DIRITTO & DIRITTI con l'Avvocato Coppola
I 5 Referendum sulla Giustizia
La disamina in un breve excursus
mercoledì 8 giugno 2022
15.21
Il 12 giugno 2022 siamo chiamati ad esprimerci su importanti quesiti referendari riguardanti il nostro sistema giudiziario e alcune norme di procedura penale di rilievo che condizionano le libertà personali e che, se avranno il suffragio del 50% + 1 dei votanti, modificheranno in maniera significativa, almeno in teoria e secondo gli scopi dei promotori, il nostro ordinamento giudiziario e giuridico penale. Per non soffermarmi sull'opportunità di delegare al popolo la possibilità di esprimersi per l'abrogazione di norme così tecniche e complesse, che richiedono un minimo di preparazione giuridica che la stragrande maggioranza non ha, invece di provvedere legislativamente ed efficacemente sulla materia (la riforma della ministra Cartabia non è così' incisiva come invece doveva essere), passo ad esaminarli in un breve excursus.
REFERENDUM N. 1 – SCHEDA ROSSA
ABROGAZIONE DELLE DISPOSISZIONI SULLA INCANDIDABILITA' E DIVIETO DI RICOPRIRE CARICHE ELETTIVE E DI GOVERNO CONSEGUENTI A SENTENZE DEFINITIVE DI CONDANNA PER REATI NON COLPOSI – Decreto Severino
Il referendum si riferisce all'abrogazione del c.d. decreto Severino dal nome del Guardasigilli (Ministro della Giustizia) che lo adottò nel governo Monti e prevede l'incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per parlamentari, sindaci, consiglieri e amministratori di enti locali in caso di condanna per particolari tipologie di reati non colposi, con effetto retroattivo, quindi anche ad elezione avvenuta. Da sottolineare che l'effetto automatico, per gli enti territoriali (comuni, province e regioni) ed enti locali, si verifica anche per condanna in primo grado, quindi non definitiva e per un periodo massimo di sospensione di 18 mesi, o fino a condanna definitiva se pronunciata prima del termine.
La Corte Costituzionale in passato si è pronunciata sulla sua legittimità considerandola una "misura cautelare" e non una "pena" e quindi le norme non soggette al principio di innocenza sancito dall'art. 27 Cost. Da precisare che l'ordinamento prevede sempre l'interdizione dai pubblici uffici, come pena accessoria, in caso di condanna superiore ai 5 anni di reclusione, indipendentemente dal decreto in oggetto che prevede l'effetto preclusivo già con condanna a due anni.
Se si vota "SI" si abrogano totalmente le disposizioni suddette e l'effetto automatico, con ritorno alla discrezionalità del magistrato nell'applicazione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici. Se si vota "NO" si mantengono in vigore le disposizioni esistenti e il meccanismo dell'automaticità che comunque si applica solo per i reati dolosi e non per quelli colposi.
REFERENDUM N. 2 – SCHEDA ARANCIONE
LIMITAZIONE DELLE MISURE CAUTELARI
Il referendum riguarda l'abrogazione dell'ultimo inciso dell'art. 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale in materia di misure cautelari nel processo penale.
Il codice ne prevede due tipologie: quelle personali che privano della libertà l'indagato e quelle reali che privano della capacità di disporre dei propri beni, vengono disposte dal Giudice in caso sussista il pericolo di una delle seguenti circostanze: "possibile reiterazione del reato, possibilità di fuga, possibile inquinamento delle prove". In particolare la custodia cautelare è misura coercitiva che consente di privare della libertà personale, in carcere e agli arresti domiciliari, una persona che non sia stata ancora condannata sul possibile pericolo di verifica di una delle circostanze suddette. Secondo i promotori del referendum di tale misura si abusa, tanto è vero che gli imputati in custodia cautelare costituiscono il 31% del totale, uno su tre e circa mille persone all'anno risultano poi innocenti nel successivo giudizio. In questi casi l'effetto sulle persone è devastante con gravi ripercussioni nella sfera privata e professionale, secondo i promotori rappresenta una palese violazione del principio costituzionale di presunzione di innocenza sino a condanna definitiva sancito dall'art. 27 della Cost., senza contare il danno economico per lo Stato, sia pur residuale, per i risarcimenti dovuti.
Se si vota "SI" si abrogano le norme vigenti e la carcerazione preveniva può essere disposta solo per i reati più gravi, se si vota "NO" resta in vigore l'attuale normativa.
REFERENDUM N. 3 - SCHEDA GIALLA
SEPARAZIONE DELLE FUNZIONI DEI MAGISTRATI
Questo quesito referendario (eccessivamente lungo) chiede di votare l'abrogazione delle norme che regolano il passaggio dei magistrati dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa. Nel nostro ordinamento i magistrati possono rivestire la funzione di pubblico ministero, che rappresenta l'accusa (il sostituto procuratore della Repubblica che conduce le indagini), e giudice che emette la sentenza, figura super partes tra accusa e difesa (ruolo dell'avvocato). I magistrati nel corso della carriera possono passare al massimo per quattro volte dal ruolo requirente a quello giudicante. Secondo i promotori del referendum le due figure devono restare distinte e i magistrati, all'atto della loro nomina, devono scegliere tra le due carriere che manterranno per tutta la loro attività professionale, ciò a garanzia dell'imparzialità nel giudicare. Si ritiene, infatti, che chi ha rivestito il ruolo di accusatore non possa poi giudicare "serenamente" qualora vada a rivestire il ruolo di giudice, soprattutto se ciò si verifica nello stesso processo come è accaduto.
La materia è prevista anche nel progetto di riforma dell'attuale Ministra della Giustizia Cartabia che non elimina del tutto i passaggi tra le due funzioni requirente – giudicante, ma li riduce ad uno.
Se si vota "SI" si abrogano le norme in vigore e non si consente il passaggio tra le due funzioni evitando le c.d. "porte girevoli", se si vota "NO" restano in vigore le norme attuali che saranno probabilmente sostituite da quelle della riforma Cartabia.
REFERENDUM N. 4 – SCHEDA GRIGIA
PARTECIPAZIONE DEI MEMBRI LAICI A TUTTE LE DELIBERAZIONI DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA CORTE DI CASSAZIONE E DEI CONSIGLI GIUDIZIARI
Il quesito chiede di pronunciarsi sull'abrogazione delle norme che regolano la partecipazione dei membri laici e delle loro competenze nei consiglio direttivo della Corte di Cassazione e nei Consigli Giudiziari.
La corte di Cassazione è il massimo organo giurisdizionale del nostro ordinamento giudiziario a cui spetta di pronunciarsi in ultimo o "terzo grado" di giudizio che è solo di legittimità (quindi per violazione o non corretta applicazione di norme) e non può investire il merito dei giudizi (l'accertamento delle vicende di fatto alla stregua delle norme vigenti portate in giudizio) che viene definito in primo e secondo grado (appello).
La valutazione sulla professionalità e competenza dei magistrati è attualmente riservata al C.S.M. e ai Consigli Giudiziari, organi territoriali composti da magistrati, avvocati e docenti universitari in materie giuridiche che costituiscono la componente laica per un terzo della loro composizione, ma che tuttavia non partecipa al voto sulla valutazione dei magistrati che è riservata solo alla parte togata.
Secondo i promotori del referendum tale assetto, oltre a non assicurare una valutazione imparziale, poiché le due figure di "controllore" e "controllato" coincidono, favorisce una predisposizione di tutela corporativa.
Se si vota "SI" si abrogano le norme esistenti e si consente anche ai membri laici di valutare l'operato e la professionalità dei magistrati, se si vota "NO" ovviamente si lascia in vigore il sistema attuale.
La materia è anche oggetto dell'ultima riforma Cartabia.
RIFORMA DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA (C.S.M.) – SCHEDA VERDE
Il C.S.M. è il massimo organo della Magistratura con funzioni di governo, controllo e autodisciplina. E' presieduto dal Presidente della Repubblica e ne fanno parte di diritto il Presidente e il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, gli altri 24 membri vengono eletti ogni quattro anni per due terzi tra i magistrati e per un terzo dal Parlamento in seduta comune. Un magistrato che si voglia candidare ad essere eletto al C.S.M. deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme tra suoi colleghi c.d. "presentatori", ma di fatto, nell'attuale sistema , tra le varie "correnti" o nella corrente in cui è iscritto. Nel tempo le varie correnti sono divenute dei veri e propri partiti dei magistrati, quindi con indirizzo politico, che sono in grado di condizionare le nomine alle cariche, le promozioni, i trasferimenti dei magistrati e quindi è facile immaginare che possono condizionare l'indipendenza e l'imparzialità del magistrato. Esemplare è stato il caso Palamara.
Se si vota "SI" si abolisce l'attuale sistema e l'influenza delle correnti consentendo a qualunque magistrato di candidarsi senza ottenere il beneplacito delle correnti, se si vota "NO" si mantiene in vigore il sistema attuale. Anche la materia di questo referendum è oggetto dell'ultima riforma della Ministra Cartabia che verrà discussa al Senato il prossimo 15 giugno, vedremo, se i referendum saranno approvati, se prevarranno sulle norme della riforma (qualora approvata).
Roberto F. Coppola- Avvocato
REFERENDUM N. 1 – SCHEDA ROSSA
ABROGAZIONE DELLE DISPOSISZIONI SULLA INCANDIDABILITA' E DIVIETO DI RICOPRIRE CARICHE ELETTIVE E DI GOVERNO CONSEGUENTI A SENTENZE DEFINITIVE DI CONDANNA PER REATI NON COLPOSI – Decreto Severino
Il referendum si riferisce all'abrogazione del c.d. decreto Severino dal nome del Guardasigilli (Ministro della Giustizia) che lo adottò nel governo Monti e prevede l'incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per parlamentari, sindaci, consiglieri e amministratori di enti locali in caso di condanna per particolari tipologie di reati non colposi, con effetto retroattivo, quindi anche ad elezione avvenuta. Da sottolineare che l'effetto automatico, per gli enti territoriali (comuni, province e regioni) ed enti locali, si verifica anche per condanna in primo grado, quindi non definitiva e per un periodo massimo di sospensione di 18 mesi, o fino a condanna definitiva se pronunciata prima del termine.
La Corte Costituzionale in passato si è pronunciata sulla sua legittimità considerandola una "misura cautelare" e non una "pena" e quindi le norme non soggette al principio di innocenza sancito dall'art. 27 Cost. Da precisare che l'ordinamento prevede sempre l'interdizione dai pubblici uffici, come pena accessoria, in caso di condanna superiore ai 5 anni di reclusione, indipendentemente dal decreto in oggetto che prevede l'effetto preclusivo già con condanna a due anni.
Se si vota "SI" si abrogano totalmente le disposizioni suddette e l'effetto automatico, con ritorno alla discrezionalità del magistrato nell'applicazione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici. Se si vota "NO" si mantengono in vigore le disposizioni esistenti e il meccanismo dell'automaticità che comunque si applica solo per i reati dolosi e non per quelli colposi.
REFERENDUM N. 2 – SCHEDA ARANCIONE
LIMITAZIONE DELLE MISURE CAUTELARI
Il referendum riguarda l'abrogazione dell'ultimo inciso dell'art. 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale in materia di misure cautelari nel processo penale.
Il codice ne prevede due tipologie: quelle personali che privano della libertà l'indagato e quelle reali che privano della capacità di disporre dei propri beni, vengono disposte dal Giudice in caso sussista il pericolo di una delle seguenti circostanze: "possibile reiterazione del reato, possibilità di fuga, possibile inquinamento delle prove". In particolare la custodia cautelare è misura coercitiva che consente di privare della libertà personale, in carcere e agli arresti domiciliari, una persona che non sia stata ancora condannata sul possibile pericolo di verifica di una delle circostanze suddette. Secondo i promotori del referendum di tale misura si abusa, tanto è vero che gli imputati in custodia cautelare costituiscono il 31% del totale, uno su tre e circa mille persone all'anno risultano poi innocenti nel successivo giudizio. In questi casi l'effetto sulle persone è devastante con gravi ripercussioni nella sfera privata e professionale, secondo i promotori rappresenta una palese violazione del principio costituzionale di presunzione di innocenza sino a condanna definitiva sancito dall'art. 27 della Cost., senza contare il danno economico per lo Stato, sia pur residuale, per i risarcimenti dovuti.
Se si vota "SI" si abrogano le norme vigenti e la carcerazione preveniva può essere disposta solo per i reati più gravi, se si vota "NO" resta in vigore l'attuale normativa.
REFERENDUM N. 3 - SCHEDA GIALLA
SEPARAZIONE DELLE FUNZIONI DEI MAGISTRATI
Questo quesito referendario (eccessivamente lungo) chiede di votare l'abrogazione delle norme che regolano il passaggio dei magistrati dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa. Nel nostro ordinamento i magistrati possono rivestire la funzione di pubblico ministero, che rappresenta l'accusa (il sostituto procuratore della Repubblica che conduce le indagini), e giudice che emette la sentenza, figura super partes tra accusa e difesa (ruolo dell'avvocato). I magistrati nel corso della carriera possono passare al massimo per quattro volte dal ruolo requirente a quello giudicante. Secondo i promotori del referendum le due figure devono restare distinte e i magistrati, all'atto della loro nomina, devono scegliere tra le due carriere che manterranno per tutta la loro attività professionale, ciò a garanzia dell'imparzialità nel giudicare. Si ritiene, infatti, che chi ha rivestito il ruolo di accusatore non possa poi giudicare "serenamente" qualora vada a rivestire il ruolo di giudice, soprattutto se ciò si verifica nello stesso processo come è accaduto.
La materia è prevista anche nel progetto di riforma dell'attuale Ministra della Giustizia Cartabia che non elimina del tutto i passaggi tra le due funzioni requirente – giudicante, ma li riduce ad uno.
Se si vota "SI" si abrogano le norme in vigore e non si consente il passaggio tra le due funzioni evitando le c.d. "porte girevoli", se si vota "NO" restano in vigore le norme attuali che saranno probabilmente sostituite da quelle della riforma Cartabia.
REFERENDUM N. 4 – SCHEDA GRIGIA
PARTECIPAZIONE DEI MEMBRI LAICI A TUTTE LE DELIBERAZIONI DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA CORTE DI CASSAZIONE E DEI CONSIGLI GIUDIZIARI
Il quesito chiede di pronunciarsi sull'abrogazione delle norme che regolano la partecipazione dei membri laici e delle loro competenze nei consiglio direttivo della Corte di Cassazione e nei Consigli Giudiziari.
La corte di Cassazione è il massimo organo giurisdizionale del nostro ordinamento giudiziario a cui spetta di pronunciarsi in ultimo o "terzo grado" di giudizio che è solo di legittimità (quindi per violazione o non corretta applicazione di norme) e non può investire il merito dei giudizi (l'accertamento delle vicende di fatto alla stregua delle norme vigenti portate in giudizio) che viene definito in primo e secondo grado (appello).
La valutazione sulla professionalità e competenza dei magistrati è attualmente riservata al C.S.M. e ai Consigli Giudiziari, organi territoriali composti da magistrati, avvocati e docenti universitari in materie giuridiche che costituiscono la componente laica per un terzo della loro composizione, ma che tuttavia non partecipa al voto sulla valutazione dei magistrati che è riservata solo alla parte togata.
Secondo i promotori del referendum tale assetto, oltre a non assicurare una valutazione imparziale, poiché le due figure di "controllore" e "controllato" coincidono, favorisce una predisposizione di tutela corporativa.
Se si vota "SI" si abrogano le norme esistenti e si consente anche ai membri laici di valutare l'operato e la professionalità dei magistrati, se si vota "NO" ovviamente si lascia in vigore il sistema attuale.
La materia è anche oggetto dell'ultima riforma Cartabia.
RIFORMA DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA (C.S.M.) – SCHEDA VERDE
Il C.S.M. è il massimo organo della Magistratura con funzioni di governo, controllo e autodisciplina. E' presieduto dal Presidente della Repubblica e ne fanno parte di diritto il Presidente e il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, gli altri 24 membri vengono eletti ogni quattro anni per due terzi tra i magistrati e per un terzo dal Parlamento in seduta comune. Un magistrato che si voglia candidare ad essere eletto al C.S.M. deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme tra suoi colleghi c.d. "presentatori", ma di fatto, nell'attuale sistema , tra le varie "correnti" o nella corrente in cui è iscritto. Nel tempo le varie correnti sono divenute dei veri e propri partiti dei magistrati, quindi con indirizzo politico, che sono in grado di condizionare le nomine alle cariche, le promozioni, i trasferimenti dei magistrati e quindi è facile immaginare che possono condizionare l'indipendenza e l'imparzialità del magistrato. Esemplare è stato il caso Palamara.
Se si vota "SI" si abolisce l'attuale sistema e l'influenza delle correnti consentendo a qualunque magistrato di candidarsi senza ottenere il beneplacito delle correnti, se si vota "NO" si mantiene in vigore il sistema attuale. Anche la materia di questo referendum è oggetto dell'ultima riforma della Ministra Cartabia che verrà discussa al Senato il prossimo 15 giugno, vedremo, se i referendum saranno approvati, se prevarranno sulle norme della riforma (qualora approvata).
Roberto F. Coppola- Avvocato