Storia e dintorni
Memoria di prigionia:Stammlager XVII A
Gefangenennummer 144016: Lomuscio Giuseppe
giovedì 25 gennaio 2018
22.10
Gefangenennummer 144016, era il numero (nummer) di matricola del prigioniero (gefangenen) di guerra Lomuscio Giuseppe, classe 1920, di Canosa catturato, disarmato e deportato come avvenne per 600.000 Soldati dell'Esercito Italiano, "sbandatisi" come riportano i Fogli Matricolari del Distretto Militare, a seguito degli eventi di sbando del Governo Italiano dopo l'Armistizio dell' 8 Settembre 1943. Gli Internati Militari Italiani deportati nello M-Stammlager XVII A, che corrisponde al Campo Kaisersteinbruch in Austria, furono trattati da "prigionieri di guerra" , avendo anche la possibilità di una corrispondenza, certamente soggetta a controllo e censura, di cartoline postali. E nella cartolina postale scritta a mano col pennino ed inchiostro rosso, Maria, sorella del Soldato canosino Lomuscio Giuseppe, scrive da Canosa a nome della madre: "caro figlio, oggi dopo un lungo tempo abbiamo ricevuto un'altra lettera da te. Speriamo di ricevere un'altra tua lettera, che adesso stavamo in pensiero".
Era "lo stare in pensiero" delle famiglie di Italiani per due lunghi inverni dal 1943 alla Liberazione del 1945, per 600.000 soldati, che nella maggioranza non potevano fare corrispondenza e venivano considerati dispersi e morti, come avvenne per mio padre Giovanni Di Nunno, classe 1920, deportato a Luckenwalde vicino a Berlino. Infatti sua madre Angela Del Vento indossò la veste nera del lutto dicendo alla vicina di casa, mia nonna Rosa Catalano: "diciòte na requiemtérne a cùre figghje", "dite una requiem eternam a quel figlio", unico figlio maschio nato in tarda età.
Quel figlio tornò libero, perciò esisto! Ma una Requiem aeternam ieri come oggi la recitiamo ai 46.000 Soldati Italiani che morirono nei campi di prigionia IMI disseminati in Germania, in Polonia, in Austria.
A seguito dell'Armistizio i Soldati Italiani, dopo un viaggio in condizioni disumane, arrivati nei lager, venivano immatricolati con un numero di identificazione che sostituirà il nome e che sarà inciso su una piastrina di riconoscimento accanto alla sigla del campo.
Così racconta un deportato italiano, veneto, Giuseppe Trevisan che ha scritto un libro sulla prigionia del lager dove fu deportato anche il canosino Lomuscio Giuseppe:
Stammlager XVII A . Ricordi di 733 giorni di prigionia in Germania, a cura del deportato militare Giuseppe Trevisan.
"All'indomani, 13 settembre, ci immatricolarono in rapida sequenza e ci condussero in una grande baracca.Io ero diventato il Kriegsgefangenen (prigioniero di guerra) N° 140.298 dello Stammlager XVII A (campo base XVII A). Subito dopo ci rifocillarono con della zuppa e un po' di pane nero.Fummo alloggiati in quattro grandi baracche che erano numerate dal 26 al 29. Ognuna era in grado di contenere circa seicento persone. Erano baracche di legno simili a quelle che ora si vedono nei documentari: entrata con servizi, un corridoio a destra e uno a sinistra, ciascuno con ai lati tre lunghi tavolati sovrapposti".Però noi non avevamo imparato che poche parole tedesche, tutte riferite al cibo: Brod, Kartoffel, pane, patate. Infatti erano le parole, insieme a "genug" (pr. ghenùch) riferito al cibo ricevuto, che da ragazzo io ascoltavo con mio fratello Lillino da mio padre, che aveva appreso parole in tedesco nel lager.
Nel campo di Kaisersteinbruch" "La provvidenza non esiste".
La mancanza di libertà, la soggezione all'arbitrio, l'essere oggetto di disprezzo, non avere l'aiuto della Croce Rossa, l'insistenza continua di dolori e stenti, furono per noi italiani motivo di grande sofferenza ... e la corrispondenza aiuta a mantenere alta in me la voglia di vivere per ritornare.All'inizio i Nazisti fecero pressione di schierarsi con loro e con il Fascismo alla deriva di Mussolini, ma quasi la totalità dei Militari Italiani rimase fedele alla Patria, all'onore delle Armi, alla dignità delle libertà oppressa. Gli storici infatti parlano su RAI Scuola in un recente servizio di Paolo Mieli di una "Resistenza disarmata" , mentre un deportato scrisse un libro "Ho scelto la prigionia".
Dopo la Liberazione questa storia è caduta nell'oblio per cinquanta anni fino al riconoscimento della Medaglia d'onore all'Ignoto Internato nel 1997 e alla Legge di Stato n.211 del 2000 che istituisce il "Giorno della Memoria del 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte".
L'art. 2 delle Legge fa memoria "nelle Scuole di ogni ordine e grado su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non possano mai più accadere".
Coltivare la memoria non è un semplice ricordo, ma è conoscere e discernere, dare dignità ai nostri padri e riconciliarsi in "pace in Europa", come ci hanno scritto dall'Associazione Kulturverein del Museum di Kaisersteinbruch in Austria, tra le baracche dello Stammlager XVII A, dove fu prigioniero il "Dragone" Lomuscio Giuseppe del 4 Reggimento Genova Cavalleria. Dalle foto trasmesse dall'Austria, dove "la Provvidenza non esiste" ,ci illumina la foto della Santa Messa e della predicazione del Vangelo con Soldati Francesi e Russi, che erano la maggior parte degli Internati al lavoro coatto. Ci commuove una cartolina postale natalizia, disegnata da un prigioniero che scrive "Buon Natale e Felice Anno 1942", firmata dai numeri di matricola.
Le foto concesse portano il seguente credito d'immagine: © 2018 MuK Kaisersteinbruch.
Nella concessione dal Presidente della Repubblica della medaglia d'onore ai nostri Militari Internati e al Soldato Lomuscio Giuseppe(Canosa2/1/1920-10/3/1994), rivive la memoria nella moglie Morra Savina di 95 anni, che "Peppino il Soldato innamorato" sposò da "fuggitivo nel 1942 nella Cappella della Cattedrale di San Sabino.L'amore ha sconfitto la guerra e sostiene ancora oggi l'Amicizia dei Popoli in Pace e la storia di progresso e di lavoro dei figli che hanno custodito, dei nipoti che vanno a Scuola e che fanno della Memoria un Valore di umanità, di dignità, di libertà, di democrazia e di pace.
Ob amorem patriae
Maestro Giuseppe Di Nunno
Era "lo stare in pensiero" delle famiglie di Italiani per due lunghi inverni dal 1943 alla Liberazione del 1945, per 600.000 soldati, che nella maggioranza non potevano fare corrispondenza e venivano considerati dispersi e morti, come avvenne per mio padre Giovanni Di Nunno, classe 1920, deportato a Luckenwalde vicino a Berlino. Infatti sua madre Angela Del Vento indossò la veste nera del lutto dicendo alla vicina di casa, mia nonna Rosa Catalano: "diciòte na requiemtérne a cùre figghje", "dite una requiem eternam a quel figlio", unico figlio maschio nato in tarda età.
Quel figlio tornò libero, perciò esisto! Ma una Requiem aeternam ieri come oggi la recitiamo ai 46.000 Soldati Italiani che morirono nei campi di prigionia IMI disseminati in Germania, in Polonia, in Austria.
A seguito dell'Armistizio i Soldati Italiani, dopo un viaggio in condizioni disumane, arrivati nei lager, venivano immatricolati con un numero di identificazione che sostituirà il nome e che sarà inciso su una piastrina di riconoscimento accanto alla sigla del campo.
Così racconta un deportato italiano, veneto, Giuseppe Trevisan che ha scritto un libro sulla prigionia del lager dove fu deportato anche il canosino Lomuscio Giuseppe:
Stammlager XVII A . Ricordi di 733 giorni di prigionia in Germania, a cura del deportato militare Giuseppe Trevisan.
"All'indomani, 13 settembre, ci immatricolarono in rapida sequenza e ci condussero in una grande baracca.Io ero diventato il Kriegsgefangenen (prigioniero di guerra) N° 140.298 dello Stammlager XVII A (campo base XVII A). Subito dopo ci rifocillarono con della zuppa e un po' di pane nero.Fummo alloggiati in quattro grandi baracche che erano numerate dal 26 al 29. Ognuna era in grado di contenere circa seicento persone. Erano baracche di legno simili a quelle che ora si vedono nei documentari: entrata con servizi, un corridoio a destra e uno a sinistra, ciascuno con ai lati tre lunghi tavolati sovrapposti".Però noi non avevamo imparato che poche parole tedesche, tutte riferite al cibo: Brod, Kartoffel, pane, patate. Infatti erano le parole, insieme a "genug" (pr. ghenùch) riferito al cibo ricevuto, che da ragazzo io ascoltavo con mio fratello Lillino da mio padre, che aveva appreso parole in tedesco nel lager.
Nel campo di Kaisersteinbruch" "La provvidenza non esiste".
La mancanza di libertà, la soggezione all'arbitrio, l'essere oggetto di disprezzo, non avere l'aiuto della Croce Rossa, l'insistenza continua di dolori e stenti, furono per noi italiani motivo di grande sofferenza ... e la corrispondenza aiuta a mantenere alta in me la voglia di vivere per ritornare.All'inizio i Nazisti fecero pressione di schierarsi con loro e con il Fascismo alla deriva di Mussolini, ma quasi la totalità dei Militari Italiani rimase fedele alla Patria, all'onore delle Armi, alla dignità delle libertà oppressa. Gli storici infatti parlano su RAI Scuola in un recente servizio di Paolo Mieli di una "Resistenza disarmata" , mentre un deportato scrisse un libro "Ho scelto la prigionia".
Dopo la Liberazione questa storia è caduta nell'oblio per cinquanta anni fino al riconoscimento della Medaglia d'onore all'Ignoto Internato nel 1997 e alla Legge di Stato n.211 del 2000 che istituisce il "Giorno della Memoria del 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte".
L'art. 2 delle Legge fa memoria "nelle Scuole di ogni ordine e grado su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non possano mai più accadere".
Coltivare la memoria non è un semplice ricordo, ma è conoscere e discernere, dare dignità ai nostri padri e riconciliarsi in "pace in Europa", come ci hanno scritto dall'Associazione Kulturverein del Museum di Kaisersteinbruch in Austria, tra le baracche dello Stammlager XVII A, dove fu prigioniero il "Dragone" Lomuscio Giuseppe del 4 Reggimento Genova Cavalleria. Dalle foto trasmesse dall'Austria, dove "la Provvidenza non esiste" ,ci illumina la foto della Santa Messa e della predicazione del Vangelo con Soldati Francesi e Russi, che erano la maggior parte degli Internati al lavoro coatto. Ci commuove una cartolina postale natalizia, disegnata da un prigioniero che scrive "Buon Natale e Felice Anno 1942", firmata dai numeri di matricola.
Le foto concesse portano il seguente credito d'immagine: © 2018 MuK Kaisersteinbruch.
Nella concessione dal Presidente della Repubblica della medaglia d'onore ai nostri Militari Internati e al Soldato Lomuscio Giuseppe(Canosa2/1/1920-10/3/1994), rivive la memoria nella moglie Morra Savina di 95 anni, che "Peppino il Soldato innamorato" sposò da "fuggitivo nel 1942 nella Cappella della Cattedrale di San Sabino.L'amore ha sconfitto la guerra e sostiene ancora oggi l'Amicizia dei Popoli in Pace e la storia di progresso e di lavoro dei figli che hanno custodito, dei nipoti che vanno a Scuola e che fanno della Memoria un Valore di umanità, di dignità, di libertà, di democrazia e di pace.
Ob amorem patriae
Maestro Giuseppe Di Nunno