. Solo che lo insulterebbe lungo tutto il tragitto.
Con estremo piacere ho scoperto che Salerno non è solo "luminarie" e "Premio Barliario" ma anche una cittadina viva, con i suoi lati negativi, certo, ma con molti aspetti positivi che fanno venir voglia di visitarla anche solo per scoprire se esiste davvero il "Caffè Scorretto". È possibile immaginare questo romanzo in un'altra località? Il Caffè Scorretto é un posto molto caratterizzato e pieno di passione per il calcio. Un po' come vorrei che fosse il mio quartier generale. Purtroppo è stato preso di mira dalla Rive gauche della città. Per intenderci, quelli che: "lottiamo contro il sistema ma giriamo in SUV". Per questo, Antonio lo frequenta solo in bassa stagione e fuori orario. Salerno, poi, é in bilico, sospesa come Antonio. Deve capire cosa vuole diventare da grande facendo i conti con i suoi punti di forza e i suoi difetti che tende a mettere sotto il tappeto.
Osvaldo Gambardella è il primario superiore di Antonio. Parla dandosi del "noi" e si rivolge agli altri dando "del lei". È molto avvezzo a "favorire" persone potenti e questo anche a scapito di chi ha delle effettive necessità. Si può considerare una velata denuncia contro tutti coloro che tradiscono il giuramento di Ippocrate? Secondo lei è un atteggiamento diffuso? Gambardellla rappresenta una categoria precisa. Quella dei primari politicizzati. Uno che deve dare conto a chi lo ha messo lì. Uno che sceglierà sempre di compiacere i capi a scapito del personale che dirige. Però il suo ruolo sarà sempre precario. Perché all'elezione successiva, se non si troverà nella cordata giusta, rischierà di cadere in disgrazia. E al posto suo ci sarà uno come lui che riattiverà il circolo vizioso. Con buona pace della Sanità.
Il libro è pieno di citazioni, alcune note altre meno, e molto volentieri ho ascoltato la lista dei brani che vengono citati, quantomeno per conoscere quelli che non conoscevo. Tratta da "Alta fedeltà" di Nick Hornby è ad esempio una delle tante manie di Antonio come quella di creare liste, ad esempio i 5 film migliori dei libri da cui sono tratti. Quanto è importante la conoscenza di libri, film, musica per la struttura della storia e per Antonio? C'é un esplicito riferimento ad Alta fedeltà, é vero. Ed é una dichiarazione d'amore tanto mia quanto di Antonio Costanza. Ma le classifiche servono anche per sottolineare lo sguardo al passato di Antonio. Si tratta di una sorta di coperta di Linus che, in qualche modo, lo rassicura.
Il titolo del suo romanzo ricorda il titolo di un altro libro: Un uomo che dorme di Georges Perec il cui protagonista, uno studente, sceglie di punto in bianco, di diventare indifferente a tutto. Come mai ha scelto come titolo L'uomo che dorme? Perché il sonno, appunto, é una grande metafora per il momento di vita che attraversa Antonio e perché ha un ruolo fondamentale nelle vicende criminali che racconto nel romanzo.
Trovo che questo libro sia un bel manuale, non invasivo, per capire molte cose e in un certo senso anche conoscere se stessi. Penso ad esempio al modo in cui il lettore si rapporta alle vicende dei personaggi, ai sentimenti che prova quando si imbatte nella giornalista Laura, o nell'ex detenuto Vito Senatore, a cosa pensa di Gambardella e dell'ispettore Cantillo, i personaggi sono tutti ben definiti e caratterizzati ed è impossibile non provare sentimenti. Quanto è importante il suo lavoro per creare un'empatia tra personaggi e lettori? Gli stati d'animo del lettore rispetto ai personaggi mi interessano moltissimo. E mi interessa capire come cambiano mentre si modificano le vicende dei protagonisti. Oltre a una scaletta relativa alle vicende che avrei raccontato, ho cercato di costruire una specie di biografia psicologica dei personaggi principali, con le loro ambivalenze e le loro debolezze. Mi sono anche domandato cosa avrei potuto portare in una collana come Nero Rizzoli, che ha già un'identità molto precisa e stimola un confronto continuo tra gli autori che partecipano al progetto con percorsi personali e professionali differenti. Mi occupo di crimini e di criminali da un angolo di visuale specifico, quello di psichiatra. Mi interessa raccontare i risvolti psicologici del crimine, sia di chi lo commette sia di chi lo subisce. Però mi interessa anche riflettere su un altro aspetto, più scivoloso. Cioè su quanto la presenza del crimine sui territori condiziona le vite di chi in quei territori vive. Questa è una delle domande che attraversano sotto traccia L'uomo che dorme. E poi ho provato a insistere non tanto su "chi" ha commesso reati tanto brutali come quelli che racconto, ma su "perché" una persona può arrivare a tanto.
La parentesi con il noir è da considerarsi tale o possiamo sperare in altri romanzi? Io e Antonio Costanza condividiamo la scaramanzia, quindi mi avvalgo della facoltà di non rispondere. E poi sicuro che "sperare" sia il verbo giusto? Scherzi a parte, diciamo che ho chiaro in testa quello che mi piacerebbe raccontare nel prossimo romanzo. C'e il problema che io e Antonio Costanza siamo pigri, ma questo é un dettaglio.
Scriverà ancora dei saggi? Si, ho quasi terminato un testo sull'uso politico della follia in Italia. Un lavoro a cui tengo molto perché mette le mani nella coscienza sporca dell'Italia da una prospettiva inedita.