Storia e dintorni
Sand’Andùne, màscekere e sùne
Maschere e suoni in dialetto
giovedì 17 gennaio 2019
17.03
Il 17 gennaio ricorre la festa di Sant'Antonio Abate, Patrono degli animali domestici, come riporta la tradizione. Sant'Antonio abate, uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa, nato a Coma in Egitto intorno al 250. A vent'anni abbandonò ogni cosa per vivere dapprima in una plaga deserta e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse vita anacoretica per più di 80 anni, morendo ultracentenario nel 356.L'eremita del fuoco lo lega al culto con il racconto che vedeva il Santo addirittura recarsi all'Inferno per contendere al demonio le anime dei peccatori e strapparle dal fuoco dell'Inferno. L'eremita del fuoco viene rappresentato in festa a Novoli, in provincia di Lecce dove viene venerato come Patrono con la benedizione e accensione della "fòcara", un falò alto 25 m. e di diametro 20 m. realizzato da mesi con tralci secchi di vite. Ancora oggi il 17 gennaio, nella tradizione contadina, si usano accendere i cosiddetti "focarazzi" o "ceppi" o "falò di sant'Antonio", che hanno una funzione purificatrice e fecondatrice della terra, come tutti i fuochi che segnavano il passaggio dall'inverno alla prossima primavera. Ma il fuoco di Sant'Antonio viene evocato anche in riferimento alla protezione dall'herpes zoster, morbo chiamato in dialetto a Canosa di Puglia, " u fùche de sand'Andònie", virus delle terminazioni nervose intercostali o della coscia.
La protezione contro l'herpes zoster
Dal sito Santi e Beati rileviamo che nel 561 fu scoperto il suo sepolcro e le reliquie cominciarono un lungo viaggiare nel tempo e nello spazio, da Alessandria a Costantinopoli, fino ad arrivare in Francia, nell'XI secolo, a Motte-Saint. Il morbo, oggi scientificamente noto come herpes zoster, era conosciuto sin dall'antichità come "ignis sacer" ("fuoco sacro") per il bruciore che provocava. Per ospitare tutti gli ammalati che giungevano, si costruì un ospedale e venne fondata una confraternita di religiosi, l'antico ordine ospedaliero degli 'Antoniani'; il villaggio prese il nome di Saint-Antoine de Viennois. Ma per guarire dall'herpes zoster servono soprattutto gli antivirali sulla pelle.
Ignis sacer dal Tardoantico al Medioevo
Abbiamo ricercato nella Letteratura latina medica le citazioni del morbo dell'ignis sacer, del fuoco sacro, morbo già noto in epoca romana. Cornelio Celso nell'opera De Arte Medica, V, 28, 4, cita le "pustulae continuae rubor cum calore" sulla pelle arrossate (rubor) e con bruciore (calore).Virgilio nelle Georgiche lo cita nel Libro III e IV e anche Seneca nell'opera Phaedra. Alcuni erroneamente attribuiscono a Plinio il Giovane , ma è Plinio il Vecchio, detto Secundus a descrivere il morbo nell'opera Naturalis Historia, Libro XXVI, 74, 121: "ignis sacri plura sunt genera, inter quae medium hominem ambiens, qui zoster vocatur, et enecat, si cinxit" (molti sono i tipi del fuoco sacro, fra cui quello che colpisce comunemente l'uomo, chiamato zoster e che uccide se lo pervade). Plinio aggiunge che si cura con la piantaggine e la creta.
Il maiale e il fuoco.
Il Papa accordò agli Antoniani il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade; nessuno li toccava se portavano una campanella di riconoscimento. Il loro grasso veniva usato per curare l'ergotismo, che venne chiamato "il male di s. Antonio" e poi "fuoco di s. Antonio". Per questo motivo, nella religiosità popolare, il maiale cominciò ad essere associato al grande eremita egiziano, poi considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla.
La devozione popolare
Nel giorno della sua memoria liturgica, si benedicono le stalle e si portano a benedire gli animali domestici, come avviene a Molfetta per promozione della PRO LOCO. Oggi a Roma nella tradizione annuale è avvenuta la benedizione degli animali domestici in Piazza San Pietro, con il volo di una colomba dalle mani del Vicario del Santo Padre. La presenza della Coldiretti ha sottolineato il problema dell'allevamento. Pecore, capre, galline, cavalli, mucche e maiali che figurano nell'iconografia di Sant'Antonio Abate, erano allevati dagli Ospedalieri Antoniani che ricavavano il grasso per curare il morbo del "fuoco di Sant'Antonio", evocato nelle tradizioni delle Regioni d'Italia.
Il primo giorno di Carnevale dialettando a Canosa di Puglia
Il proverbio in dialetto canosino riportato nel libro di Dialettologia, "Sulle vie dei ciottoli" di Giuseppe Di Nunno, evoca la voce popolare: "sand'Andùne, màscekere e sùne", "Sant'Antonio, maschere e suoni", ad indicare il primo giorno di Carnevale con le tradizioni popolari cadute nell'oblio nel patrimonio culturale e svuotate dal consumismo globale.Ma entrando ieri nella sala del mio parrucchieri Paolo , presso la Scuola Mazzini, incontro l'amico Mino Albrizio intento a sfogliare il libro suddetto e a rileggere la tradizione del fantoccio di pezza di Carnevale, con l'auspicio che venga riproposto a Canosa dalle Associazioni e dagli Enti. Così commenta: "immagina le strade di Canosa con il fantoccio di Carnevale seduto sulla sedia...!"
Condividiamo l'auspicio di questa grande tradizione nelle radici remote antropologiche, che abbiamo rappresentate con un progetto educativo nella Scuola Elementare De Muro Lomanto venti anni fa, ma che merita di essere tramandato alle nuove generazioni, con pezze senza consumismo, con arte povera manuale di creatività, con sapori della "buffétte" della nostra cucina e tavola mediterranea, con il sorriso di fare festa insieme negli incontri reali e non virtuali, nel pianto metaforico antico di millenni del funerale a Carnevale.
Ma pensiamo a fare il fantoccio e a farlo sedere davanti a ogni casa.
Lo evoca il proverbio popolare: "sand'Andùne, màscekere e sùne", "Sant'Antonio, maschere e suoni". Una maschera, un suono e ....un fantoccio.
Oggi ricorre anche la Giornata mondiale della Pizza, patrimonio dell'umanità e in serata sarebbe bello e gustoso mangiare una pizza in famiglia o fra amici.
Buona festa, ma attenti al fuoco di Sant'Antonio!
Maestro Peppino Di Nunno canosino
La protezione contro l'herpes zoster
Dal sito Santi e Beati rileviamo che nel 561 fu scoperto il suo sepolcro e le reliquie cominciarono un lungo viaggiare nel tempo e nello spazio, da Alessandria a Costantinopoli, fino ad arrivare in Francia, nell'XI secolo, a Motte-Saint. Il morbo, oggi scientificamente noto come herpes zoster, era conosciuto sin dall'antichità come "ignis sacer" ("fuoco sacro") per il bruciore che provocava. Per ospitare tutti gli ammalati che giungevano, si costruì un ospedale e venne fondata una confraternita di religiosi, l'antico ordine ospedaliero degli 'Antoniani'; il villaggio prese il nome di Saint-Antoine de Viennois. Ma per guarire dall'herpes zoster servono soprattutto gli antivirali sulla pelle.
Ignis sacer dal Tardoantico al Medioevo
Abbiamo ricercato nella Letteratura latina medica le citazioni del morbo dell'ignis sacer, del fuoco sacro, morbo già noto in epoca romana. Cornelio Celso nell'opera De Arte Medica, V, 28, 4, cita le "pustulae continuae rubor cum calore" sulla pelle arrossate (rubor) e con bruciore (calore).Virgilio nelle Georgiche lo cita nel Libro III e IV e anche Seneca nell'opera Phaedra. Alcuni erroneamente attribuiscono a Plinio il Giovane , ma è Plinio il Vecchio, detto Secundus a descrivere il morbo nell'opera Naturalis Historia, Libro XXVI, 74, 121: "ignis sacri plura sunt genera, inter quae medium hominem ambiens, qui zoster vocatur, et enecat, si cinxit" (molti sono i tipi del fuoco sacro, fra cui quello che colpisce comunemente l'uomo, chiamato zoster e che uccide se lo pervade). Plinio aggiunge che si cura con la piantaggine e la creta.
Il maiale e il fuoco.
Il Papa accordò agli Antoniani il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade; nessuno li toccava se portavano una campanella di riconoscimento. Il loro grasso veniva usato per curare l'ergotismo, che venne chiamato "il male di s. Antonio" e poi "fuoco di s. Antonio". Per questo motivo, nella religiosità popolare, il maiale cominciò ad essere associato al grande eremita egiziano, poi considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla.
La devozione popolare
Nel giorno della sua memoria liturgica, si benedicono le stalle e si portano a benedire gli animali domestici, come avviene a Molfetta per promozione della PRO LOCO. Oggi a Roma nella tradizione annuale è avvenuta la benedizione degli animali domestici in Piazza San Pietro, con il volo di una colomba dalle mani del Vicario del Santo Padre. La presenza della Coldiretti ha sottolineato il problema dell'allevamento. Pecore, capre, galline, cavalli, mucche e maiali che figurano nell'iconografia di Sant'Antonio Abate, erano allevati dagli Ospedalieri Antoniani che ricavavano il grasso per curare il morbo del "fuoco di Sant'Antonio", evocato nelle tradizioni delle Regioni d'Italia.
Il primo giorno di Carnevale dialettando a Canosa di Puglia
Il proverbio in dialetto canosino riportato nel libro di Dialettologia, "Sulle vie dei ciottoli" di Giuseppe Di Nunno, evoca la voce popolare: "sand'Andùne, màscekere e sùne", "Sant'Antonio, maschere e suoni", ad indicare il primo giorno di Carnevale con le tradizioni popolari cadute nell'oblio nel patrimonio culturale e svuotate dal consumismo globale.Ma entrando ieri nella sala del mio parrucchieri Paolo , presso la Scuola Mazzini, incontro l'amico Mino Albrizio intento a sfogliare il libro suddetto e a rileggere la tradizione del fantoccio di pezza di Carnevale, con l'auspicio che venga riproposto a Canosa dalle Associazioni e dagli Enti. Così commenta: "immagina le strade di Canosa con il fantoccio di Carnevale seduto sulla sedia...!"
Condividiamo l'auspicio di questa grande tradizione nelle radici remote antropologiche, che abbiamo rappresentate con un progetto educativo nella Scuola Elementare De Muro Lomanto venti anni fa, ma che merita di essere tramandato alle nuove generazioni, con pezze senza consumismo, con arte povera manuale di creatività, con sapori della "buffétte" della nostra cucina e tavola mediterranea, con il sorriso di fare festa insieme negli incontri reali e non virtuali, nel pianto metaforico antico di millenni del funerale a Carnevale.
Ma pensiamo a fare il fantoccio e a farlo sedere davanti a ogni casa.
Lo evoca il proverbio popolare: "sand'Andùne, màscekere e sùne", "Sant'Antonio, maschere e suoni". Una maschera, un suono e ....un fantoccio.
Oggi ricorre anche la Giornata mondiale della Pizza, patrimonio dell'umanità e in serata sarebbe bello e gustoso mangiare una pizza in famiglia o fra amici.
Buona festa, ma attenti al fuoco di Sant'Antonio!
Maestro Peppino Di Nunno canosino