Stilus Magistri
È festa nella Scuola di Via S. Lucia
Si accende un falò tra gli scolari
sabato 12 dicembre 2015
15.59
"C'era una volta la Scuola Santa Lucia" , così inizia la lezione offerta volontariamente, su invito delle maestre Nunzia Damiani, Rosaria Mennoia, Maria Antonietta Di Maria e Francesca Paradiso della Classe 1^ C della Scuola Primaria "Enzo De Muro Lomanto" di Canosa di Puglia(BT) . Non si può venir meno alla chiamata dei bambini di Scuola, accolti nella stessa aula dove ho inizato il servizio di insegnante nel 1973. Sono 17 bambini che per due ore di fila sono stati attenti, partecipando alla lezione di Santa Lucia: "bravi bambini!".
"C'era una volta la Scuola Santa Lucia", e troviamo la traccia delle radici nella lapide in pietra, VIA S. LUCIA, dove sorge la Scuola, riscrivendola e disegnandola sulla lavagna, dove scriviamo con i bambini in stampatello maiuscolo: CANOSA DI PUGLIA - 13 DICEMBRE - FESTA DI SANTA LUCIA.
"Cera una volta anche il falò", nel giorno prima della festa, la VIGILIA, in cui si "vegliava", si restava "vigili" di notte già dal tempo dei Romani nelle festività pagane. E i nonni chiamavano il falò in dialetto "fanòve", parola antica dei Greci a Canosa e in Puglia: "fanòs", fiaccola, fuoco sacro. Così con i bambini recitiamo come in un teatro popolare, nelle radici culturali, la filastrocca del falò della vigilia: "la fanòve a sanda Luciόje" a cui i bambini con Federica rispondono "ueh, ueh, ueh!"; riportiamo poi il secondo verso in rima, "a Natèle, trìdece dόje, ueh, ueh, ueh". Sfogliando in Italiano recitiamo: "Il falò a Santa Lucia, a Natale tredici dì". Infatti il vocabolo dialettale "dόje", deriva dalle radici linguistiche del Latino, "dies", come avviene in numerosi vocaboli dialettali di una Canusium, dalle radici elleniche e romane. E oggi anche in Spagnolo si dice "ed dia" , "il giorno". Ma, cari bambini, si diceva e si mangiava pure il "buon dì", come per dire alla mamma "buon giorno!" Domani potete usare anche questo saluto.
Facciamo la verifica di questa filastrocca e con le manine dei bambini e delle maestre contiamo quanti giorni mancano dopo la Vigilia del 12 Dicembre al giorno di Natale del 25 Dicembre; mancano proprio 13 giorni. Nei giorni successivi al tredici i nonni facevano le previsioni dell'anno nuovo che arrivava dopo Dicembre; si voleva prevedere: "che tempo farà?" e ogni giorno indicava il tempo meteorologico di ogni mese, come veniva annotato sul Calendario. Il MIUR. Ministero della Publica Istruzione, nella Sezione Studenti, ha accolto con interesse e condivisione questa filastrocca e questa tradizione, che accosta l'uomo nel ciclo vitale della natura e fa gli auspici del futuro anno, quasi un oracolo dell'Antica Roma, una lettura della natura. Lasciamo il tema cantando e parafrasando : "Venite alla bella Scuoletta mia / Santa Lucia, Santa Lucia". I bambini sorridono e si divertono poi con la filsatrocca in dialetto della Vigilia di Natale: "la fanòve o Bammenìdde", cui Daniele spontaneamente aggiune in rima, "ca jà puverìdde". Bravo Daniele, ma era vero il Bambino di Betlemme, poverello, senza culla e posato in un "presepio", cioè in una "mangiatoia" di stalla; infatti in Latino mangiatoia si dice "praesepium", come leggiamo nella Vulgata di San Luca. Mi svegliavo qualche volta di notte con mio padre, vedevo il cavallo mangiare nella mangiatoia, prima di andare nei campi: quanto tempo è passato! Voi bambini avete sei anni, io ne ho due, 66. La colleghe sorridono, ma il cuore dei maestri resta pascolianamente fanciullino, sapiente, ma fanciullino. Lo chiede a tutti anche il Maestro Gesù, di diventare come i bambini per essere promossi al Regno dei cieli. Allora recitiamo la filastrocca della Vigilia di Natale, aggiornata da Daniele: "La fanòve o Bammenìdde, / cùre ca jà puverìdde, / cùre ca tène li riccetìdde! Ueh, ueh, ueh!" Infatti c'è una bambina, Giuliana che porta con riservata timidezza i suoi bei riccioli.
Alla lezione partecipa anche la Dirigente Scolsatica, Dottoressa Nadia Landolfi, con cui riscopriamo il termine dialettale "menìnne", "mio bambino", dallo spagnolo e dal napoletano "niño", bambino, come scrisse un bambino-prodigio, grande poeta e musicista, famoso avvocato del foro Napoletano, Sacerdote e Vescovo e comprotettore di Canosa: Sant'Alfonso Maria de' Liguori". Così cantiamo all'arrivo da Trieste della Luce di Betlemme che compie venti anni nel treno della Luce a Barletta: "quanno nascètte o Ninno a Bettalemme, era notte e parea miezo juorno". Accostandomi ai bambini con una carezza li presento: "cè bèlle menìnne! cè bélla menénne". È la bellezza dei bambini che di pomeriggio alle ore 15,30 si ritrovano con le mamme, con i papà nel giardino della Scuola per fare festa con il falò a Santa Lucia alla Scuola Santa Lucia. È una ricchezza educativa ripercorrere la pagina del mattino, consegnata in una scheda alla memoria dei bambini, ritrovandosi in una comunità educativa con i docenti della Scuola, con i bambini, con i genitori, con le mamme che hanno preparato dal forno anche le frittelle. Il fuoco del falò predisposto dagli operatori e dal custode Tonino Metta, si spegne, si fa brace, che un tempo veniva portata nelle case nel braciere, dividendolo il fuoco quasi come il pane. Una bambina, Maria, al mattino aveva confidato alla maestra Nunzia: "maestra, sono emozionata per la festa" mentre nel pomeriggio, quasi dispiaciuta mi richiama l'attenzione: "maestro, il fuoco si spegne!". Non preoccuparti, si fa sera, resta acceso il fuoco che riscalda il vostro cuore, il fuoco di essere amici, il fuoco dell'amore, il fuoco della gioia, la bellezza dei bambini, cui segue un applauso dei genitori e di una nonna preesente.Ma in un carrozzino è presente anche una piccola di undici mesi, Sofia, con la sua innocenza e bellezza, come nella Grotta di Betlemme. Si spegne il fuoco del falò, fa freddo, perciò i nonni dicevano in dialetto che "ce vòle fùche e strafùche"; lo ripetono i bambini dopo la lezione del mattino; ci vuole calore (fuoco) e cibo abbondante di calorie (strafùche). E allora buone frittele a tutti e buona Festa di Santa Lucia!
A Canosa, nel borgo antico del Castello, si prepara la festa nella Chiesa di Santa Lucia e la gente si sveglia di notte alle ore 5,00 per recarsi, salendo le scale in pietra in Chiesa alla prima messa delle 5,30, aspettando la luce del giorno, come avviene a Siracusa, dove Santa Lucia è Patrona e a Belpasso in Provincia di Catania. Dalla Scuola Santa Lucia, da tutte le Scuole di Canosa alla Chiesa antica di Santa Lucia nel rione Castello, nelle radici culturali e popolari, che vanno custodite, che non si possono cancellare o vietare, perché sono memoria, identità aperta alle diversità culturali. Non solo storia e memoria, tradizione e cultura, ma anche pedagogia di valori sociali e spirituali: ne abbiamo bisogno, piccoli e grandi, perché si cresce sempre insieme. Bussando con fatica fisica questa mattina a Scuola, avevo detto: "permesso?", ora lasciandoci vi dico "grazie".
Se Dio vuole, ci vediamo l'anno prossimo e… Buon Natale! Bammenìdde, puverìdde e…riccetìdde!
Ciao Bambini!
maestro Peppino Di Nunno
"C'era una volta la Scuola Santa Lucia", e troviamo la traccia delle radici nella lapide in pietra, VIA S. LUCIA, dove sorge la Scuola, riscrivendola e disegnandola sulla lavagna, dove scriviamo con i bambini in stampatello maiuscolo: CANOSA DI PUGLIA - 13 DICEMBRE - FESTA DI SANTA LUCIA.
"Cera una volta anche il falò", nel giorno prima della festa, la VIGILIA, in cui si "vegliava", si restava "vigili" di notte già dal tempo dei Romani nelle festività pagane. E i nonni chiamavano il falò in dialetto "fanòve", parola antica dei Greci a Canosa e in Puglia: "fanòs", fiaccola, fuoco sacro. Così con i bambini recitiamo come in un teatro popolare, nelle radici culturali, la filastrocca del falò della vigilia: "la fanòve a sanda Luciόje" a cui i bambini con Federica rispondono "ueh, ueh, ueh!"; riportiamo poi il secondo verso in rima, "a Natèle, trìdece dόje, ueh, ueh, ueh". Sfogliando in Italiano recitiamo: "Il falò a Santa Lucia, a Natale tredici dì". Infatti il vocabolo dialettale "dόje", deriva dalle radici linguistiche del Latino, "dies", come avviene in numerosi vocaboli dialettali di una Canusium, dalle radici elleniche e romane. E oggi anche in Spagnolo si dice "ed dia" , "il giorno". Ma, cari bambini, si diceva e si mangiava pure il "buon dì", come per dire alla mamma "buon giorno!" Domani potete usare anche questo saluto.
Facciamo la verifica di questa filastrocca e con le manine dei bambini e delle maestre contiamo quanti giorni mancano dopo la Vigilia del 12 Dicembre al giorno di Natale del 25 Dicembre; mancano proprio 13 giorni. Nei giorni successivi al tredici i nonni facevano le previsioni dell'anno nuovo che arrivava dopo Dicembre; si voleva prevedere: "che tempo farà?" e ogni giorno indicava il tempo meteorologico di ogni mese, come veniva annotato sul Calendario. Il MIUR. Ministero della Publica Istruzione, nella Sezione Studenti, ha accolto con interesse e condivisione questa filastrocca e questa tradizione, che accosta l'uomo nel ciclo vitale della natura e fa gli auspici del futuro anno, quasi un oracolo dell'Antica Roma, una lettura della natura. Lasciamo il tema cantando e parafrasando : "Venite alla bella Scuoletta mia / Santa Lucia, Santa Lucia". I bambini sorridono e si divertono poi con la filsatrocca in dialetto della Vigilia di Natale: "la fanòve o Bammenìdde", cui Daniele spontaneamente aggiune in rima, "ca jà puverìdde". Bravo Daniele, ma era vero il Bambino di Betlemme, poverello, senza culla e posato in un "presepio", cioè in una "mangiatoia" di stalla; infatti in Latino mangiatoia si dice "praesepium", come leggiamo nella Vulgata di San Luca. Mi svegliavo qualche volta di notte con mio padre, vedevo il cavallo mangiare nella mangiatoia, prima di andare nei campi: quanto tempo è passato! Voi bambini avete sei anni, io ne ho due, 66. La colleghe sorridono, ma il cuore dei maestri resta pascolianamente fanciullino, sapiente, ma fanciullino. Lo chiede a tutti anche il Maestro Gesù, di diventare come i bambini per essere promossi al Regno dei cieli. Allora recitiamo la filastrocca della Vigilia di Natale, aggiornata da Daniele: "La fanòve o Bammenìdde, / cùre ca jà puverìdde, / cùre ca tène li riccetìdde! Ueh, ueh, ueh!" Infatti c'è una bambina, Giuliana che porta con riservata timidezza i suoi bei riccioli.
Alla lezione partecipa anche la Dirigente Scolsatica, Dottoressa Nadia Landolfi, con cui riscopriamo il termine dialettale "menìnne", "mio bambino", dallo spagnolo e dal napoletano "niño", bambino, come scrisse un bambino-prodigio, grande poeta e musicista, famoso avvocato del foro Napoletano, Sacerdote e Vescovo e comprotettore di Canosa: Sant'Alfonso Maria de' Liguori". Così cantiamo all'arrivo da Trieste della Luce di Betlemme che compie venti anni nel treno della Luce a Barletta: "quanno nascètte o Ninno a Bettalemme, era notte e parea miezo juorno". Accostandomi ai bambini con una carezza li presento: "cè bèlle menìnne! cè bélla menénne". È la bellezza dei bambini che di pomeriggio alle ore 15,30 si ritrovano con le mamme, con i papà nel giardino della Scuola per fare festa con il falò a Santa Lucia alla Scuola Santa Lucia. È una ricchezza educativa ripercorrere la pagina del mattino, consegnata in una scheda alla memoria dei bambini, ritrovandosi in una comunità educativa con i docenti della Scuola, con i bambini, con i genitori, con le mamme che hanno preparato dal forno anche le frittelle. Il fuoco del falò predisposto dagli operatori e dal custode Tonino Metta, si spegne, si fa brace, che un tempo veniva portata nelle case nel braciere, dividendolo il fuoco quasi come il pane. Una bambina, Maria, al mattino aveva confidato alla maestra Nunzia: "maestra, sono emozionata per la festa" mentre nel pomeriggio, quasi dispiaciuta mi richiama l'attenzione: "maestro, il fuoco si spegne!". Non preoccuparti, si fa sera, resta acceso il fuoco che riscalda il vostro cuore, il fuoco di essere amici, il fuoco dell'amore, il fuoco della gioia, la bellezza dei bambini, cui segue un applauso dei genitori e di una nonna preesente.Ma in un carrozzino è presente anche una piccola di undici mesi, Sofia, con la sua innocenza e bellezza, come nella Grotta di Betlemme. Si spegne il fuoco del falò, fa freddo, perciò i nonni dicevano in dialetto che "ce vòle fùche e strafùche"; lo ripetono i bambini dopo la lezione del mattino; ci vuole calore (fuoco) e cibo abbondante di calorie (strafùche). E allora buone frittele a tutti e buona Festa di Santa Lucia!
A Canosa, nel borgo antico del Castello, si prepara la festa nella Chiesa di Santa Lucia e la gente si sveglia di notte alle ore 5,00 per recarsi, salendo le scale in pietra in Chiesa alla prima messa delle 5,30, aspettando la luce del giorno, come avviene a Siracusa, dove Santa Lucia è Patrona e a Belpasso in Provincia di Catania. Dalla Scuola Santa Lucia, da tutte le Scuole di Canosa alla Chiesa antica di Santa Lucia nel rione Castello, nelle radici culturali e popolari, che vanno custodite, che non si possono cancellare o vietare, perché sono memoria, identità aperta alle diversità culturali. Non solo storia e memoria, tradizione e cultura, ma anche pedagogia di valori sociali e spirituali: ne abbiamo bisogno, piccoli e grandi, perché si cresce sempre insieme. Bussando con fatica fisica questa mattina a Scuola, avevo detto: "permesso?", ora lasciandoci vi dico "grazie".
Se Dio vuole, ci vediamo l'anno prossimo e… Buon Natale! Bammenìdde, puverìdde e…riccetìdde!
Ciao Bambini!
maestro Peppino Di Nunno