Stilus Magistri
Dialettando sul bel petto di donna: “La petterròne”
Giovedì grasso a Canosa
mercoledì 27 febbraio 2019
23.09
È tempo di Carnevale, tempo di sane risate, tempo a Canosa di Puglia(BT) con la bella tradizione dei fantocci di pezza di Carnevale seduto con la moglie a farsi una bella mangiata, affacciato sui marciapiedi di strada, quasi un saluto di relazione ed un invito di condivisione alla tavola imbandita di povera gente. Mi soffermo in via Savino di Bari all'ingresso del Ristorante "La Capannina" con i fantocci seduti sulla panchina e poi camminando presso la Scuola Mazzini nella Macelleria Pietrangeli, dove i fantocci ogni mattina si affacciano dietro la vetrina, con un piatto di strascinati di grano arso e un boccale di vino nero, "de mìre négre!" Mi soffermo con gli occhi di Carnevale al prosperoso petto della moglie di Carnevale accanto e mi sovviene nella memoria a lungo termine un detto e una parola: "cè bélla petterròne!".
La petterròne! È un lemma che avevo trascurato nel libro di dialettologia, "Sulle vie dei ciottoli" canosini, ma che, mettendo in pausa spine, dolori e affanni, vogliamo evocare, ritrovare, studiare e porgere tra i sorrisi di Carnevale. Anche lui Carnevèle, Savenùcce, adòcchie, adòcchie, o piàtte de li strascenète, e furtivamente alla petterròne de la megghjère Bettìne. Cerco il termine nei siti dialettali del foggiano e altrove, ma non ritrovo la parola, che cerco e trovo in italiano nel mio Vocabolario Palazzi del 1939 in dotazione fra i banchi della Scuola Media a Canosa nel 1961. La "Pettorina", pezzo triangolare del busto o pezzuola di drappo a colori e ricami, che copre il petto (di donna). Pezzo quadrangolare che sale dal grembiule e si appunta sul petto (di donna)". Lo stesso poeta D'Annunzio nell'opera "la figlia di Iorio" del 1906 scrive: "ecco il busto dei belli ricami con la sua pettorina d'argento". Nel dialetto canosino, nella struttura linguistica ricorrente del senso figurato, la bélla petterròne si riferisce non solo alla veste ma al seno femminile. Voi direte che è impertinenza, ma questa è anche scienza, natura umana e scopriamo quindi la pettorina con rispetto della bellezza di donna, come ci hanno tramandato i nostri padri e ammiriamo e studiamo il seno di donna e le "mammelle" del petto, come rappresenta nella bellezza anche l'arte dell'antica Grecia e dei nostri Musei.
Il seno con le mammelle non sono solo un'icona dell'eros femminile, ma nel richiamo sessuale e nella bellezza femminile costituiscono un'immagine ancestrale che lega ognuno di noi alla maternità e all'allattamento. Le mammelle di donna, ridotte a volte dalla pornografia a merce commerciale, meritano il comune senso del pudore e sono fonte di vita e di nutrimento, di libido della suzione del lattante fino all'età dello svezzamento, quando in dialetto si diceva: "l'ò luète la ménne", "gli ha tolto la mammella". Nelle ricerche filologiche sulla linea linguistica del tempo ritroviamo nel Novum Glossarium latinitatis medievale la citazione della "mammilla", diminuitivo di "minna" o di "manna" o di "mamma" (poppa di donna): "quam pueri eam papant dum lactant", "che i piccoli pappano, mentre succhiano il latte" e la tengono in bocca, "quam pueri tenent in ore". L'allattamento al seno costituisce risorsa preziosa di nutrimento e di psicologia evolutiva dell'infanzia e nei tempi passati, memoria anche delle "mamme di latte", che si offrivano al lattante in caso di impedimenti della madre biologica. La "mamma" o "mammilla" viene citata nella Letteratura latina da Cicerone, dalle Commedie di Plauto e da Plinio nella Naturalis Historia, Libro XXIX, par. 81, dove l'autore Naturalista parla in chiave magica del "cuore (del gufo) che, posto sopra la mammella sinistra di una donna che dorme fa' in modo che riveli tutti i segreti", «cor eius inpositum mammae mulieris dormientis sinistrae tradunt efficere, ut omnia secreta pronuntiet». Ma chissà quali segreti di amore muliebre e di affetto materno abbia trasmesso il lato sinistro del cuore del seno di donna al suo amato, al suo figlio piccolo addormentato sul petto!
È giovedì grasso, ritorniamo in questo tempo di Carnevale alla "petterròne" della moglie di Carnevale, nel garbo del sorriso e nel decoro femminile che veste il seno e il petto di donna. E ci ritroviamo poi tutti in sana e salutare allegria, come la "uascìzze" di un tempo, alla "buffétte" di Carnevale, che oggi non è più povera, diventando ricca di antichi sapori, da gustare senza .... "abbuffarsi".
Buon Carnevale alla buffétte!
che Carnevèle e la giacchétte,
che la megghjère e la petterròne
de stu bélle Carnevèle canusòne!
Maestro Peppino Di Nunno,
con la sua maschera scolare di "Peppino Bellafemmina!"
La petterròne! È un lemma che avevo trascurato nel libro di dialettologia, "Sulle vie dei ciottoli" canosini, ma che, mettendo in pausa spine, dolori e affanni, vogliamo evocare, ritrovare, studiare e porgere tra i sorrisi di Carnevale. Anche lui Carnevèle, Savenùcce, adòcchie, adòcchie, o piàtte de li strascenète, e furtivamente alla petterròne de la megghjère Bettìne. Cerco il termine nei siti dialettali del foggiano e altrove, ma non ritrovo la parola, che cerco e trovo in italiano nel mio Vocabolario Palazzi del 1939 in dotazione fra i banchi della Scuola Media a Canosa nel 1961. La "Pettorina", pezzo triangolare del busto o pezzuola di drappo a colori e ricami, che copre il petto (di donna). Pezzo quadrangolare che sale dal grembiule e si appunta sul petto (di donna)". Lo stesso poeta D'Annunzio nell'opera "la figlia di Iorio" del 1906 scrive: "ecco il busto dei belli ricami con la sua pettorina d'argento". Nel dialetto canosino, nella struttura linguistica ricorrente del senso figurato, la bélla petterròne si riferisce non solo alla veste ma al seno femminile. Voi direte che è impertinenza, ma questa è anche scienza, natura umana e scopriamo quindi la pettorina con rispetto della bellezza di donna, come ci hanno tramandato i nostri padri e ammiriamo e studiamo il seno di donna e le "mammelle" del petto, come rappresenta nella bellezza anche l'arte dell'antica Grecia e dei nostri Musei.
Il seno con le mammelle non sono solo un'icona dell'eros femminile, ma nel richiamo sessuale e nella bellezza femminile costituiscono un'immagine ancestrale che lega ognuno di noi alla maternità e all'allattamento. Le mammelle di donna, ridotte a volte dalla pornografia a merce commerciale, meritano il comune senso del pudore e sono fonte di vita e di nutrimento, di libido della suzione del lattante fino all'età dello svezzamento, quando in dialetto si diceva: "l'ò luète la ménne", "gli ha tolto la mammella". Nelle ricerche filologiche sulla linea linguistica del tempo ritroviamo nel Novum Glossarium latinitatis medievale la citazione della "mammilla", diminuitivo di "minna" o di "manna" o di "mamma" (poppa di donna): "quam pueri eam papant dum lactant", "che i piccoli pappano, mentre succhiano il latte" e la tengono in bocca, "quam pueri tenent in ore". L'allattamento al seno costituisce risorsa preziosa di nutrimento e di psicologia evolutiva dell'infanzia e nei tempi passati, memoria anche delle "mamme di latte", che si offrivano al lattante in caso di impedimenti della madre biologica. La "mamma" o "mammilla" viene citata nella Letteratura latina da Cicerone, dalle Commedie di Plauto e da Plinio nella Naturalis Historia, Libro XXIX, par. 81, dove l'autore Naturalista parla in chiave magica del "cuore (del gufo) che, posto sopra la mammella sinistra di una donna che dorme fa' in modo che riveli tutti i segreti", «cor eius inpositum mammae mulieris dormientis sinistrae tradunt efficere, ut omnia secreta pronuntiet». Ma chissà quali segreti di amore muliebre e di affetto materno abbia trasmesso il lato sinistro del cuore del seno di donna al suo amato, al suo figlio piccolo addormentato sul petto!
È giovedì grasso, ritorniamo in questo tempo di Carnevale alla "petterròne" della moglie di Carnevale, nel garbo del sorriso e nel decoro femminile che veste il seno e il petto di donna. E ci ritroviamo poi tutti in sana e salutare allegria, come la "uascìzze" di un tempo, alla "buffétte" di Carnevale, che oggi non è più povera, diventando ricca di antichi sapori, da gustare senza .... "abbuffarsi".
Buon Carnevale alla buffétte!
che Carnevèle e la giacchétte,
che la megghjère e la petterròne
de stu bélle Carnevèle canusòne!
Maestro Peppino Di Nunno,
con la sua maschera scolare di "Peppino Bellafemmina!"