Dormire sonno
Dormire sonno
Stilus Magistri

Dialettando e conciliando il sonno

“Mu vène paulùcce”

Nella notte dell'ora legale, perdendo un'ora di sonno, rievochiamo la voce proverbiale in dialetto canosino, mentre di sera si attende il sonno, proponendo la lettura di un detto riferito ad una persona che si sta addormentando, come ricordo di mia madre verso i bambini piccoli: "mu vène paulùcce", che corrisponde in italiano a "ora sta arrivando Paoluccio". La parola monosillaba "mu" deriva dal latino classico "mox", che si traduce in "ora", "presto". Il detto è diffuso nel foggiano e nel barese e in altre regioni limitrofe con lo stesso significato, dove il termine "paulùcce" assume varianti come "pavelùcce" o "paoluccio". Il senso figurato, peculiare del linguaggio dialettale, nasce da un episodio degli Atti degli Apostoli che riguarda San Paolo mentre si trovava nella Troade e conversava con un gruppo di fedeli.

Atti degli Apostoli XX, 7-10
Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare
il pane, e Paolo, che doveva partire il giorno dopo, conversava
con loro e prolungò il discorso fino a mezzanotte.
C'era un buon numero di lampade nella stanza al piano superiore,
dove eravamo riuniti.
Ora, un ragazzo di nome Èutico, seduto alla finestra, mentre
Paolo continuava a conversare senza sosta, fu preso da
un sonno profondo; sopraffatto dal sonno, cadde giù dal
terzo piano e venne raccolto morto.
Paolo allora scese, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse:
"Non vi turbate; è vivo!".


Da questo episodio spesso ascoltato dalla gente in Chiesa deriva il senso figurato di "Paulùcce" o del "sonno di san Paolo" che avvolge profondamente il giovane Eutico, che cade nella spossatezza del sonno, con la storia che ha un lieto fine nel risveglio. Troviamo conferma del detto nel sito del Centro Studi dei dialetti Apulo-Baresi di Noci e in altri luoghi del foggiano.

Papelùsce e nenie
Conciliando l'attesa del sonno abbiamo scritto nel libro "Sulle vie dei ciottoli" un altro detto proverbiale affine nel significato, ma differente nell'origine: "mu vène papelùsce", che rimanda ai "papalùsce", cappucci bianchi dei penitenti delle Confraternite a Taranto nelle processioni della Settimana Santa, dove forse il cappuccio in testa è sinonimo di buio, di sonno. Un tempo per favorire il sonno ai bambini irrequieti si usava in maniera errata anche somministrare la "papagna", che veniva coltivata.Si diceva addormentati: "appapagnète". Ma Montessori, Donna Medico e Pedagogista indica scientificamente alcuni consigli per favorire il sonno ai piccoli. Un tempo si raccontavano le favole e si cantavano le nenie, come un rituale per rassicurare il piccolo alla nanna. Ricordo una nenia di mia suocera Angelina a mio figlio primogenito nel 1978. Ricordo alcuni versi:
ninna nanna e ninna bella,
u lupe s'ò mangète la picurella,
...............
ninna sùnne e ninna sùnne
vène stu figghje, cìtte de sùnne.


La ritroviamo con piacere, completa nel sito "Dialettando" di Serracapriola nel foggiano. In conclusione, raccontando una storiella o cantando una nenia ad un bambino si può conciliare il sonno, facendo arrivare "paulùcce", che può giungere oggi a tutti mentre parla... non Pauluccio, ma la televisione a tarda sera. E si può conciliare con il buio, evocando i "papelùsce" che favoriscono il sonno. Ma è importante stare bene in salute, essere sereni e possibilmente recitare una preghiera di sera. Buon paulùccio serale e notturno!
Maestro Peppino Di Nunno
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