Storia e dintorni
Una nuova foto sulla Battaglia di Barletta del 12 settembre 1943
Una foto pubblicata negli anni della guerra su un rivista americana
sabato 29 giugno 2013
12.35
Una nuova foto della Battaglia di Barletta del 12 settembre 1943: i Paracadutisti tedeschi della 1^ Divisione in marcia in assetto da guerra per le strade di Barletta che fanno ala ad un carro armato tedesco, un Marder II. Una foto pubblicata negli anni della guerra su un rivista americana, e poi andata perduta. Fino ad averla ritrovata oggi grazie ad Internet, pubblicata da uno studioso su un forum dedicato alla Seconda Guerra Mondiale.
Ha una importanza storica notevole questa foto: perché non fa parte delle immagini conosciute della battaglia, quelle della serie "Benschel", così chiamate dal nome del fotografo tedesco Benschel che le scattò; Benschel era insieme ad altri fotografi e apparteneva alla Propaganda Kompanie, il reparto di fotoreporter tedesco che da Roma si recò a Barletta per documentare con foto e riprese video la riconquista della città. Analizzando la foto, sembra essere stata scattata a bordo di un altro mezzo militare (al momento non ci è dato sapere se esistono altre foto scattate dallo stesso fotografo).
E' una nuova fotografia, che dimostra quale fu l'impegno da parte dei tedeschi e dello Stato Maggiore tedesco di riconquistare Barletta documentando il più possibile.
Ma perché Barletta fu così importante per i tedeschi? Perché così tante immagini? E perché Barletta resisteva ancora il 12 settembre, unica tra le città italiane?
Ricordiamone la storia
L'8 settembre 1943, alle ore 19.30 Badoglio annuncia via radio l'armistizio con gli americani. Alle 21.00 lo Stato Maggiore tedesco emana la parola d'ordine "Achse", cioè l'attacco a tutte le postazioni militari italiane per disarmarle e metterle fuori combattimento. Mentre i tedeschi attaccano con tutte le forze possibili gli italiani in tutta Italia, nei Balcani e nelle isole dell'Egeo, nessun ordine identico viene emanato dallo Stato Maggiore italiano; la Memoria OP 44, cioè l'ordine di attaccare i tedeschi, preparato, non viene perà diramato.
Alle 6 del mattino del 9 settembre, lo Stato Maggiore delle Forze militari italiane cessa di esistere.
Tutto lo Stato Maggiore, tutti gli ufficiali operativi, da Ambrosio, a Roatta, a De Courten, a Sandalli, stanno seguendo il Re e Badoglio in trasferimento prima a Pescara e poi a Brindisi.
Dalle 6 di mattine, tutti i telefoni, a Roma, tempestati di chiamate da tutti i reparti italiani che chiedono istruzioni, squillano a vuoto. A Roma non c'è più quasi nessuno.
I tedeschi attaccano ovunque le postazioni italiane. Solo a Roma si combatte, ma senza un piano e un coordinamento preciso. Nella notte tra il 9 e il 10 Badoglio e il Re si imbarcano a Ortona sulla nave Baionetta. Arrivano a Brindisi nel pomeriggio accolti da uno stupito Ammiraglio Rubartelli, Comandante della Piazza di Brindisi, che si vede tutto lo Stato maggiore sbarcare nella città pugliese.
Nello stesso momento a Roma, cessano i combattimenti dell'esercito contro i tedeschi. Nel pomeriggio del 10 settembre l'Esercito italiano non esiste più, salvo alcune sacche di resistenza nei Balcani e nelle isole (come Cefalonia, Corfù, Lero).
In tutto questo marasma, Barletta è stata risparmiata: è vissuta in una incredibile bolla di serenità. Infatti i tedeschi avevano la 1^ Divisione paracadutisti sparpagliata tra Puglia e Basilicata. Barletta per i primi 3 giorni non fu toccata dai tedeschi; inoltre a Barletta, poiché la situazione era di assoluta tranquillità, e poiché una buona parte delle truppe era pugliese, non scattò il "tutti a casa".
Il dramma comincia nella notte tra il 10 e l'11: con il Re in sicurezza a Brindisi, lo Stato Maggiore italiano emana l'ordine: "considerate i tedeschi come nemici".
E' un ordine: il colonnello Francesco Grasso, comandante della 209^ Divisione Costiera sulla Piazza di Barletta, del tutto ignaro di quello che sta accadendo in tutta Italia, predispone le difese per combattere i tedeschi. La mattina dell'11 i tedeschi provenienti dalla Basilicata - Gruppo di Combattimento "Friedrich Kurtz" (si, proprio il comandante del "Miracolo di Trani") - si recano a Barletta per disarmare i soldati. Non si aspettano la Resistenza: al caposaldo Crocifisso una batteria controcarro guidata dal tenente Vasco Ventavoli e dal tiratore scelto sergente Guido Giandiletti, blocca i tedeschi distruggendo un carro armato; i soldati italiani riescono a fare prigionieri 120 soldati tedeschi.
Lo Stato Maggiore tedesco va su tutte le furie: Barletta resiste. E' l'unica città in Italia nella quale l'Esercito italiano ancora combatte. Barletta va punita; la mattina del 12 settembre, 3 aerei tedeschi piombano sulla città bombardando le caserme.
Vengono inviati rinforzi: carri armati, semoventi, i terribili cannoni da 88; le truppe scelte dei Parà tedeschi, quelli che combatteranno ferocemente a Ortona e Cassino, attaccano Barletta. Il colonnello Grasso chiede rinforzi a Bari; i rinforzi non arrivano; nulla possono i sodati italiani della Divisione Costiera contro la più preparata arma militare tedesca, i Paracadutisti della 1^ Divisione.
Il colonnello Grasso, vista vana ogni resistenza ordina la resa. I tedeschi conquistano Barletta e imperversano per la città. Poi prenderanno i Vigili Urbani e li fucileranno davanti all'Ufficio Postale.
Barletta si è arresa; Barletta è in mani tedesche. La Propaganda Kompanie sta filmando, fotografando tutta la riconquista. Il lavoro è finito. Le foto i video sono pronti per essere spediti a Berlino per farli vedere anche agli spettatori tedeschi; le immagini del video finiranno nei Deutsche Wochenschau, i filmati Luce tedeschi.
Il colonnello Grasso, arrestato dai tedeschi, insieme a 3.000 soldati italiani viene messo sui vagoni ferroviari e viene deportato in Germania. Tornerà a Barletta a guerra finita. Ha la coscienza a posto.
Non sa cosa lo aspetta in Italia; non sa quali giochi sporchi sono in corso; viene portato davanti ad un tribunale militare italiano colpevole di essersi arreso: lui, uno dei pochi che ha combattuto! Per fortuna il tribunale lo scagiona: l'imputazione non sussiste. Gli va bene; al Generale Bellomo andrà peggio.
Quelle immagini della Battaglia fanno di Barletta una delle poche città italiane dove l'Esercito italiano combattè i tedeschi. Quelle immagini lo testimoniano.
Oggi Barletta è Medaglia d'oro al Valor Militare e Medaglia d'oro al Merito Civile.
Francesco Morra
Ha una importanza storica notevole questa foto: perché non fa parte delle immagini conosciute della battaglia, quelle della serie "Benschel", così chiamate dal nome del fotografo tedesco Benschel che le scattò; Benschel era insieme ad altri fotografi e apparteneva alla Propaganda Kompanie, il reparto di fotoreporter tedesco che da Roma si recò a Barletta per documentare con foto e riprese video la riconquista della città. Analizzando la foto, sembra essere stata scattata a bordo di un altro mezzo militare (al momento non ci è dato sapere se esistono altre foto scattate dallo stesso fotografo).
E' una nuova fotografia, che dimostra quale fu l'impegno da parte dei tedeschi e dello Stato Maggiore tedesco di riconquistare Barletta documentando il più possibile.
Ma perché Barletta fu così importante per i tedeschi? Perché così tante immagini? E perché Barletta resisteva ancora il 12 settembre, unica tra le città italiane?
Ricordiamone la storia
L'8 settembre 1943, alle ore 19.30 Badoglio annuncia via radio l'armistizio con gli americani. Alle 21.00 lo Stato Maggiore tedesco emana la parola d'ordine "Achse", cioè l'attacco a tutte le postazioni militari italiane per disarmarle e metterle fuori combattimento. Mentre i tedeschi attaccano con tutte le forze possibili gli italiani in tutta Italia, nei Balcani e nelle isole dell'Egeo, nessun ordine identico viene emanato dallo Stato Maggiore italiano; la Memoria OP 44, cioè l'ordine di attaccare i tedeschi, preparato, non viene perà diramato.
Alle 6 del mattino del 9 settembre, lo Stato Maggiore delle Forze militari italiane cessa di esistere.
Tutto lo Stato Maggiore, tutti gli ufficiali operativi, da Ambrosio, a Roatta, a De Courten, a Sandalli, stanno seguendo il Re e Badoglio in trasferimento prima a Pescara e poi a Brindisi.
Dalle 6 di mattine, tutti i telefoni, a Roma, tempestati di chiamate da tutti i reparti italiani che chiedono istruzioni, squillano a vuoto. A Roma non c'è più quasi nessuno.
I tedeschi attaccano ovunque le postazioni italiane. Solo a Roma si combatte, ma senza un piano e un coordinamento preciso. Nella notte tra il 9 e il 10 Badoglio e il Re si imbarcano a Ortona sulla nave Baionetta. Arrivano a Brindisi nel pomeriggio accolti da uno stupito Ammiraglio Rubartelli, Comandante della Piazza di Brindisi, che si vede tutto lo Stato maggiore sbarcare nella città pugliese.
Nello stesso momento a Roma, cessano i combattimenti dell'esercito contro i tedeschi. Nel pomeriggio del 10 settembre l'Esercito italiano non esiste più, salvo alcune sacche di resistenza nei Balcani e nelle isole (come Cefalonia, Corfù, Lero).
In tutto questo marasma, Barletta è stata risparmiata: è vissuta in una incredibile bolla di serenità. Infatti i tedeschi avevano la 1^ Divisione paracadutisti sparpagliata tra Puglia e Basilicata. Barletta per i primi 3 giorni non fu toccata dai tedeschi; inoltre a Barletta, poiché la situazione era di assoluta tranquillità, e poiché una buona parte delle truppe era pugliese, non scattò il "tutti a casa".
Il dramma comincia nella notte tra il 10 e l'11: con il Re in sicurezza a Brindisi, lo Stato Maggiore italiano emana l'ordine: "considerate i tedeschi come nemici".
E' un ordine: il colonnello Francesco Grasso, comandante della 209^ Divisione Costiera sulla Piazza di Barletta, del tutto ignaro di quello che sta accadendo in tutta Italia, predispone le difese per combattere i tedeschi. La mattina dell'11 i tedeschi provenienti dalla Basilicata - Gruppo di Combattimento "Friedrich Kurtz" (si, proprio il comandante del "Miracolo di Trani") - si recano a Barletta per disarmare i soldati. Non si aspettano la Resistenza: al caposaldo Crocifisso una batteria controcarro guidata dal tenente Vasco Ventavoli e dal tiratore scelto sergente Guido Giandiletti, blocca i tedeschi distruggendo un carro armato; i soldati italiani riescono a fare prigionieri 120 soldati tedeschi.
Lo Stato Maggiore tedesco va su tutte le furie: Barletta resiste. E' l'unica città in Italia nella quale l'Esercito italiano ancora combatte. Barletta va punita; la mattina del 12 settembre, 3 aerei tedeschi piombano sulla città bombardando le caserme.
Vengono inviati rinforzi: carri armati, semoventi, i terribili cannoni da 88; le truppe scelte dei Parà tedeschi, quelli che combatteranno ferocemente a Ortona e Cassino, attaccano Barletta. Il colonnello Grasso chiede rinforzi a Bari; i rinforzi non arrivano; nulla possono i sodati italiani della Divisione Costiera contro la più preparata arma militare tedesca, i Paracadutisti della 1^ Divisione.
Il colonnello Grasso, vista vana ogni resistenza ordina la resa. I tedeschi conquistano Barletta e imperversano per la città. Poi prenderanno i Vigili Urbani e li fucileranno davanti all'Ufficio Postale.
Barletta si è arresa; Barletta è in mani tedesche. La Propaganda Kompanie sta filmando, fotografando tutta la riconquista. Il lavoro è finito. Le foto i video sono pronti per essere spediti a Berlino per farli vedere anche agli spettatori tedeschi; le immagini del video finiranno nei Deutsche Wochenschau, i filmati Luce tedeschi.
Il colonnello Grasso, arrestato dai tedeschi, insieme a 3.000 soldati italiani viene messo sui vagoni ferroviari e viene deportato in Germania. Tornerà a Barletta a guerra finita. Ha la coscienza a posto.
Non sa cosa lo aspetta in Italia; non sa quali giochi sporchi sono in corso; viene portato davanti ad un tribunale militare italiano colpevole di essersi arreso: lui, uno dei pochi che ha combattuto! Per fortuna il tribunale lo scagiona: l'imputazione non sussiste. Gli va bene; al Generale Bellomo andrà peggio.
Quelle immagini della Battaglia fanno di Barletta una delle poche città italiane dove l'Esercito italiano combattè i tedeschi. Quelle immagini lo testimoniano.
Oggi Barletta è Medaglia d'oro al Valor Militare e Medaglia d'oro al Merito Civile.
Francesco Morra