Storia e dintorni
Giulio Cesare Vanini, un Pugliese morto da filosofo
Fra i primi esponenti di rilievo del libertinismo erudito
domenica 7 marzo 2021
8.49
Non tutti sanno che GIULIO CESARE VANINI (nato a Taurisano, il 19 gennaio 1585 e deceduto a Tolosa in Francia il 9 febbraio 1619) è stato un filosofo, medico, naturalista e libero pensatore, fra i primi esponenti di rilievo del libertinismo erudito. «Dio agisce sugli esseri sublunari (cioè sugli esseri umani) servendosi dei cieli come strumento»; di qui l'origine naturale e la spiegazione razionale dei fenomeni soprannaturali, dal momento che anche l'astrologia era considerata una scienza; «l'Essere Supremo, quando incombono pericoli, dà avvertimenti agli uomini e specialmente ai sovrani, agli esempi dei quali il mondo si conforma» (De admirandis, IV, 52). I reali fondamenti dei presunti fenomeni sovrannaturali sono per Vanini soprattutto la fantasia umana, capace a volte di modificare l'apparenza della realtà esterna.
Come insegnava già Machiavelli, il «principe degli atei» per il quale, secondo Vanini, «tutte le cose religiose sono false e sono finte dai principi per istruire l'ingenua plebe affinché, dove non può giungere la ragione, almeno conduca la religione». Questa tesi comportò a Vanini l'accusa di eresia e blasfemia. La mattina del 9 febbraio del 1619 un lugubre corteo attraversò le vie di Tolosa, in Francia, per dirigersi verso la Place du Salin. Sul sagrato della Chiesa di Santo Stefano da un carro trainato da tre cavalli fu fatto scendere in maniera spiccia un uomo vestito con la tunica da penitente e con appeso al collo un vistoso cartello recante la scritta "ateo e bestemmiatore", era Vanini. Dopo averlo costretto ad inginocchiarsi reggendo in mano una torcia, a capo scoperto e piedi nudi, il Commissario del locale Parlamento invitò Vanini a chiedere perdono a Dio, al Re e alla Giustizia per i crimini di ateismo, blasfemia ed empietà, solo per sentirsi opporre un fiero rifiuto al grido di: "Non esiste un Dio, né un diavolo, perché se ci fosse un Dio gli chiederei di scagliare un fulmine sul vostro iniquo Parlamento e se ci fosse un diavolo gli chiederei di inghiottirlo sotto terra. Ma non essendoci né un Dio, né un diavolo, non farò nulla!".
Quella reazione stizzita indispettì il pubblico ufficiale il quale, temendo una reazione della folla, ordinò di riprendere il macabro rituale accelerando i tempi. Allora Vanini esclamò :"Andiamo a morire allegramente, da filosofi!", gli venne chiesto dal boia di tirare fuori la lingua e al suo diniego, questi con l'aiuto di due aguzzini, gli spalancò la bocca per strappargli con le tenaglie la lingua, appese poi il suo corpo martoriato ad una forca issata su un rogo al quale fu subito appiccato il fuoco, affinché delle sue spoglie mortali non restasse che un mucchietto di cenere da disperdere nella acque della Garonna, il fiume cittadino. Questa fu la tragica fine del filosofo e pensatore Giulio Cesare Vanini, nato nel 1585 a Taurisano, nel Salento, ucciso a Tolosa a 34 anni.
Danilo Dell'Aere
Come insegnava già Machiavelli, il «principe degli atei» per il quale, secondo Vanini, «tutte le cose religiose sono false e sono finte dai principi per istruire l'ingenua plebe affinché, dove non può giungere la ragione, almeno conduca la religione». Questa tesi comportò a Vanini l'accusa di eresia e blasfemia. La mattina del 9 febbraio del 1619 un lugubre corteo attraversò le vie di Tolosa, in Francia, per dirigersi verso la Place du Salin. Sul sagrato della Chiesa di Santo Stefano da un carro trainato da tre cavalli fu fatto scendere in maniera spiccia un uomo vestito con la tunica da penitente e con appeso al collo un vistoso cartello recante la scritta "ateo e bestemmiatore", era Vanini. Dopo averlo costretto ad inginocchiarsi reggendo in mano una torcia, a capo scoperto e piedi nudi, il Commissario del locale Parlamento invitò Vanini a chiedere perdono a Dio, al Re e alla Giustizia per i crimini di ateismo, blasfemia ed empietà, solo per sentirsi opporre un fiero rifiuto al grido di: "Non esiste un Dio, né un diavolo, perché se ci fosse un Dio gli chiederei di scagliare un fulmine sul vostro iniquo Parlamento e se ci fosse un diavolo gli chiederei di inghiottirlo sotto terra. Ma non essendoci né un Dio, né un diavolo, non farò nulla!".
Quella reazione stizzita indispettì il pubblico ufficiale il quale, temendo una reazione della folla, ordinò di riprendere il macabro rituale accelerando i tempi. Allora Vanini esclamò :"Andiamo a morire allegramente, da filosofi!", gli venne chiesto dal boia di tirare fuori la lingua e al suo diniego, questi con l'aiuto di due aguzzini, gli spalancò la bocca per strappargli con le tenaglie la lingua, appese poi il suo corpo martoriato ad una forca issata su un rogo al quale fu subito appiccato il fuoco, affinché delle sue spoglie mortali non restasse che un mucchietto di cenere da disperdere nella acque della Garonna, il fiume cittadino. Questa fu la tragica fine del filosofo e pensatore Giulio Cesare Vanini, nato nel 1585 a Taurisano, nel Salento, ucciso a Tolosa a 34 anni.
Danilo Dell'Aere