DIRITTO & DIRITTI con l'Avvocato Coppola
Le spese condominiali
Le relative delibere vengono prese con maggioranze diverse
martedì 30 aprile 2019
23.17
Parte seconda
Esaminiamo in questa seconda parte, in primis, le maggioranze richieste dal codice civile per l'approvazione assembleare delle diverse tipologie di spese. E' stato detto che le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria sono necessarie alla manutenzione e conservazione delle parti comuni dell'edificio, mentre le innovazioni non riguardano spese necessarie, ma utili ad un miglior godimento della proprietà comune. Le relative delibere vengono prese con maggioranze diverse a seconda che si approvino spese di manutenzione ordinaria o straordinaria e innovazioni. Così, per le spese di ordinaria manutenzione, è sufficiente che la delibera venga approvata con la maggioranza dei presenti rappresentanti almeno un terzo dei millesimi di proprietà. Per le opere di straordinaria manutenzione viene richiesta una maggioranza più qualificata, l'art. 1136 c.c. prevede che vengano approvate "con un numero di voti che rappresentino la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio", mentre per le innovazioni, il codice dispone in base alla loro tipologia. L'art. 1120 c.c., secondo comma, con rimando all'art. 1136, richiede le maggioranze suddette per: 1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e salubrità degli edifici e degli impianti; 2) le opere e gli interventi previsti per: eliminare le barriere architettoniche, il contenimento del consumo energetico degli edifici, realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio, la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, eolici, solari o comunque rinnovabili; 3) l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informatico. Invece, al primo comma, l'art. 1120 c.c. richiede la maggioranza prevista dal quinto comma dell'art. 1136 c.c., e cioè: "la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell'edificio", per tutte le altre innovazioni "dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni". Il codice quindi richiede maggioranze più elevate per le spese straordinarie e le innovazioni, in ragione della eccezionalità dell'opera da realizzare e del conseguente impegno di spesa, che necessita del più ampio consenso dei condomini e di una più ampia valutazione della spesa che si va ad assumere. A tal proposito l'art. 1135 c.c. n. 4 prevede "la costituzione obbligatoria di un fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori". Tuttavia i condomini possono evitare di partecipare alle spese per le "innovazioni" di importo notevole o voluttuarie (e quindi non necessarie). E' quanto prevede l'art. 1121 c.c primo comma: "Qualora l'innovazione comporti una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario… e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo alla spesa". E al secondo comma: "Se l'utilizzazione separata non è possibile, l'innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata o accettata non intenda sopportarne integralmente la spesa". Mentre al terzo comma: "Tuttavia, tali condomini, possono in qualunque tempo, aderire ai vantaggi dell'innovazione contribuendo nelle spese di esecuzione e manutenzione dell'opera."
Ma quali conseguenze per il condomino che non voglia partecipare alle spese deliberate dalla maggioranza o previste dal codice? L'art. 1129 c.c. ci dice che: "l'amministratore è tenuto (salvo dispensa dell'assemblea) ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso…" e l'art. 63 Disposizioni di Attuazione che: "senza autorizzazione dell'assemblea può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori insoddisfatti i dati dei condomini morosi. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti se non dopo l'escussione degli altri condomini. In caso di mora nel pagamento dei contributi per un semestre l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato". Infine, sempre l'art. 63 disp. att., dispone che: "Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente. Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa (acquirente, donatario, ecc.) per i contributi maturati fino a quando non trasmette all'amministratore copia autentica dell'atto di trasferimento dei diritti".
La morosità dei condomini ha generato problemi di applicazione giuridica di non facile soluzione, anche dopo la riforma del 2012, al riguardo troppo sintetica e non chiarificatrice, pertanto sono state le pronunce giurisprudenziali a colmare le lacune risolvendo talune casistiche. Cosi'si è ritenuto che l'amministratore per procedere nei confronti dei condomini morosi con un decreto ingiuntivo debba corredarlo del piano di ripartizione delle spese, senza il quale non può agire, poiché l'importo dovuto dal moroso non è determinabile, e i creditori condominiali, per vedere soddisfatto il proprio credito, non possono agire direttamente nei confronti dei morosi, ma devono prima ottenere dal Giudice un titolo esecutivo (decreto ingiuntivo) nei confronti del condominio, notificare allo stesso un precetto e solo in caso di persistente morosità, avviare un'azione esecutiva mobiliare o immobiliare nei confronti di quei condomini morosi, prima di potersi rivolgere, in caso di esito negativo dell'azione esecutiva, nei confronti di quei condomini regolari nei pagamenti. Inoltre, a seguito della riforma, la Giurisprudenza ha ritenuto che sospensioni in passato disposte dell'erogazione dell'acqua o del riscaldamento nei mesi invernali, nei confronti dei condomini morosi, non siano più possibili, poiché ledono il diritto alla salute costituzionalmente garantito dall'art. 32.
Roberto Felice Coppola - Avvocato (civile – tributario)
Esaminiamo in questa seconda parte, in primis, le maggioranze richieste dal codice civile per l'approvazione assembleare delle diverse tipologie di spese. E' stato detto che le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria sono necessarie alla manutenzione e conservazione delle parti comuni dell'edificio, mentre le innovazioni non riguardano spese necessarie, ma utili ad un miglior godimento della proprietà comune. Le relative delibere vengono prese con maggioranze diverse a seconda che si approvino spese di manutenzione ordinaria o straordinaria e innovazioni. Così, per le spese di ordinaria manutenzione, è sufficiente che la delibera venga approvata con la maggioranza dei presenti rappresentanti almeno un terzo dei millesimi di proprietà. Per le opere di straordinaria manutenzione viene richiesta una maggioranza più qualificata, l'art. 1136 c.c. prevede che vengano approvate "con un numero di voti che rappresentino la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio", mentre per le innovazioni, il codice dispone in base alla loro tipologia. L'art. 1120 c.c., secondo comma, con rimando all'art. 1136, richiede le maggioranze suddette per: 1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e salubrità degli edifici e degli impianti; 2) le opere e gli interventi previsti per: eliminare le barriere architettoniche, il contenimento del consumo energetico degli edifici, realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio, la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, eolici, solari o comunque rinnovabili; 3) l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informatico. Invece, al primo comma, l'art. 1120 c.c. richiede la maggioranza prevista dal quinto comma dell'art. 1136 c.c., e cioè: "la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell'edificio", per tutte le altre innovazioni "dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni". Il codice quindi richiede maggioranze più elevate per le spese straordinarie e le innovazioni, in ragione della eccezionalità dell'opera da realizzare e del conseguente impegno di spesa, che necessita del più ampio consenso dei condomini e di una più ampia valutazione della spesa che si va ad assumere. A tal proposito l'art. 1135 c.c. n. 4 prevede "la costituzione obbligatoria di un fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori". Tuttavia i condomini possono evitare di partecipare alle spese per le "innovazioni" di importo notevole o voluttuarie (e quindi non necessarie). E' quanto prevede l'art. 1121 c.c primo comma: "Qualora l'innovazione comporti una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario… e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo alla spesa". E al secondo comma: "Se l'utilizzazione separata non è possibile, l'innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata o accettata non intenda sopportarne integralmente la spesa". Mentre al terzo comma: "Tuttavia, tali condomini, possono in qualunque tempo, aderire ai vantaggi dell'innovazione contribuendo nelle spese di esecuzione e manutenzione dell'opera."
Ma quali conseguenze per il condomino che non voglia partecipare alle spese deliberate dalla maggioranza o previste dal codice? L'art. 1129 c.c. ci dice che: "l'amministratore è tenuto (salvo dispensa dell'assemblea) ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso…" e l'art. 63 Disposizioni di Attuazione che: "senza autorizzazione dell'assemblea può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori insoddisfatti i dati dei condomini morosi. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti se non dopo l'escussione degli altri condomini. In caso di mora nel pagamento dei contributi per un semestre l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato". Infine, sempre l'art. 63 disp. att., dispone che: "Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente. Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa (acquirente, donatario, ecc.) per i contributi maturati fino a quando non trasmette all'amministratore copia autentica dell'atto di trasferimento dei diritti".
La morosità dei condomini ha generato problemi di applicazione giuridica di non facile soluzione, anche dopo la riforma del 2012, al riguardo troppo sintetica e non chiarificatrice, pertanto sono state le pronunce giurisprudenziali a colmare le lacune risolvendo talune casistiche. Cosi'si è ritenuto che l'amministratore per procedere nei confronti dei condomini morosi con un decreto ingiuntivo debba corredarlo del piano di ripartizione delle spese, senza il quale non può agire, poiché l'importo dovuto dal moroso non è determinabile, e i creditori condominiali, per vedere soddisfatto il proprio credito, non possono agire direttamente nei confronti dei morosi, ma devono prima ottenere dal Giudice un titolo esecutivo (decreto ingiuntivo) nei confronti del condominio, notificare allo stesso un precetto e solo in caso di persistente morosità, avviare un'azione esecutiva mobiliare o immobiliare nei confronti di quei condomini morosi, prima di potersi rivolgere, in caso di esito negativo dell'azione esecutiva, nei confronti di quei condomini regolari nei pagamenti. Inoltre, a seguito della riforma, la Giurisprudenza ha ritenuto che sospensioni in passato disposte dell'erogazione dell'acqua o del riscaldamento nei mesi invernali, nei confronti dei condomini morosi, non siano più possibili, poiché ledono il diritto alla salute costituzionalmente garantito dall'art. 32.
Roberto Felice Coppola - Avvocato (civile – tributario)