Stilus Magistri
Alle novanta primavere di mamma Rosetta
Alle mamme della metà del ‘900.
venerdì 27 febbraio 2015
23.41
Era il 28 Febbario del 1925,
quando nasceva a Canosa di Puglia la prima figlia femmina, Rosetta, ma Lei, restando la più grande delle tre sorelle, fece, come racconta, anche il ruolo del figlio maschio, aiutando il padre contadino a partire di notte per i campi, a spingere il carrettino con i secchi di acqua dalla fontanina pubblica di Imbriani, a tirare la fune (la 'martellina') a nove anni nel 1933, seduta con i piedi appesi sul retro, per frenare il carretto nei pellegrinaggi di famiglia verso il Gargano, a trovare Padre Pio e poi verso la grotta dell'Arcangelo Michele.
Hai studiato con bravura, ma non ti fu consentito di viaggiare a Barletta e proseguire gli studi della Scuola Media; ma tu hai continuato a studiare, a imparare la cucina e l'arte del cucito e del ricamo, quando eravamo povera gente, fino a tagliare e cucire di notte il tuo abito da sposa del 26 ottobre 1946.
Sì, come sposa hai atteso l'incontro con papà Giovanni, soldato italiano "carrettiere", reduce dopo due inverni senza notizie, considerato morto, sfuggito al campo di prigionia militare a Luckenwalde, presso Berlino.
Hai vissuto la fede cristiana, nella Chiesa di San Sabino, discepola segreta della vestizione della Madonna Addolorata della Chiesa della Passione, in quella via dove sei nata e cresciuta.
Poi sono nati cinque figli, quando si nasceva in casa, fino all'ultima figlia, Rosanna, in quella notte sconvolta d'agosto del 1959 che ricordo, quando hai rischiato di morire nel travagliato parto, salvata nell'"Ospedale Vecchio" dalla levatrice Cannone, "la peddère", ma oggi sei ancora qui con noi, con i tuoi 90 anni, con il tuo proverbio: "mégghje nu trìste cambè, ca nu bùne murό".
E pur se si è offuscata tutta la luce degli occhi, tu parli, come un libro di storia vissuta, del '900, della Guerra mondiale, della Scuola, della Chiesa, del lavoro dei campi di papà, quando ci facevi attendere il suo ritorno dalla terra, per mangiare insieme, con il cavallo nella stalla accanto, tra galline e conigli e pulcini che abbiamo visto nascere.
Alla generazione delle mamme della metà del '900, noi figli del '900, dedichiamo questi ricordi, questi valori, questo messaggio augurale, questa storia.
È una storia che si svegliava di notte, quando le mamme impastavano il pane quotidiano con il lievito madre, che veniva scambiato fra le case, quando le mamme facevano il segno di croce sulla pagnotta, baciandola e al mattino poi affrontavano il duro lavoro della cucina, del fuoco da accendere, dei panni da lavare a mano, dei figli e dei nonni in casa da curare.
Ed io, Peppino con mio fratello maggiore Lillino, come 'acquaioli', trasportavamo sulla braccia, sulle spalle, l'acqua nei secchi zincati, dalla fontanina pubblica alla giara di casa.
Ora sei tu la nonna da curare, fragile nelle membra e forte nella parola e nello spirito.
Voi siete state le mogli, capaci accendere per tredici mesi l'anno il braciere in casa, per accogliere i mariti dai campi, come raccontavi di quella storia in dialetto e del Libro "Cuore" che si leggeva a sera quando non c'era ancora la TV.
Al sabato andavano a comprare i maccheroni, i ziti da spezzare, al negozio e poi facevamo l'aquilone con carta, con la colla di farina e con le canne dell'Ofanto.
Ci hai educati alla preghiera cristiana, alla vita di Azione Cattolica in Chiesa, ma soprattutto ci hai fatto studiare, facendoci fare le "Scuole grosse", fino all'Università, sostenendo gli studi con i sacrifici tuoi e di papà: Grazie mamma! Grazie papa!
I tuoi figli Lillino, Peppino, Grazia, Rosanna, ti abbracciano.
I tuoi bravi nove nipoti, Giovanni e Cesare, Gianfranco, Gabriele e Davide, Marco e Dario, Mariarosa e Stefano, tra Canosa e le Regioni d'Italia, fanno gli auguri alla nonna Rosetta.
Il pronipote Emanuele da Torino, con i suoi tre anni, e con la sorellina Gioia, ha imparato incantato da te, la filastrocca delle "manine laboriose", che sanno fare tante cose, anche oggi nella civiltà digitale.
Emanuele ha detto che "si dispiace la nonnina", non potendo incontrare i nipoti realizzati lontano, ma noi facciamo sentire la tua voce, che racconta, che canta, che prega, che recita a memoria tante storie e la poesia di Jacques Prévert, che hai imparato dalla televisione: "Non dire alla foglia, 'non muoverti', perché c'è il vento. Non dire al sole, 'non calare', perché c'è la notte. Non dire a Dio,
'voglio vivere per sempre!', perché c'è la morte. Non dire al cuore, 'non amare', perché c'è l'Amore".
E tu cara mamma reciti a memoria il Cantico delle creature, "Laudato sii, o mi Signore".
Noi lodiamo il Signore per queste madri del '900, fatte di braccia, di sapienza, di cuore, di fede e di amore.
Auguri Mamma! Auguri nonna! Auguri nonnina! Auguri cuma Rosetta!
maestro Peppino Di Nunno
Canosa di Puglia, 28 Febbraio 2015
quando nasceva a Canosa di Puglia la prima figlia femmina, Rosetta, ma Lei, restando la più grande delle tre sorelle, fece, come racconta, anche il ruolo del figlio maschio, aiutando il padre contadino a partire di notte per i campi, a spingere il carrettino con i secchi di acqua dalla fontanina pubblica di Imbriani, a tirare la fune (la 'martellina') a nove anni nel 1933, seduta con i piedi appesi sul retro, per frenare il carretto nei pellegrinaggi di famiglia verso il Gargano, a trovare Padre Pio e poi verso la grotta dell'Arcangelo Michele.
Hai studiato con bravura, ma non ti fu consentito di viaggiare a Barletta e proseguire gli studi della Scuola Media; ma tu hai continuato a studiare, a imparare la cucina e l'arte del cucito e del ricamo, quando eravamo povera gente, fino a tagliare e cucire di notte il tuo abito da sposa del 26 ottobre 1946.
Sì, come sposa hai atteso l'incontro con papà Giovanni, soldato italiano "carrettiere", reduce dopo due inverni senza notizie, considerato morto, sfuggito al campo di prigionia militare a Luckenwalde, presso Berlino.
Hai vissuto la fede cristiana, nella Chiesa di San Sabino, discepola segreta della vestizione della Madonna Addolorata della Chiesa della Passione, in quella via dove sei nata e cresciuta.
Poi sono nati cinque figli, quando si nasceva in casa, fino all'ultima figlia, Rosanna, in quella notte sconvolta d'agosto del 1959 che ricordo, quando hai rischiato di morire nel travagliato parto, salvata nell'"Ospedale Vecchio" dalla levatrice Cannone, "la peddère", ma oggi sei ancora qui con noi, con i tuoi 90 anni, con il tuo proverbio: "mégghje nu trìste cambè, ca nu bùne murό".
E pur se si è offuscata tutta la luce degli occhi, tu parli, come un libro di storia vissuta, del '900, della Guerra mondiale, della Scuola, della Chiesa, del lavoro dei campi di papà, quando ci facevi attendere il suo ritorno dalla terra, per mangiare insieme, con il cavallo nella stalla accanto, tra galline e conigli e pulcini che abbiamo visto nascere.
Alla generazione delle mamme della metà del '900, noi figli del '900, dedichiamo questi ricordi, questi valori, questo messaggio augurale, questa storia.
È una storia che si svegliava di notte, quando le mamme impastavano il pane quotidiano con il lievito madre, che veniva scambiato fra le case, quando le mamme facevano il segno di croce sulla pagnotta, baciandola e al mattino poi affrontavano il duro lavoro della cucina, del fuoco da accendere, dei panni da lavare a mano, dei figli e dei nonni in casa da curare.
Ed io, Peppino con mio fratello maggiore Lillino, come 'acquaioli', trasportavamo sulla braccia, sulle spalle, l'acqua nei secchi zincati, dalla fontanina pubblica alla giara di casa.
Ora sei tu la nonna da curare, fragile nelle membra e forte nella parola e nello spirito.
Voi siete state le mogli, capaci accendere per tredici mesi l'anno il braciere in casa, per accogliere i mariti dai campi, come raccontavi di quella storia in dialetto e del Libro "Cuore" che si leggeva a sera quando non c'era ancora la TV.
Al sabato andavano a comprare i maccheroni, i ziti da spezzare, al negozio e poi facevamo l'aquilone con carta, con la colla di farina e con le canne dell'Ofanto.
Ci hai educati alla preghiera cristiana, alla vita di Azione Cattolica in Chiesa, ma soprattutto ci hai fatto studiare, facendoci fare le "Scuole grosse", fino all'Università, sostenendo gli studi con i sacrifici tuoi e di papà: Grazie mamma! Grazie papa!
I tuoi figli Lillino, Peppino, Grazia, Rosanna, ti abbracciano.
I tuoi bravi nove nipoti, Giovanni e Cesare, Gianfranco, Gabriele e Davide, Marco e Dario, Mariarosa e Stefano, tra Canosa e le Regioni d'Italia, fanno gli auguri alla nonna Rosetta.
Il pronipote Emanuele da Torino, con i suoi tre anni, e con la sorellina Gioia, ha imparato incantato da te, la filastrocca delle "manine laboriose", che sanno fare tante cose, anche oggi nella civiltà digitale.
Emanuele ha detto che "si dispiace la nonnina", non potendo incontrare i nipoti realizzati lontano, ma noi facciamo sentire la tua voce, che racconta, che canta, che prega, che recita a memoria tante storie e la poesia di Jacques Prévert, che hai imparato dalla televisione: "Non dire alla foglia, 'non muoverti', perché c'è il vento. Non dire al sole, 'non calare', perché c'è la notte. Non dire a Dio,
'voglio vivere per sempre!', perché c'è la morte. Non dire al cuore, 'non amare', perché c'è l'Amore".
E tu cara mamma reciti a memoria il Cantico delle creature, "Laudato sii, o mi Signore".
Noi lodiamo il Signore per queste madri del '900, fatte di braccia, di sapienza, di cuore, di fede e di amore.
Auguri Mamma! Auguri nonna! Auguri nonnina! Auguri cuma Rosetta!
maestro Peppino Di Nunno
Canosa di Puglia, 28 Febbraio 2015