Stilus Magistri
Canosa: memoria della Preistoria scoperta
Gli Ofantini dell’Eneolitico del 3.500 a.C.
venerdì 1 febbraio 2019
22.40
Nel caldo torrido del luglio 2008 in Contrada La Palata presso le rive del fiume Ofanto venivano alla luce tombe e reperti di un Villaggio dell'Eneolitico che richiesero la presenza per la prima volta della Soprintendenza ai Beni Archeologici, del Settore Preistoria. Mi sono affacciato con Mariano Caputo di Canosaweb a raccogliere le testimonianze pubblicando poi nel Settembre 2008 un articolo: CANOSA: LA MEMORIA PREISTORICA DIMENTICATA. Pubblicavo in seguito in anteprima su "Il Campanile" del febbraio 2008 uno studio, cui fece seguito una conferenza della Dott. Francesca Radina all'Oasi Minerva. Oggi a distanza di 11 anni queste scoperte e note rischiano di cadere nell'oblio e le riproponiamo con gli studi omessi di Morea a dare compimento al progetto degli Ofantini Preistorici, promosso dal Liceo Statale "Vito Fornari" di Molfetta con l'opera diligente della Classe IV B SU (Scienze Umane), guidata dalla Professoressa Angela Lisena, che abbiamo salutato.
Già precedentemente l'8 gennaio 2013 sul portale di Canosaweb è stato pubblicato un articolo dal titolo "Parla un ciottolo del fiume Ofanto a Canosa" con riferimento alla scoperta del 2008 riportata a pag. 125 sul mio Libro di Dialettologia "Sulle vie dei ciottoli" del 2015, allegando la storica fotografia delle ossa della tomba unica nel suo genere e pietra miliare della Preistoria ofantina. Nel libro riportiamo la fraseologia canosina popolare dialettale: "abbàsce a l'Óffete". Ma sulle vie dell'acqua, nella Preistoria, nel 2008 è venuto alla luce un villaggio del periodo Eneolitico del 3.500
a.C. sulle rive dell'Ofanto, in contrada "La Palata", con tombe e utensili, acquisiti con fatica dalla mia persona e da Mariano Caputo del portale di Canosaweb, nell'incuria degli altri. Le tombe, custodite nella sabbia, cui abbiamo pregato con don Felice Bacco, riportavano persone in posizione fetale, nel ritorno al grembo materno.Sono le radici della nostra Preistoria!
Il Neolitico negli studi Morea
Nella storiografia e nella cultura del territorio ci incombe di riportare gli studi e l'opera "La Polis canusina" del Prof. Giuseppe Morea, cultore eccellente di Archeologia a Canosa. Sono stato suo discepolo come studente del Liceo Scientifico e riproponiamo le pagine 11 e 16 della PREISTORIA, perché non cadano nell'oblio. L'opera di cui posseggo una copia è comunque fruibile in internet e fu pubblicata dal CRSEC di Canosa nel 1989; figura oggi nella stessa Biblioteca comunale. L'opera parla del Neolitico in Puglia e del " primo ciottolo scheggiato da mano umana" ( pag 11)
Così scrive il Morea.
A Canosa, in località Salinelle, vennero alla luce alcuni anni fa, due postazioni preistoriche e poi villaggi tutti più o meno neolitici o dell'età del bronzo (tarda). Furono trovati frammenti di ceramica varia, impressa, a graffito o dipinta. In alcune località anche delle urne a vasetti, tutte in terracotta e intorno tanti cocci, conservati nel Museo canosino. Tra i tanti villaggi neolitici ricordo quelli della collina di S. Leucio, della contrada detta "La Marchesa", quella di S. Paolo e di Matarrese, della collina Sinesi, di Monte Gentile, di Belvedere e di Spartivento. Oggi nessuna è visitabile. L'eneolitico si manifestò in Puglia verso la fine del terzo millennio e l'inizio del secondo a.C. con la lavorazione dei metalli, introducendo così l'età del bronzo. Aveva sapientemente ragione il Prof. Morea, in questa tesi attestata dalla scoperta del Villaggio eneolitico sulla via delle Salinelle, che abbiamo visto con i nostri occhi nel Luglio 2008. Lo attesta la foto di gruppo con Mariano Caputo di Canosaweb, che continua volontariamente ad informare oggi con Bartolo Carbone, con Franco D'Ambra della Fondazione Archeologica Canosina Onlus, con lo stimato Don Felice Bacco, che volle giungere sul sito scoperto nell'indifferenza di molti.
Riportiamo uno stralcio del testo dell'epoca pubblicato sul Campanile, perché rinnovi la memoria e dia compimento alla Preistoria sulle vie dell'Ofanto. La nota riportava: LE OSSA DI SELCE DEL FIUME OFANTO. A cura di Stilus magistri
Viaggio nella Preistoria
Buon viaggio è un saluto ed un augurio d'estate, ma il viaggio nella storia della gente del nostro territorio, avvenuto nel luglio del 2008, ci riporta alla Preistoria, all'uomo che lavorava la selce nel tardo neolitico, più precisamente nel Eneolitico (età del bronzo, dal latino agg. aeneus), quando il rame (aes) affianca la pietra (lithos). Sono state rinvenute nei campi di Canosa deposizioni funerarie inviolate di 5.000 anni fa!
La linea del tempo
Le tombe risalgono all'Eneolitico, intorno al 3.000 avanti Cristo, 500 anni prima che sorgesse la grande piramide egizia di Giza. Forse più di cinquemila anni fa gruppi nomadi, provenienti probabilmente dall'Anatolia (in Asia Minore), arrivarono lungo le coste pugliesi e da lì si spostarono in Basilicata e in Campania. Erano pastori , ma possedevano una tecnologia superiore rispetto agli indigeni: avevano già maturato le prime conoscenze in materia di metallurgia. La loro cultura non rivoluzionò le comunità neolitiche, ma le influenzò non solo per l'aspetto tecnologico, ma anche per quello artistico e spirituale. Per i loro insediamenti scelsero zone vicino ai fiumi dove è più facile attingere l'acqua ed abbeverare le greggi. Prolificano le armi di offesa e forse inizia ad emergere una casta guerriera.In Campania diedero origine alla cosiddetta Civiltà del Gaudo ( da un sito vicino a Pontecagnano), cui ha fatto riferimento l'archeologa Sivilli.
L'aspettativa della vita media nell'Eneolitico era di 30-35 anni, per cui siamo di fronte e scheletri di giovani e adulti.
L'habitat e l'insediamento
Il luogo della deposizione accostato al presunto insediamento antropico è sulla riva destra del fiume Ofanto, a circa 400 metri dall'attuale corso, che variava anche in quel tempo per il regime torrentizio. Il fiume apulo, la vegetazione di terreni fertili ai piedi di colline funzionali costituivano l'habitat per un insediamento antropico di presunte capanne a palafitte.Ci troviamo nella contrada detta "la chiane du sanghe" sul tratto interno delle Salinelle.
Le tombe e la ritualità
In una delle due tombe si presenta una scena di 5.000 anni scorsi, che apre un orizzonte infinito alla storia della nostra civiltà e ci accosta al battito cosmico dell'umanità. Un teschio di giovane donna deposta di fianco, rannicchiata, alta m. 1,65. Accanto, quasi in un abbraccio un teschio di bambino, rannicchiato frontalmente alla donna. In basso il teschio con scheletro di un uomo. La presenza di don Felice Bacco, Parroco della Cattedrale San Sabino, sottolinea l'accoglienza umana e spirituale delle spoglie dei nostri primitivi antenati. Dalle sue parole emerge la tenerezza della ritualità nella deposizione e l'ipotesi di una madre con figlio e della famiglia. Dall'osservazione dei crani emerge una dentatura quasi completa, con rilevanti denti consumati all'apice per il tipo di nutrizione dell'uomo della preistoria che doveva ben masticare, lasciando a noi i noti denti del giudizio. La ritualità della deposizione delle ossa è significativa di una sacralità e religiosità dell'Homo Sapiens. Appartiene a quell'età la trasformazione dell'uso di seppellire i morti. Spiritualmente l'uomo eneolitico è più evoluto, più rituale. Usa, per i suoi morti, tombe collettive non più individuali. Depone i cadaveri in posizione fetale in buche scavate nel terreno, con il corredo di armi ed utensili che gli erano appartenuti in vita. Forse l'uomo inizia a guardare il cielo con inquietudine e speranza, ad elaborare una religione. Nella tomba è stato rinvenuto anche un pugnale di selce, reperto di grande valore del nostro territorio.
La toponomastica archelogica
E' stato posto all'archeologa dello scavo il criterio del nome dello scavo, per evitare quelle distorsioni culturali ancora in atto di ipogei e siti denominati con i riferimenti catastali dei proprietari dei siti e non con la chiave di lettura culturale del rinvenimento. L'archeologa ha condiviso il problema in attesa del completamento della ricerca. Noi vogliamo chiamare lo scavo come scrigno di… GLI ABORIGENI DELL'OFANTO, progenitori della nostra gente, della nostra città.
Eccezionalità della scoperta
L'archeologa dello scavo e l'Ispettrice della Soprintendenza affermano che si tratta di una scoperta straordinaria, in quanto è venuto alla luce un sito della Preistoria dell'Eneolitico, primo e unico in Puglia e raro nell'Italia meridionale. La notizia era sottaciuta a Canosa e grazie al servizio di CANOSAWEB abbiamo avuto accesso all'informazione e alla conoscenza di questo prezioso patrimonio. Non esistono "padroni" di queste ricchezze, perché siamo tutti "eredi e custodi" di questi beni culturali, a cominciare dalle ossa degli uomini che hanno prodotto la storia.
Le Istituzioni della scoperta
Si ringrazia la Soprintendenza ai Beni Archeologici della Puglia, la dott.ssa Marisa Corrente, l'Archeologa dello scavo dott.sa Sandra Sivilli, coadiuvata dall'antropologa; si ringrazia in particolare l'Ispettrice addetta alla Preistoria, Dott.ssa Francesca Radina. Hanno consentito l'accesso alla cultura, impegnandosi in ulteriori contatti con la Cattedrale San Sabino per la promozione delle radici della nostra civiltà. Auspichiamo che gli scavi proseguano in maniera organica per decifrare questa presenza di civiltà della nostra Preistoria.
Rinvenimento dei reperti
Nel 1928 uno scavo acquedottistico nei pressi dell'Arco Traiano portò alla luce occasionalmente la tomba della Principessa Opaka Sabaleidas e gli ori di Canosa. Oggi dopo settanta anni uno scavo acquedottistico porta alla luce occasionalmente uno scrigno eccezionale della Preistoria.
La donna venuta dalla sabbia
Se la mummia di Otzi, l'uomo venuto dal ghiaccio, risale all'inizio dell'eneolitico, all'età del rame in territorio alpino intorno al 3.000 avanti Cristo, possiamo interrogarci per conoscere la donna ed il bambino venuti dalla sabbia, dalla sabbia dell'Ofanto. Diamo un nome a questa donna venuta dalla sabbia!
Il Museo della Preistoria
Da domani c'è una pagina in più da studiare nelle Scuole di Canosa: la pagina della nostra Preistoria. Da domani c'è una sala in più da riservare nel nostro grande Museo Archeologico di Canosa, che sarà l'agenzia di cultura del nostro territorio. Per 5.000 anni le sabbie della rive destra del fiume Ofanto sono state lo scrigno sacro dei nostri aborigeni; ora tocca alle nostre mani, alla nostra coscienza custodirle in vetrina per conoscere il passato proiettati nel futuro, per aprire gli orizzonti alla nostra identità non solo ontogenetica, ma anche filogenetica, scoprendo l'umano e l'eterno che è in noi.
Auspichiamo oggi di stampare ed esporre nel Museo Archeologico Nazionale di Palazzo Sinesi la tomba delle ossa in posizione fetale, di quella donna venuta dalla sabbia dopo 5.500 anni e che aspetta di avere un nome.
Maestro Peppino Di Nunno
Già precedentemente l'8 gennaio 2013 sul portale di Canosaweb è stato pubblicato un articolo dal titolo "Parla un ciottolo del fiume Ofanto a Canosa" con riferimento alla scoperta del 2008 riportata a pag. 125 sul mio Libro di Dialettologia "Sulle vie dei ciottoli" del 2015, allegando la storica fotografia delle ossa della tomba unica nel suo genere e pietra miliare della Preistoria ofantina. Nel libro riportiamo la fraseologia canosina popolare dialettale: "abbàsce a l'Óffete". Ma sulle vie dell'acqua, nella Preistoria, nel 2008 è venuto alla luce un villaggio del periodo Eneolitico del 3.500
a.C. sulle rive dell'Ofanto, in contrada "La Palata", con tombe e utensili, acquisiti con fatica dalla mia persona e da Mariano Caputo del portale di Canosaweb, nell'incuria degli altri. Le tombe, custodite nella sabbia, cui abbiamo pregato con don Felice Bacco, riportavano persone in posizione fetale, nel ritorno al grembo materno.Sono le radici della nostra Preistoria!
Il Neolitico negli studi Morea
Nella storiografia e nella cultura del territorio ci incombe di riportare gli studi e l'opera "La Polis canusina" del Prof. Giuseppe Morea, cultore eccellente di Archeologia a Canosa. Sono stato suo discepolo come studente del Liceo Scientifico e riproponiamo le pagine 11 e 16 della PREISTORIA, perché non cadano nell'oblio. L'opera di cui posseggo una copia è comunque fruibile in internet e fu pubblicata dal CRSEC di Canosa nel 1989; figura oggi nella stessa Biblioteca comunale. L'opera parla del Neolitico in Puglia e del " primo ciottolo scheggiato da mano umana" ( pag 11)
Così scrive il Morea.
A Canosa, in località Salinelle, vennero alla luce alcuni anni fa, due postazioni preistoriche e poi villaggi tutti più o meno neolitici o dell'età del bronzo (tarda). Furono trovati frammenti di ceramica varia, impressa, a graffito o dipinta. In alcune località anche delle urne a vasetti, tutte in terracotta e intorno tanti cocci, conservati nel Museo canosino. Tra i tanti villaggi neolitici ricordo quelli della collina di S. Leucio, della contrada detta "La Marchesa", quella di S. Paolo e di Matarrese, della collina Sinesi, di Monte Gentile, di Belvedere e di Spartivento. Oggi nessuna è visitabile. L'eneolitico si manifestò in Puglia verso la fine del terzo millennio e l'inizio del secondo a.C. con la lavorazione dei metalli, introducendo così l'età del bronzo. Aveva sapientemente ragione il Prof. Morea, in questa tesi attestata dalla scoperta del Villaggio eneolitico sulla via delle Salinelle, che abbiamo visto con i nostri occhi nel Luglio 2008. Lo attesta la foto di gruppo con Mariano Caputo di Canosaweb, che continua volontariamente ad informare oggi con Bartolo Carbone, con Franco D'Ambra della Fondazione Archeologica Canosina Onlus, con lo stimato Don Felice Bacco, che volle giungere sul sito scoperto nell'indifferenza di molti.
Riportiamo uno stralcio del testo dell'epoca pubblicato sul Campanile, perché rinnovi la memoria e dia compimento alla Preistoria sulle vie dell'Ofanto. La nota riportava: LE OSSA DI SELCE DEL FIUME OFANTO. A cura di Stilus magistri
Viaggio nella Preistoria
Buon viaggio è un saluto ed un augurio d'estate, ma il viaggio nella storia della gente del nostro territorio, avvenuto nel luglio del 2008, ci riporta alla Preistoria, all'uomo che lavorava la selce nel tardo neolitico, più precisamente nel Eneolitico (età del bronzo, dal latino agg. aeneus), quando il rame (aes) affianca la pietra (lithos). Sono state rinvenute nei campi di Canosa deposizioni funerarie inviolate di 5.000 anni fa!
La linea del tempo
Le tombe risalgono all'Eneolitico, intorno al 3.000 avanti Cristo, 500 anni prima che sorgesse la grande piramide egizia di Giza. Forse più di cinquemila anni fa gruppi nomadi, provenienti probabilmente dall'Anatolia (in Asia Minore), arrivarono lungo le coste pugliesi e da lì si spostarono in Basilicata e in Campania. Erano pastori , ma possedevano una tecnologia superiore rispetto agli indigeni: avevano già maturato le prime conoscenze in materia di metallurgia. La loro cultura non rivoluzionò le comunità neolitiche, ma le influenzò non solo per l'aspetto tecnologico, ma anche per quello artistico e spirituale. Per i loro insediamenti scelsero zone vicino ai fiumi dove è più facile attingere l'acqua ed abbeverare le greggi. Prolificano le armi di offesa e forse inizia ad emergere una casta guerriera.In Campania diedero origine alla cosiddetta Civiltà del Gaudo ( da un sito vicino a Pontecagnano), cui ha fatto riferimento l'archeologa Sivilli.
L'aspettativa della vita media nell'Eneolitico era di 30-35 anni, per cui siamo di fronte e scheletri di giovani e adulti.
L'habitat e l'insediamento
Il luogo della deposizione accostato al presunto insediamento antropico è sulla riva destra del fiume Ofanto, a circa 400 metri dall'attuale corso, che variava anche in quel tempo per il regime torrentizio. Il fiume apulo, la vegetazione di terreni fertili ai piedi di colline funzionali costituivano l'habitat per un insediamento antropico di presunte capanne a palafitte.Ci troviamo nella contrada detta "la chiane du sanghe" sul tratto interno delle Salinelle.
Le tombe e la ritualità
In una delle due tombe si presenta una scena di 5.000 anni scorsi, che apre un orizzonte infinito alla storia della nostra civiltà e ci accosta al battito cosmico dell'umanità. Un teschio di giovane donna deposta di fianco, rannicchiata, alta m. 1,65. Accanto, quasi in un abbraccio un teschio di bambino, rannicchiato frontalmente alla donna. In basso il teschio con scheletro di un uomo. La presenza di don Felice Bacco, Parroco della Cattedrale San Sabino, sottolinea l'accoglienza umana e spirituale delle spoglie dei nostri primitivi antenati. Dalle sue parole emerge la tenerezza della ritualità nella deposizione e l'ipotesi di una madre con figlio e della famiglia. Dall'osservazione dei crani emerge una dentatura quasi completa, con rilevanti denti consumati all'apice per il tipo di nutrizione dell'uomo della preistoria che doveva ben masticare, lasciando a noi i noti denti del giudizio. La ritualità della deposizione delle ossa è significativa di una sacralità e religiosità dell'Homo Sapiens. Appartiene a quell'età la trasformazione dell'uso di seppellire i morti. Spiritualmente l'uomo eneolitico è più evoluto, più rituale. Usa, per i suoi morti, tombe collettive non più individuali. Depone i cadaveri in posizione fetale in buche scavate nel terreno, con il corredo di armi ed utensili che gli erano appartenuti in vita. Forse l'uomo inizia a guardare il cielo con inquietudine e speranza, ad elaborare una religione. Nella tomba è stato rinvenuto anche un pugnale di selce, reperto di grande valore del nostro territorio.
La toponomastica archelogica
E' stato posto all'archeologa dello scavo il criterio del nome dello scavo, per evitare quelle distorsioni culturali ancora in atto di ipogei e siti denominati con i riferimenti catastali dei proprietari dei siti e non con la chiave di lettura culturale del rinvenimento. L'archeologa ha condiviso il problema in attesa del completamento della ricerca. Noi vogliamo chiamare lo scavo come scrigno di… GLI ABORIGENI DELL'OFANTO, progenitori della nostra gente, della nostra città.
Eccezionalità della scoperta
L'archeologa dello scavo e l'Ispettrice della Soprintendenza affermano che si tratta di una scoperta straordinaria, in quanto è venuto alla luce un sito della Preistoria dell'Eneolitico, primo e unico in Puglia e raro nell'Italia meridionale. La notizia era sottaciuta a Canosa e grazie al servizio di CANOSAWEB abbiamo avuto accesso all'informazione e alla conoscenza di questo prezioso patrimonio. Non esistono "padroni" di queste ricchezze, perché siamo tutti "eredi e custodi" di questi beni culturali, a cominciare dalle ossa degli uomini che hanno prodotto la storia.
Le Istituzioni della scoperta
Si ringrazia la Soprintendenza ai Beni Archeologici della Puglia, la dott.ssa Marisa Corrente, l'Archeologa dello scavo dott.sa Sandra Sivilli, coadiuvata dall'antropologa; si ringrazia in particolare l'Ispettrice addetta alla Preistoria, Dott.ssa Francesca Radina. Hanno consentito l'accesso alla cultura, impegnandosi in ulteriori contatti con la Cattedrale San Sabino per la promozione delle radici della nostra civiltà. Auspichiamo che gli scavi proseguano in maniera organica per decifrare questa presenza di civiltà della nostra Preistoria.
Rinvenimento dei reperti
Nel 1928 uno scavo acquedottistico nei pressi dell'Arco Traiano portò alla luce occasionalmente la tomba della Principessa Opaka Sabaleidas e gli ori di Canosa. Oggi dopo settanta anni uno scavo acquedottistico porta alla luce occasionalmente uno scrigno eccezionale della Preistoria.
La donna venuta dalla sabbia
Se la mummia di Otzi, l'uomo venuto dal ghiaccio, risale all'inizio dell'eneolitico, all'età del rame in territorio alpino intorno al 3.000 avanti Cristo, possiamo interrogarci per conoscere la donna ed il bambino venuti dalla sabbia, dalla sabbia dell'Ofanto. Diamo un nome a questa donna venuta dalla sabbia!
Il Museo della Preistoria
Da domani c'è una pagina in più da studiare nelle Scuole di Canosa: la pagina della nostra Preistoria. Da domani c'è una sala in più da riservare nel nostro grande Museo Archeologico di Canosa, che sarà l'agenzia di cultura del nostro territorio. Per 5.000 anni le sabbie della rive destra del fiume Ofanto sono state lo scrigno sacro dei nostri aborigeni; ora tocca alle nostre mani, alla nostra coscienza custodirle in vetrina per conoscere il passato proiettati nel futuro, per aprire gli orizzonti alla nostra identità non solo ontogenetica, ma anche filogenetica, scoprendo l'umano e l'eterno che è in noi.
Auspichiamo oggi di stampare ed esporre nel Museo Archeologico Nazionale di Palazzo Sinesi la tomba delle ossa in posizione fetale, di quella donna venuta dalla sabbia dopo 5.500 anni e che aspetta di avere un nome.
Maestro Peppino Di Nunno