Storia e dintorni
Quelli che la Charles Henderson se li portò via tutti…
mercoledì 4 aprile 2012
17.23
Giugno 2011, sono in viaggio per Bari, verso il porto. Ad attendermi c'è il dr. Pasquale Trizio, presidente della locale sezione dell'ANMI (Associazione Nazionale Marinai d'Italia).
È stato gentilissimo: siamo in contatto da alcune settimane, mi sta aiutando a ritrovare alcuni testimoni per realizzare delle interviste sul bombardamento del porto di Bari del 2 dicembre 1943.
Qualche giorno prima della partenza mi comunica che il numero dei testimoni è inferiore al previsto: alcuni testimoni non erano a Bari nel '43 e si confondevano con la Charles Henderson.
"Ah già, la Henderson", penso: sapevo che nel 1945 la Henderson, nave americana, durante le operazione di scarico delle bombe, aveva subito un'esplosione facendo alcune vittime; capisco che la sovrapposizione tra i due eventi bellici, a distanza di quasi 70 anni, possa essere quasi naturale; ma a me la Henderson non interessa per la realizzazione del documentario.
L'incontro con il dr Trizio e con i testimoni è cordialissimo, le interviste filano veloci, emergono alcuni spunti molto interessanti da inserire nella scelta del montaggio finale.
"Che strano però" – faccio - "è stato più facile trovare testimoni in Gran Bretagna e in USA di quanto non lo sia stato qui a Bari".
"Eh, tenga presente che hanno ormai 90 anni", mi risponde il dr. Trizio.
"Si, si, certo, ma c'è qualcosa che non mi torna, non so, è una sensazione strana: non ci sono i portuali, i "camalli"; eppure erano una categoria molto presente durante gli anni della guerra a Bari; non credo sia solo una questione di età; ad esempio, nel libro di Infield (1971) non ci sono testimonianze dei portuali; nei libri pugliesi non ce ne sono; in un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 1983, il giornalista Liborio Lojacono intervista dei cittadini baresi ma nessun portuale. Eppure un avvenimento devastante come il bombardamento del 2 dicembre 1943 doveva aver conservato qualcosa nella memoria collettiva dei portuali.
E invece è come se non ci fossero mai stati, sembrano spariti; non capisco cosa ma qualcosa non mi torna. Dove sono andati a finire i portuali?".
Prima di accomiatarmi il dr. Trizio mi passa un opuscolo.
Terminate le interviste al porto, con il direttore della fotografia, Maurizio Felli, giriamo per Bari. Mi piace Bari, il suo Lungomare, le sue strade, il silenzio della controra che fa subito Sud, l'accento barese a me così familiare nei cafè. Dobbiamo sbrigarci, però.
L'Apulia Film Commission, nei suoi "arcana imperii" ha deciso di non supportare il documentario; così il mio "boss", il produttore, mi ha chiesto di fare tutto nel più breve tempo possibile a Bari.
Alle 15 ci rechiamo a intervistare il Prof. Vito Antonio Leuzzi, direttore dell'IPSAIC (Istituto Pugliese per la Storia dell'Antifascismo e Italia Contemporanea).
Dopo un po' il Prof. Leuzzi cita, anche lui, la Henderson. "Riecco la Henderson" – penso -. Poi, quasi distrattamente chiedo: "scusi professore, ma quante furono le vittime della Henderson?" –
"400. E 600 i feriti" mi risponde.
Rimango un attimo sulle mie, stupito; poi domando "ma erano tutti americani?".
"Oh no, no" mi risponde il Prof. "erano quasi tutti italiani, erano i lavoratori del porto di Bari che stavano scaricando la nave".
"Che cosa???". Ricordo ancora oggi di aver sentito un sibilo partire dall'anticamera del cervello e poi di aver visto nitidamente l'esplosione nella mia mente.
"Ma sono morti tutti, allora!!! Se ne sono andati tutti via con la Henderson!!! Per questo non c'era più quasi nessuno che ricordasse il bombardamento del 2 dicembre 1943!
La Henderson se li è portati tutti via!"
Joyce l'avrebbe chiamata Epifania, la rivelazione di una scoperta.
Anche il Prof all'improvviso sembra rendersene conto. "Certo, certo; e adesso che ci ripenso mi rendo conto del perché fosse così difficile ritrovare testimoni del 9 settembre 1943, della difesa del Porto di Bari ad opera del generale Bellomo. Abbiamo sempre avuto qualche difficoltà nel ricostruire oralmente quegli avvenimenti".
E così, all'improvviso, mi appariva in tutta la sua drammaticità la tragedia della Henderson.
Un'unica sola esplosione che in una manciata di secondi aveva cancellato, portato via con sé centinaia di vittime innocenti; con loro se n'era andata via la memoria storica del porto di Bari.
Prendo dalla borsa l'opuscolo del dr Trizio: "Quelli della Charles Henderson". Leggo la storia dell'evento; mi soffermo sull'elenco delle vittime: Altomare, Amoruso, Attolico, Carofiglio, Carrassi, Capasso, Cassano, Catalano, De Marzo, De Tullio, Fanelli, Introna, Ladisa, Lattanzi, Lorusso, Lopez, Maselli, Milella, Mongelli, Partipilo, Signorile, Stramaglia…
Tutta la baresità scorre in quei cognomi.
Che cosa era successo dunque?
Il 9 aprile 1945 un nave Liberty americana, la Charles Henderson, proveniente dagli Stati Uniti, e che trasportava bombe d'aereo per 5000 tonnellate, si trovava ormeggiata alla banchina 14. Erano le 11.57, quando durante le operazioni di scarico, vi era stata una tremenda esplosione che aveva sconquassato il porto, raggiungendo le abitazioni della città vecchia. Secondo un rapporto dell'Arma Comando Generale dei Carabinieri Reali datato 12 aprile 1945, i vari capannoni in legno e muratura nei pressi della banchina erano stati rasi al suolo; tre gru scomparse, pressoché distrutta l'intera attrezzatura portuale. L'intera parte centrale della nave lunga complessivamente 122 metri, evaporata.
L'onda d'urto aveva raggiunto l'intera città di Bari: tutte le finestre, in un raggio di alcuni km erano andate in frantumi.
Si contavano 360 morti italiani e 1730 feriti tra gravi e leggeri. Della compagnia dei lavoratori portuali "Nazario Sauro", composta da 200 lavoratori solo in 30 avevano risposto all'appello.
Lo stesso prefetto di bari, Antonucci, era rimasto ferito da schegge.
Tutto l'equipaggio americano, a parte 2 membri, perì nell'incidente
Le cause dell'esplosione non furono mai definitivamente accertate; malgrado si parlasse apertamente di sabotaggio, non fu possibile dimostrarlo; la polizia alleata suppose l'imprudenza di qualche fumatore.
Una catastrofe, un'ecatombe. Ora comprendevo perché, nella memoria dei baresi la Henderson fosse un ricordo ancor più forte del 2 dicembre 1943. Quel 9 aprile 1945 la città era rimasta sconvolta, scioccata.
Prima di andarcene decido di ripassare di nuovo sul lungomare davanti al porto; il porto scorre, scorrono le luci delle navi all'ormeggio; penso a tutta la storia che gronda, che trasuda dal porto di Bari e mi chiedo se i baresi se ne rendano conto: il 9 settembre 1943 l'assalto del Generale Bellomo che combatte contro i tedeschi, il 2 dicembre 1943, con l'attacco aereo tedesco e l'esplosione della John Harvey carica di bombe all'iprite; e poi il 9 aprile 1945 con l'esplosione della Charles Henderson, che si portò via i lavoratori del porto di Bari e con loro la memoria storica del porto di Bari.
Un porto, mille storie.
Francesco Morra
P.S. Da alcuni anni il 9 aprile 1945 viene ricordato dal Comune di Bari, grazie alla sensibilizzazione del presidente dell'ANMI Pasquale Trizio, dell'Autorità Portuale del Levante e della Capitaneria di Porto.
Una grande lapide, situata al molo terminal, con tutti i nomi, ricorda le vittime del 9 aprile 1945.
È stato gentilissimo: siamo in contatto da alcune settimane, mi sta aiutando a ritrovare alcuni testimoni per realizzare delle interviste sul bombardamento del porto di Bari del 2 dicembre 1943.
Qualche giorno prima della partenza mi comunica che il numero dei testimoni è inferiore al previsto: alcuni testimoni non erano a Bari nel '43 e si confondevano con la Charles Henderson.
"Ah già, la Henderson", penso: sapevo che nel 1945 la Henderson, nave americana, durante le operazione di scarico delle bombe, aveva subito un'esplosione facendo alcune vittime; capisco che la sovrapposizione tra i due eventi bellici, a distanza di quasi 70 anni, possa essere quasi naturale; ma a me la Henderson non interessa per la realizzazione del documentario.
L'incontro con il dr Trizio e con i testimoni è cordialissimo, le interviste filano veloci, emergono alcuni spunti molto interessanti da inserire nella scelta del montaggio finale.
"Che strano però" – faccio - "è stato più facile trovare testimoni in Gran Bretagna e in USA di quanto non lo sia stato qui a Bari".
"Eh, tenga presente che hanno ormai 90 anni", mi risponde il dr. Trizio.
"Si, si, certo, ma c'è qualcosa che non mi torna, non so, è una sensazione strana: non ci sono i portuali, i "camalli"; eppure erano una categoria molto presente durante gli anni della guerra a Bari; non credo sia solo una questione di età; ad esempio, nel libro di Infield (1971) non ci sono testimonianze dei portuali; nei libri pugliesi non ce ne sono; in un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 1983, il giornalista Liborio Lojacono intervista dei cittadini baresi ma nessun portuale. Eppure un avvenimento devastante come il bombardamento del 2 dicembre 1943 doveva aver conservato qualcosa nella memoria collettiva dei portuali.
E invece è come se non ci fossero mai stati, sembrano spariti; non capisco cosa ma qualcosa non mi torna. Dove sono andati a finire i portuali?".
Prima di accomiatarmi il dr. Trizio mi passa un opuscolo.
Terminate le interviste al porto, con il direttore della fotografia, Maurizio Felli, giriamo per Bari. Mi piace Bari, il suo Lungomare, le sue strade, il silenzio della controra che fa subito Sud, l'accento barese a me così familiare nei cafè. Dobbiamo sbrigarci, però.
L'Apulia Film Commission, nei suoi "arcana imperii" ha deciso di non supportare il documentario; così il mio "boss", il produttore, mi ha chiesto di fare tutto nel più breve tempo possibile a Bari.
Alle 15 ci rechiamo a intervistare il Prof. Vito Antonio Leuzzi, direttore dell'IPSAIC (Istituto Pugliese per la Storia dell'Antifascismo e Italia Contemporanea).
Dopo un po' il Prof. Leuzzi cita, anche lui, la Henderson. "Riecco la Henderson" – penso -. Poi, quasi distrattamente chiedo: "scusi professore, ma quante furono le vittime della Henderson?" –
"400. E 600 i feriti" mi risponde.
Rimango un attimo sulle mie, stupito; poi domando "ma erano tutti americani?".
"Oh no, no" mi risponde il Prof. "erano quasi tutti italiani, erano i lavoratori del porto di Bari che stavano scaricando la nave".
"Che cosa???". Ricordo ancora oggi di aver sentito un sibilo partire dall'anticamera del cervello e poi di aver visto nitidamente l'esplosione nella mia mente.
"Ma sono morti tutti, allora!!! Se ne sono andati tutti via con la Henderson!!! Per questo non c'era più quasi nessuno che ricordasse il bombardamento del 2 dicembre 1943!
La Henderson se li è portati tutti via!"
Joyce l'avrebbe chiamata Epifania, la rivelazione di una scoperta.
Anche il Prof all'improvviso sembra rendersene conto. "Certo, certo; e adesso che ci ripenso mi rendo conto del perché fosse così difficile ritrovare testimoni del 9 settembre 1943, della difesa del Porto di Bari ad opera del generale Bellomo. Abbiamo sempre avuto qualche difficoltà nel ricostruire oralmente quegli avvenimenti".
E così, all'improvviso, mi appariva in tutta la sua drammaticità la tragedia della Henderson.
Un'unica sola esplosione che in una manciata di secondi aveva cancellato, portato via con sé centinaia di vittime innocenti; con loro se n'era andata via la memoria storica del porto di Bari.
Prendo dalla borsa l'opuscolo del dr Trizio: "Quelli della Charles Henderson". Leggo la storia dell'evento; mi soffermo sull'elenco delle vittime: Altomare, Amoruso, Attolico, Carofiglio, Carrassi, Capasso, Cassano, Catalano, De Marzo, De Tullio, Fanelli, Introna, Ladisa, Lattanzi, Lorusso, Lopez, Maselli, Milella, Mongelli, Partipilo, Signorile, Stramaglia…
Tutta la baresità scorre in quei cognomi.
Che cosa era successo dunque?
Il 9 aprile 1945 un nave Liberty americana, la Charles Henderson, proveniente dagli Stati Uniti, e che trasportava bombe d'aereo per 5000 tonnellate, si trovava ormeggiata alla banchina 14. Erano le 11.57, quando durante le operazioni di scarico, vi era stata una tremenda esplosione che aveva sconquassato il porto, raggiungendo le abitazioni della città vecchia. Secondo un rapporto dell'Arma Comando Generale dei Carabinieri Reali datato 12 aprile 1945, i vari capannoni in legno e muratura nei pressi della banchina erano stati rasi al suolo; tre gru scomparse, pressoché distrutta l'intera attrezzatura portuale. L'intera parte centrale della nave lunga complessivamente 122 metri, evaporata.
L'onda d'urto aveva raggiunto l'intera città di Bari: tutte le finestre, in un raggio di alcuni km erano andate in frantumi.
Si contavano 360 morti italiani e 1730 feriti tra gravi e leggeri. Della compagnia dei lavoratori portuali "Nazario Sauro", composta da 200 lavoratori solo in 30 avevano risposto all'appello.
Lo stesso prefetto di bari, Antonucci, era rimasto ferito da schegge.
Tutto l'equipaggio americano, a parte 2 membri, perì nell'incidente
Le cause dell'esplosione non furono mai definitivamente accertate; malgrado si parlasse apertamente di sabotaggio, non fu possibile dimostrarlo; la polizia alleata suppose l'imprudenza di qualche fumatore.
Una catastrofe, un'ecatombe. Ora comprendevo perché, nella memoria dei baresi la Henderson fosse un ricordo ancor più forte del 2 dicembre 1943. Quel 9 aprile 1945 la città era rimasta sconvolta, scioccata.
Prima di andarcene decido di ripassare di nuovo sul lungomare davanti al porto; il porto scorre, scorrono le luci delle navi all'ormeggio; penso a tutta la storia che gronda, che trasuda dal porto di Bari e mi chiedo se i baresi se ne rendano conto: il 9 settembre 1943 l'assalto del Generale Bellomo che combatte contro i tedeschi, il 2 dicembre 1943, con l'attacco aereo tedesco e l'esplosione della John Harvey carica di bombe all'iprite; e poi il 9 aprile 1945 con l'esplosione della Charles Henderson, che si portò via i lavoratori del porto di Bari e con loro la memoria storica del porto di Bari.
Un porto, mille storie.
Francesco Morra
P.S. Da alcuni anni il 9 aprile 1945 viene ricordato dal Comune di Bari, grazie alla sensibilizzazione del presidente dell'ANMI Pasquale Trizio, dell'Autorità Portuale del Levante e della Capitaneria di Porto.
Una grande lapide, situata al molo terminal, con tutti i nomi, ricorda le vittime del 9 aprile 1945.