Storia e dintorni
Pezze da piedi, dignità di storia
Ritrovate sfogliando il Calendario del 2018 dell'Esercito Italiano
venerdì 26 ottobre 2018
22.51
"M'arrecòrde", ricordo da bambino queste bianche pezze di cotone con cui mio padre avvolgeva i piedi come calze, prima di infilare gli scarponi di campagna. Le ho ritrovate sfogliando il Calendario del 2018 dell'Esercito Italiano, approdato in dono a Canosa da un Maresciallo dell'Esercito Italiano di origini canosine, cui sono grato. In una pagina viene inserita una foto storica di un Bersagliere del 1915 della Grande Guerra mondiale, mentre avvolge il piede con le pezze da piedi, prima di affrontare le trincee della Patria. Le abbiamo ritrovate leggendo un libro delle memorie dei Saldati Italiani deportati dopo l'Armistizio del 1943 in un campo di prigionia IMI, dove fu deportato anche il Canosino Lomuscio Giuseppe, decorato quest'anno il 27 gennaio con Medaglia di bronzo in Prefettura, alla presenza del Prefetto e del Sindaco. In quello stesso Campo IMI, Stammlager XVII A c'era un soldato veneto, Giuseppe Trevisan, che abbiamo scoperto dal vivo, mentre compie... Cento anni. Il componimento ha valorizzato anche il legame di Amicizia con Pederobba nel Veneto nelle trincee del Monfenera, dove perì il Tenente Medico Francesco Iacobone, come attesta la lapide in via Gramsci. Preziose sono risultati i fogli matricolari dei Militari ricercati e concessi dall'Archivio di Stato di Barletta, diretto con competenza e diligenza dal Dott. Michele Grimaldi. Ringrazio gli amici Bartolo Carbone e Sabino Mazzarella per la collaborazione al servizio fotografico. La motivazione di questo filo rosso, come dice il Calendario dell'Esercito, ci ha condotto a scrivere una memoria e un componimento, approdato allo Stato Maggiore dell'Esercito Italiano e al Quirinale, da cui abbiamo ricevuto una degna condivisione dal Presidente della Repubblica. La proponiamo in rete su Canosaweb per la sua divulgazione e lettura di un secolo di storia, dove una pezza avvilente nel senso figurato in tutte le Regioni d'Italia, diventa un patrimonio umano, militare, contadino, culturale,spirituale del popolo italiano.
Dignità di Pezze da piedi
"Un lungo filo rosso" tracciato in un Calendarionel Duemiladiciotto dall'Esercito Italiano,
dall'anno 1848 all'anno 1918,
memoria e storia patria della Grande Guerra.
Scrive la prima pagina nel sogno manzoniano italiano
che dopo l'unità geografica scrisse l'Ode alla gente libera
"una d'arme, di lingua, d'altare, di memorie, di sangue e di cor".
"Un lungo filo rosso" tinse una Croce Rossa
sulle pietre della Reggia sovrana del Quirinale
che nel dolore fu Ospedale Militare Territoriale
lasciando l'impronta nel Cortile d'Onore Italiano
dove sventola la Stella della Repubblica Italiana.
"Un lungo filo rosso" vedo tracciato in trincea,
in quella casa scavata dalla Guerra nella terra,
mentre un Bersagliere si mette le pezze da piedi,
calze militari dentro il duro cuoio come corredi.
Povere di cotone, pratiche da indossare e da lavare,
erano le due pezze da piedi di mio nonno militare.
Pezze da piedi anche nella Seconda Guerra indossate,
nei campi degli Internati Militari Italiani, "sbandati",
sbandati e fedeli alla Patria "con zuppa e pane nero"
che di fame mangiava Giuseppe Trevisan prigioniero.
Così scrisse di memorie da Monselice di Padova,
nei ricordi sofferti dello Stammlager XVII A
insieme al canosino Giuseppe Lomuscio anche là.
Con stupore oggi abbiamo parlato a Lui Centenario,
rievocando i ricordi coatti deportati del suo diario.
Oggi è un Museo di cultura e di pace, Kaisersteinbruch,
nella lettera giunta a Canosa agli Studenti Liceali,
educati di storia, di guerra e pace nei valori sociali.
Pezze da piedi scrisse Trevisan della sua prigione,
erano "stese al sole sulla barriera di recinzione",
"dove sparò dalla torretta il soldato tedesco"
perché quel filo spinato era un divieto,
divieto anche per asciugare liberi panni.
Pezze da piedi in due guerre del Novecento,
grandi fazzoletti bianchi intrisi di sudore,
grandi fazzoletti bianchi sporchi di fango,
grandi fazzoletti bianchi macchiati di sangue.
Pezze da piedi nel lavoro dei campi,
grandi fazzoletti bianchi di cotone
dove scendeva il sudore dalla fronte,
fino ai piedi dei nostri padri contadini.
Le usava anche mio padre Giovanni,
era il corredo dei Soldati in guerra,
era il corredo dei contadini nei campi.
Mia madre Rosetta le lavava a mano,
le asciugava sulle corde nel cortile,
ed io bambino ricordo le macchie sudate di terra
come i Soldati ricordavano le macchie di guerra.
Pezze da piedi nel mio paese,
dove nonna Sabina Gallo rammendava di bambagia
"le pendédde" logorate delle calcagna e delle dita,
ma questa era dalla testa fino ai piedi l'agreste vita.
Agreste vita dei campi come i Soldati in trincea,
con la mula soldato nella Grande Guerra,
con la mula a tirare l'aratro nei campi,
con la borraccia e la gavetta nelle trincee,
con boraccia e gavetta sapori nei campi,
con il tascapane in guerra e nei tratturi,
che ancora oggi portano ricordi duri.
Pezze da piedi,
dice un proverbio di paese in dialetto,
nella dignità povera portata in petto,
"li ha trattati come pezze da piedi",
a voler dire di trattare male qualcuno,
ma le pezze da piedi sono una dignità.
Dignità di soldati in trincea,
dignità di soldati prigionieri,
dignità di contadini nei campi,
Cavalieri del lavoro con la gavetta.
Pezze da piedi,
dignità di patria, di libertà e di lavoro,
fazzoletti nudi ai piedi di decoro,
preghiere mute e povere al Signore,
sudario nella tomba dei Caduti,
memoria maestra oggi ai viventi,
maestra di storia e di sentimenti.
Onore alle pezze da piedi!
maestro Giuseppe Di Nunno
ANCRI (Associazione Nazionale Cavalieri al Merito della Repubblica Italiana ) – ANCRI - BAT CANUSIUM
Canosa di Puglia e Pederobba (TV)
Centenario della Grande Guerra 1918 - 2018
Dignità di Pezze da piedi
"Un lungo filo rosso" tracciato in un Calendario
dall'anno 1848 all'anno 1918,
memoria e storia patria della Grande Guerra.
Scrive la prima pagina nel sogno manzoniano italiano
che dopo l'unità geografica scrisse l'Ode alla gente libera
"una d'arme, di lingua, d'altare, di memorie, di sangue e di cor".
"Un lungo filo rosso" tinse una Croce Rossa
sulle pietre della Reggia sovrana del Quirinale
che nel dolore fu Ospedale Militare Territoriale
lasciando l'impronta nel Cortile d'Onore Italiano
dove sventola la Stella della Repubblica Italiana.
"Un lungo filo rosso" vedo tracciato in trincea,
in quella casa scavata dalla Guerra nella terra,
mentre un Bersagliere si mette le pezze da piedi,
calze militari dentro il duro cuoio come corredi.
Povere di cotone, pratiche da indossare e da lavare,
erano le due pezze da piedi di mio nonno militare.
Pezze da piedi anche nella Seconda Guerra indossate,
nei campi degli Internati Militari Italiani, "sbandati",
sbandati e fedeli alla Patria "con zuppa e pane nero"
che di fame mangiava Giuseppe Trevisan prigioniero.
Così scrisse di memorie da Monselice di Padova,
nei ricordi sofferti dello Stammlager XVII A
insieme al canosino Giuseppe Lomuscio anche là.
Con stupore oggi abbiamo parlato a Lui Centenario,
rievocando i ricordi coatti deportati del suo diario.
Oggi è un Museo di cultura e di pace, Kaisersteinbruch,
nella lettera giunta a Canosa agli Studenti Liceali,
educati di storia, di guerra e pace nei valori sociali.
Pezze da piedi scrisse Trevisan della sua prigione,
erano "stese al sole sulla barriera di recinzione",
"dove sparò dalla torretta il soldato tedesco"
perché quel filo spinato era un divieto,
divieto anche per asciugare liberi panni.
Pezze da piedi in due guerre del Novecento,
grandi fazzoletti bianchi intrisi di sudore,
grandi fazzoletti bianchi sporchi di fango,
grandi fazzoletti bianchi macchiati di sangue.
Pezze da piedi nel lavoro dei campi,
grandi fazzoletti bianchi di cotone
dove scendeva il sudore dalla fronte,
fino ai piedi dei nostri padri contadini.
Le usava anche mio padre Giovanni,
era il corredo dei Soldati in guerra,
era il corredo dei contadini nei campi.
Mia madre Rosetta le lavava a mano,
le asciugava sulle corde nel cortile,
ed io bambino ricordo le macchie sudate di terra
come i Soldati ricordavano le macchie di guerra.
Pezze da piedi nel mio paese,
dove nonna Sabina Gallo rammendava di bambagia
"le pendédde" logorate delle calcagna e delle dita,
ma questa era dalla testa fino ai piedi l'agreste vita.
Agreste vita dei campi come i Soldati in trincea,
con la mula soldato nella Grande Guerra,
con la mula a tirare l'aratro nei campi,
con la borraccia e la gavetta nelle trincee,
con boraccia e gavetta sapori nei campi,
con il tascapane in guerra e nei tratturi,
che ancora oggi portano ricordi duri.
Pezze da piedi,
dice un proverbio di paese in dialetto,
nella dignità povera portata in petto,
"li ha trattati come pezze da piedi",
a voler dire di trattare male qualcuno,
ma le pezze da piedi sono una dignità.
Dignità di soldati in trincea,
dignità di soldati prigionieri,
dignità di contadini nei campi,
Cavalieri del lavoro con la gavetta.
Pezze da piedi,
dignità di patria, di libertà e di lavoro,
fazzoletti nudi ai piedi di decoro,
preghiere mute e povere al Signore,
sudario nella tomba dei Caduti,
memoria maestra oggi ai viventi,
maestra di storia e di sentimenti.
Onore alle pezze da piedi!
maestro Giuseppe Di Nunno
ANCRI (Associazione Nazionale Cavalieri al Merito della Repubblica Italiana ) – ANCRI - BAT CANUSIUM
Canosa di Puglia e Pederobba (TV)
Centenario della Grande Guerra 1918 - 2018