Storia e dintorni
Gli emigrati canosini tra Roma Milano e Torino e il richiamo del Campanile
E' stata la storia sconosciuta di una emigrazione forzata
mercoledì 4 luglio 2012
17.20
L'immagine di Giuseppe Barbarossa che di notte, scortato dai carabinieri, si reca con tutta la famiglia alla stazione di Canosa per abbandonarla e non farvi mai più ritorno è certamente una delle immagini più forti e tristi della storia della nostra città. E' stata la storia sconosciuta di una emigrazione forzata a causa di motivi politici; chissà quanti altri canosini negli anni seguenti avranno abbandonato la città per motivi politici; di certo sappiamo che 26 furono i canosini che conobbero il dramma del confino fascista, e forse prima o poi sarà giusto ricordarne tutti i nomi.
Per una fortuita coincidenza, qualche giorno dopo l'articolo su canosaweb, in rete, su youtube, sul canale di bisonte22 guardavo con interesse il video dedicato al poeta canosino Savino Losmargiasso con il commento di Bartolo Carbone
http://www.youtube.com/watch?v=YIjRblT6K2E&list=UUcFmNq_WSJ9qtyQ1OGyw12A&index=6&feature=plcp.
Al minuto 6.45 Savino Losmargiasso recita la poesia "L'emigrante", dedicata al canosino Sabino Basile che a 16 anni, nel 1958 lasciava Canosa anch'egli partendo dalla stazione.
E' questa invece l'emigrazione dei canosini al Nord negli anni '50 e '60; l'emigrazione verso Torino, Milano, la Germania, il Belgio, la Francia, per cercare un posto di lavoro, per sfuggire alla fame, alle difficili condizioni di vita del nostro Sud. Erano gli anni della ricostruzione industriale, della ricostruzione delle fabbriche che avvenivano prevalentemente al Nord, nel triangolo Torino-Milano-Genova. Non c'è famiglia canosina che non abbia un parente emigrato a Torino o a Milano, a cui si deve assolutamente telefonare nei giorni di festa, se i parenti non sono tornati a Canosa.
E' stata questa l'emigrazione più difficile, perché ha costretto migliaia di cittadini canosini a sradicarsi dal "Campanile di San Sabino", dai tufi di muro scrostato, per cercare un avvenire migliore per sé e per i propri figli.
La piccola camera ammobiliata o il monolocale diviso con altre persone sono le immagini che molti canosini emigrati negli anni '50 e '60 mi hanno raccontato dei loro difficili inizi nelle fredde città del Nord. Molti di loro tra Milano e Torino hanno costruito la propria vita, hanno messo su famiglia, e molti di loro sono riusciti anche ad affermarsi come lo stesso Sabino Basile, divenuto poi un importante manager italiano.
Eppure, nessuno di loro ha mai dimenticato la propria città natale, Canosa; nessuno di loro ha mai reciso definitivamente le proprie radici con Canosa, città che per molti di loro è stata "madre e matrigna".
Ho la fortuna di conoscere i canosini e le comunità canosine di Roma, Torino e Milano; tra di loro alcune differenze ma lo stesso attaccamento per la città.
I canosini di Roma sono l'immagine dell'emigrazione "ministeriale"; la maggior parte di loro si è trasferita a Roma dopo aver vinto concorsi nei Ministeri o nelle Forze Armate; data anche una certa vicinanza con Canosa è stata una '"emigrazione" particolare, certamente più fortunata o meno "brutale" rispetto a quelle del Nord. Nunzio Valentino e Sante Valentino tessono le fila dei rapporti tra i canosini di Roma; la cena conviviale di Pasqua o a Natale, tenute presso la Guardia di Finanza o i Carabinieri, rappresenta, ad oggi, il principale momento di aggregazione dei canosini di Roma, i quali formano un gruppo ben affiatato.
Milano è naturalmente strapiena di canosini; Gino Serlenga, anch'egli emigrato a Milano negli anni '60 da alcuni anni ha cercato di riunire il più possibile le migliaia di concittadini sparsi nell'hinterland milanese: Milano e il quartiere della Barona, Rozzano sono centri dove sentire parlare il pugliese, e/o il canosino è frequentissimo. Qui Gino Selenga ha cercato di far rivivere le emozioni della proprio città ai concittadini organizzando, nei teatri dell'hinterland, delle splendide manifestazioni teatrali invitando la Compagnia Teatrale di Fernando Forino a recitare in dialetto.
Ricordo ancora con particolare emozione la versione teatrale de "I Promessi Sposi" del 2006 ad Albiate Brianza, una splendida parodia in dialetto canosino del capolavoro manzoniano; se le commedie di Fernando a Canosa colpiscono per i frizzi e i lazzi, recitate nel Nord Italia, a Milano come a Torino, colpiscono al cuore i ricordi, i sentimenti, le emozioni degli emigranti; ho visto molti canosini piangere di commozione dai ricordi che i modi di dire tipici canosini suscitavano; le commedie e i modi di dire come "madaleine" di Proustiana memoria.
La magia del teatro, che a un migliaio di Km e ad anni di distanza fa ritornare bambini.
L'arrivo della Statua di San Sabino alla Barona è stato poi un altro straordinario momento di aggregazione.
Ho conosciuto i canosini di Torino nel 2007, quando in occasione della Fiera del Libro che si tiene al Lingotto, Pasquale Valente organizzò la presentazione del libro sul bombardamento di Canosa del 6 novembre 1943. Si trattò di una serata superbamente organizzata, con un dibattito condotto dal giornalista Gianni Dimopoli e dall'ingegner Azzollini.
C'erano moltissimi canosini quella sera ad assistere alla presentazione di un libro e al ricordo di un avvenimento triste della loro città; alla fine, alcuni canosini mi si avvicinarono per dirmi che i loro genitori avevano raccontato spesso in famiglia le ore di quella tragica serata; mi accorsi perciò di quanto la memoria privata della tragedia fosse più radicata della memoria pubblica, praticamente scomparsa.
I canosini di Torino mi sono sembrati un gruppo molto affiatato, organizzati in un'associazione chiamata "Il Ponte"; forse, rispetto a Milano che è "dispersiva", Torino è una città a misura d'uomo; i canosini di Torino si vedono abbastanza spesso e organizzano anche delle splendide gite; ricordo con piacere di esserci incontrati nuovamente a Cinisello Balsamo; venivano, in pullmann, da Torino ad assistere ad una commedia di Fernando, credo fosse "Miseria e nobiltà" e trasmettevano una splendida allegria dei giorni di festa.
I canosini di Torino sono stati i primi ad inaugurare il pellegrinaggio della Statua di San Sabino a Torino; anche loro poi hanno organizzato le commedie teatrali di Fernando per tutti i torinesi.
Immancabile la serata che si chiude con il vino canosino e i taralli.
Alcuni mesi fa, un canosino emigrato in Nord Europa, dopo aver letto un articolo su Pantanella, mi ha donato una splendida foto di suo padre, ragazzo, che lavorava al campo di Pantanella (se mi legge, mi piacerebbe avere l'autorizzazione a pubblicare la foto su Canosaweb).
Leggendo alcune storie degli americani su Pantanella, ne ho letta poi una commovente: un gruppo di avieri americani aveva preso a ben volere un ragazzo canosino al campo purtroppo affetto da poliomelite; dopo molti anni avevano cercato di riprendere contati con lui finchè finalmente vennero a sapere che non viveva più a Canosa ma era emigrato.
Ecco, ci sono tante storie che noi non conosciamo perché tanti canosini sono emigrati e non hanno avuto la possibilità di raccontarle.
Oggi c'è internet, e c'è Canosaweb. Se ci sono canosini sparsi nel mondo che vogliono raccontare una storia, un ricordo della propria città, un'emozione, Canosaweb è a loro disposizione. E se voglio inviare una foto, un ricordo sarà un modo per ricordare la storia di Canosa e insieme la storia dei loro padri.
Francesco Morra
Per una fortuita coincidenza, qualche giorno dopo l'articolo su canosaweb, in rete, su youtube, sul canale di bisonte22 guardavo con interesse il video dedicato al poeta canosino Savino Losmargiasso con il commento di Bartolo Carbone
http://www.youtube.com/watch?v=YIjRblT6K2E&list=UUcFmNq_WSJ9qtyQ1OGyw12A&index=6&feature=plcp.
Al minuto 6.45 Savino Losmargiasso recita la poesia "L'emigrante", dedicata al canosino Sabino Basile che a 16 anni, nel 1958 lasciava Canosa anch'egli partendo dalla stazione.
E' questa invece l'emigrazione dei canosini al Nord negli anni '50 e '60; l'emigrazione verso Torino, Milano, la Germania, il Belgio, la Francia, per cercare un posto di lavoro, per sfuggire alla fame, alle difficili condizioni di vita del nostro Sud. Erano gli anni della ricostruzione industriale, della ricostruzione delle fabbriche che avvenivano prevalentemente al Nord, nel triangolo Torino-Milano-Genova. Non c'è famiglia canosina che non abbia un parente emigrato a Torino o a Milano, a cui si deve assolutamente telefonare nei giorni di festa, se i parenti non sono tornati a Canosa.
E' stata questa l'emigrazione più difficile, perché ha costretto migliaia di cittadini canosini a sradicarsi dal "Campanile di San Sabino", dai tufi di muro scrostato, per cercare un avvenire migliore per sé e per i propri figli.
La piccola camera ammobiliata o il monolocale diviso con altre persone sono le immagini che molti canosini emigrati negli anni '50 e '60 mi hanno raccontato dei loro difficili inizi nelle fredde città del Nord. Molti di loro tra Milano e Torino hanno costruito la propria vita, hanno messo su famiglia, e molti di loro sono riusciti anche ad affermarsi come lo stesso Sabino Basile, divenuto poi un importante manager italiano.
Eppure, nessuno di loro ha mai dimenticato la propria città natale, Canosa; nessuno di loro ha mai reciso definitivamente le proprie radici con Canosa, città che per molti di loro è stata "madre e matrigna".
Ho la fortuna di conoscere i canosini e le comunità canosine di Roma, Torino e Milano; tra di loro alcune differenze ma lo stesso attaccamento per la città.
I canosini di Roma sono l'immagine dell'emigrazione "ministeriale"; la maggior parte di loro si è trasferita a Roma dopo aver vinto concorsi nei Ministeri o nelle Forze Armate; data anche una certa vicinanza con Canosa è stata una '"emigrazione" particolare, certamente più fortunata o meno "brutale" rispetto a quelle del Nord. Nunzio Valentino e Sante Valentino tessono le fila dei rapporti tra i canosini di Roma; la cena conviviale di Pasqua o a Natale, tenute presso la Guardia di Finanza o i Carabinieri, rappresenta, ad oggi, il principale momento di aggregazione dei canosini di Roma, i quali formano un gruppo ben affiatato.
Milano è naturalmente strapiena di canosini; Gino Serlenga, anch'egli emigrato a Milano negli anni '60 da alcuni anni ha cercato di riunire il più possibile le migliaia di concittadini sparsi nell'hinterland milanese: Milano e il quartiere della Barona, Rozzano sono centri dove sentire parlare il pugliese, e/o il canosino è frequentissimo. Qui Gino Selenga ha cercato di far rivivere le emozioni della proprio città ai concittadini organizzando, nei teatri dell'hinterland, delle splendide manifestazioni teatrali invitando la Compagnia Teatrale di Fernando Forino a recitare in dialetto.
Ricordo ancora con particolare emozione la versione teatrale de "I Promessi Sposi" del 2006 ad Albiate Brianza, una splendida parodia in dialetto canosino del capolavoro manzoniano; se le commedie di Fernando a Canosa colpiscono per i frizzi e i lazzi, recitate nel Nord Italia, a Milano come a Torino, colpiscono al cuore i ricordi, i sentimenti, le emozioni degli emigranti; ho visto molti canosini piangere di commozione dai ricordi che i modi di dire tipici canosini suscitavano; le commedie e i modi di dire come "madaleine" di Proustiana memoria.
La magia del teatro, che a un migliaio di Km e ad anni di distanza fa ritornare bambini.
L'arrivo della Statua di San Sabino alla Barona è stato poi un altro straordinario momento di aggregazione.
Ho conosciuto i canosini di Torino nel 2007, quando in occasione della Fiera del Libro che si tiene al Lingotto, Pasquale Valente organizzò la presentazione del libro sul bombardamento di Canosa del 6 novembre 1943. Si trattò di una serata superbamente organizzata, con un dibattito condotto dal giornalista Gianni Dimopoli e dall'ingegner Azzollini.
C'erano moltissimi canosini quella sera ad assistere alla presentazione di un libro e al ricordo di un avvenimento triste della loro città; alla fine, alcuni canosini mi si avvicinarono per dirmi che i loro genitori avevano raccontato spesso in famiglia le ore di quella tragica serata; mi accorsi perciò di quanto la memoria privata della tragedia fosse più radicata della memoria pubblica, praticamente scomparsa.
I canosini di Torino mi sono sembrati un gruppo molto affiatato, organizzati in un'associazione chiamata "Il Ponte"; forse, rispetto a Milano che è "dispersiva", Torino è una città a misura d'uomo; i canosini di Torino si vedono abbastanza spesso e organizzano anche delle splendide gite; ricordo con piacere di esserci incontrati nuovamente a Cinisello Balsamo; venivano, in pullmann, da Torino ad assistere ad una commedia di Fernando, credo fosse "Miseria e nobiltà" e trasmettevano una splendida allegria dei giorni di festa.
I canosini di Torino sono stati i primi ad inaugurare il pellegrinaggio della Statua di San Sabino a Torino; anche loro poi hanno organizzato le commedie teatrali di Fernando per tutti i torinesi.
Immancabile la serata che si chiude con il vino canosino e i taralli.
Alcuni mesi fa, un canosino emigrato in Nord Europa, dopo aver letto un articolo su Pantanella, mi ha donato una splendida foto di suo padre, ragazzo, che lavorava al campo di Pantanella (se mi legge, mi piacerebbe avere l'autorizzazione a pubblicare la foto su Canosaweb).
Leggendo alcune storie degli americani su Pantanella, ne ho letta poi una commovente: un gruppo di avieri americani aveva preso a ben volere un ragazzo canosino al campo purtroppo affetto da poliomelite; dopo molti anni avevano cercato di riprendere contati con lui finchè finalmente vennero a sapere che non viveva più a Canosa ma era emigrato.
Ecco, ci sono tante storie che noi non conosciamo perché tanti canosini sono emigrati e non hanno avuto la possibilità di raccontarle.
Oggi c'è internet, e c'è Canosaweb. Se ci sono canosini sparsi nel mondo che vogliono raccontare una storia, un ricordo della propria città, un'emozione, Canosaweb è a loro disposizione. E se voglio inviare una foto, un ricordo sarà un modo per ricordare la storia di Canosa e insieme la storia dei loro padri.
Francesco Morra